Cass. civ. Sez. V, Sent., 21-04-2011, n. 9174 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

motivo, l’accoglimento del 3^ motivo dell’incidentale.
Svolgimento del processo

Il 4 gennaio 2005 C.R. impugnava gli avvisi di mora per IVA 1986 e 1987, oltre interessi e sanzioni, emessi nei suoi confronti, quale socio accomandatario della s.a.s. CREPIO, dalla soc. ESATRI per l’UFFICIO-IVA di Milano.

Il contribuente denunciava: a) la nullità degli avvisi di mora per omessa preventiva notifica degli avvisi di accertamento; b) l’illegittimità della pretesa tributaria per aver ceduto a terzi, in epoca remota, le quote della soc. CREPIO (poi divenuta soc. CHEMICON); c) la decadenza dai termini per la riscossione. L’AGENZIA delle ENTRATE, nel costituirsi, resisteva al ricorso del quale chiedeva il rigetto anche con ulteriore memoria; la concessionaria ESATRI, a sua volta, si costituiva contestando la sua legittimazione processuale passiva.

Il C. forniva documentazione dalla quale emergeva che le operazioni contestate dalla G.d.F. erano tutte posteriori alla cessione delle quote della soc. CREPIO e riguardavano la nuova compagine societaria CHEMICON. Indi, l’AGENZIA riconosceva l’estraneità del C. e l’illegittimità degli avvisi di mora messi in suo danno, sollecitava il loro annullamento da parte della ESATRI e chiedeva la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

La Commissione tributaria provinciale di Milano, accoglieva il ricorso, annullava gli avvisi di mora e condannava l’AGENZIA e la soc. ESATRI al pagamento solidale delle spese. I primi giudici rilevavano che: a) sin dall’inizio l’AGENZIA avrebbe potuto riscontrare l’estraneità del C. e comportarsi di conseguenza, non essendovi dubbi sugli errori commessi che avevano determinato le iscrizioni a ruolo; b) tutte le altre questioni erano assorbite; c) non poteva essere dichiarata l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere sulla scorta della sola asserita richiesta dell’AGENZIA alla concessionaria di annullamento degli avvisi di mora impugnati; d) pertanto, ricorrevano giusti motivi per condannare l’AGENZIA al pagamento delle spese di giudizio.

Appellava, per la riforma della decisione sulle spese e per la compensazione di esse, la soc. ESATRI contestando la condanna solidale a fronte dell’accertata responsabilità esclusiva dell’AGENZIA nell’accaduto. Impugnava la sentenza anche quest’ultima, lamentandosi della condanna alle spese e del rigetto dell’istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere.

La commissione regionale, disattesi gli appelli, condannava gli appellanti al rimborso solidale delle ulteriori spese. I giudici di secondo grado rilevavano che: a) la ESATRI non aveva interesse a impugnare, atteso che avrebbe potuto ottenere dall’AGENZIA il rimborso di quanto eventualmente pagato; b) il gravame dell’AGENZIA era carente di motivi specifici.

Ricorre per la cassazione di tale decisione la soc. ESATRI adducendo due motivi, ai quali il MINISTERO dell’ECONOMIA e FINANZE e l’AGENZIA delle ENTRATE resistono con controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi. Il C., pur ritualmente evocato, non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione

A. Il ricorso della soc. ESATRI va disatteso. Con il primo motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia e difetto di motivazione. La concessionaria contesta l’affermata carenza d’interesse a impugnare la sentenza di prime cure, atteso che in tale decisione v’era contrasto tra la condanna solidale alle spese pronunziata del dispositivo e la condanna ad esse esaminata in motivazione riguardo alla sola AGENZIA. Aggiunge la soc. ricorrente che il gravame, ai fini dell’invocata compensazione delle spese, attingeva i profili dell’illegittimità della pretesa del fisco e della regolarità dell’attività di riscossione della concessionaria, con l’ulteriore corollario della illegittimazione passiva riguardo alla prima. Pertanto, formula il seguente quesito: "Dica la Suprema Corte se la congruità della motivazione della sentenza del giudice d’appello debba essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni che sono state sottoposte al medesimo, e debba essere motivata in ordine alle singole censure mosse".

