Sul reato di rifiuto di atti d’ufficio. Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, 8 febbraio 2010 n. 4995.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO

1.-. Con sentenza in data 26-11-2008 il GUP presso il Tribunale di Cosenza ha dichiarato, ai sensi dell’art. 425 c.p.p., non luogo a procedere nei confronti di AAA in ordine al reato di cui all’art. 328, comma primo, c.p. a lei ascritto perché il fatto non costituisce reato.
AAA era imputata del reato di cui all’art. 328 c.p. per essersi, in qualità di ufficiale giudiziario, indebitamente rifiutata di notificare ad un imputato ed a un difensore il decreto di citazione a giudizio emesso dalla Corte di Appello di Catanzaro, notificazioni che, per ragioni di giustizia, dovevano essere compiute senza ritardo e comunque non oltre il 29-1-08.
Il GUP di Cosenza ha ritenuto del tutto insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio gli elementi raccolti in riferimento alla consapevolezza e volontà di compiere non tempestivamente tali adempimenti, osservando che la circostanza che la AAA aveva comunque posto in essere, anche se in ritardo, la attività finalizzata alla notifica della citazione dell’imputato e del difensore era “comunque indicativa del fatto che l’imputata aveva comunque cercato di provvedervi”. Il GUP ha anche rilevato che, in assenza di qualunque elemento indicativo di uno specifico rifiuto da parte della AAA di effettuare le notifiche, non poteva escludersi che l’imputata “per un disguido o per una dimenticanza” avesse provveduto in ritardo alle notifiche in questione. Ne derivava che, non sussistendo elementi sufficienti ed univoci (indicativi della consapevolezza e volontà dell’imputata di omettere adempimenti assegnatile per motivi di giustizia) e idonei a sostenere l’accusa in giudizio, si imponeva la declaratoria di non luogo a procedere