B. Il motivo è inammissibile. La funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena d’inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte, dalla lettura del solo quesito stesso, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. n. 8463 del 07/04/2009). Esso, nel caso in esame, prescinde del tutto dalla fattispecie concreta rilevante nella controversia, si da non porre il giudice di legittimità in condizione di comprendere, in base alla sola sua lettura, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e di rispondere al quesito medesimo enunciando una "regula iuris" (Sez. U, n. 7433 del 27/03/2009).

C. Con il suo secondo motivo, la soc. ESATRI denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3. La ricorrente lamenta che la confermata condanna solidale alle spese era errata sia perchè v’era divergenza d’interessi con l’AGENZIA, sia perchè l’attività della concessionaria era vincolata dall’iscrizione a ruolo; sicchè non era stato l’operato della soc. ESATRI a rendere necessaria l’introduzione del giudizio da parte del C..

Formula, pertanto, il seguente quesito: "Dica la Suprema Corte se l’attribuzione della qualità di soccombente ai fini dell’applicabilità del principio di cui all’art. 91 c.p.c. presupponga la necessità di verificare l’astratta fondatezza delle ragioni dell’impugnazione e, con riferimento all’art. 97 c.p.c, la sussistenza della solidarietà passiva".

D. Il motivo è inammissibile. Il quesito di diritto non può mai risolversi nella generica richiesta rivolta alla Corte di stabilire se sia stata o meno violata una certa norma, nemmeno nel caso in cui il ricorrente intenda dolersi dell’omessa applicazione di tale norma da parte del giudice di merito, e deve investire la "ratio decidendi" della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (Cass. n. 4044 del 19/02/2009). Ciò nella specie manca del tutto.

E. Passando all’esame del ricorso incidentale, proposto congiuntamente dal MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE e dall’AGENZIA delle ENTRATE, va rilevata preliminarmente la completa illegittimazione processuale del MINISTERO, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. Il ricorso incidentale va, dunque, dichiarato radicalmente inammissibile riguardo alla compagine ministeriale.

F. Quanto alla posizione dell’AGENZIA delle ENTRATE, anche il suo ricorso incidentale va disatteso. Con il primo motivo, questa denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. Essa, dolendosi del fatto il giudici di secondo grado avevano erroneamente rilevato "la mancata proposizione di una espressa doglianza nei confronti del capo condannatorio dell’agenzia delle entrate", evidenzia che nel gravame aveva censurato la condanna alle spese per omessa motivazione e omessa considerazione della condotta della soc. concessionaria. Pertanto, formula il seguente quesito: "a) se l’onere di formulazione di motivi specifici d’appello, imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 possa dirsi rispettato qualora nelle argomentazioni dell’appellante siano evidenziabili le parti della sentenza sottoposti a critica e le singole censure; b) se, a fronte dell’espressa impugnazione da parte dell’ufficio del capo di sentenza che dispone la sua condanna alle spese di lite, sia conforme al dettato del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 dichiarare l’inammissibilità per difetto di specificità dei motivi".

G. Il motivo è inammissibile. Il quesito, infatti, deve comprendere l’indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo;

la mancanza, evidente nella specie, anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 24339 del 30/09/2008). Invero il quesito, contrariamente all’odierna formulazione, deve investire in pieno la "ratio decidendi" della sentenza impugnata e proporne una alternativa e di segno opposto (Cass. n. 4044 del 19/02/2009), altrimenti risolvendosi in una tautologia o in un interrogativo circolare (Sez. U, n. 28536 del 02/12/2008).

H. Peraltro il motivo è pure carente sotto il profilo dell’autosufficienza, mirando nella sua parte argomentativa ad una sorta di generale rivisitazione delle vicende processuali nel doppio grado di merito.

I. Con il suo secondo motivo, l’AGENZIA denuncia la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, quanto al rigetto nel merito dell’appello dell’ufficio. Essa, dopo aver ripercorso gli accadimenti del giudizio di prime cure, formula il seguente quesito: "se costituisca esatta interpretazione della domanda, la qualificazione come infondata e contraddittoria della richiesta di cessazione della materia del contendere avanzata dall’Ufficio appellante nei propri esclusivi confronti, una volta che sia pacifico in causa che l’Ufficio stesso ha annullato l’iscrizione a ruolo, espressamente rinunciato alla pretesa relativa e richiesto al concessionario di annullare gli avvisi di mora consequenziali, costituenti gli atti impugnati dal ricorrente".

J. Il motivo è inammissibile. Esso, oltre a incorrere nel vizio esaminato in relazione al motivo precedente, non è attinente alla censura inizialmente formulata (Sez. U, n. 20360 del 28/09/2007).

K. Con il suo terzo motivo, l’AGENZIA denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La controricorrente, rilevando l’omesso accertamento della posizione concreta di soccombenza dei convenuti sulla base delle rispettive competenze nella procedura di riscossione culminata negli avvisi impugnati, formula il seguente quesito: "se sia giustificata, alla luce della regola della soccombenza, la condanna in solido alle spese di lite dell’agenzia delle entrate e del concessionario per la riscossione, nel caso in cui il giudizio verta su avvisi di mora scaturiti da iscrizione a ruolo affetta da errore e, mentre detta iscrizione venga annullata dall’ufficio in corso di giudizio, gli avvisi non vengano annullati dal concessionario".

L. Il motivo è manifestamente infondato: in primo luogo, la condanna in solido di più parti soccombenti al pagamento delle spese processuali non postula necessariamente una responsabilità solidale in ordine al rapporto o ai rapporti dedotti in giudizio, ma una comunanza di interessi tra le parti medesime, che può realizzarsi indipendentemente dai primi, o anche una divergenza di posizioni o strategie difensive, la cui sussistenza, ai fini della ripartizione delle spese o della condanna solidale, non può che essere apprezzata dal giudice di merito con una valutazione non censurabile, all’evidenza, in sede di legittimità (Cass. n. 24680 del 21/11/2006).

M. Il secondo luogo, la soccombenza, costituendo un’applicazione del principio di causalità, per il quale non è esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico (per la trasgressione delle norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo, prescinde dalle ragioni – di merito o processuali – che l’abbiano determinata (Cass. n. 19456 del 15/07/2008). Nella specie, non è contestabile la gravissima violazione delle norme di diritto tributario sostanziale commessa dall’AGENZIA nell’aver azionato la propria pretesa impositiva nei confronti di soggetto evidentemente e pacificamente del tutto estraneo al rapporto fiscale controverso.

N. In terzo luogo, non rileva il fatto addebitato al concessionario della riscossione, cioè avere ritardato od omesso – in corso di causa – l’autoannullamento degli avvisi di mora; si tratterebbe, al limite, nella specie di plurime condotte convergenti in danno del medesimo preteso contribuente, diverse e imputabili a più soggetti, il fisco e il concessionario, senza che neppure l’eventuale autotutela dell’ufficio impositore possa esonerare il medesimo dalle spese processuali (Cass. n. 634 del 13/01/2006 e n. 1230 del 19 gennaio 2007).

O. Nella reciproca soccombenza, nelle ragioni complessive della decisione di legittimità e nell’evolversi della vicenda processuale si ravvisano giusti motivi per l’integrale compensazione delle odierne spese tra le parti costituite; nulla sul punto riguarda il contribuente che non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso della soc. ESATRI e quello incidentale dell’AGENZIA delle ENTRATE; dichiara inammissibile il ricorso incidentale del MINISTERO dell’ECONOMIA e FINANZE. Compensa le spese tra le parti costituite; nulla per il contribuente.

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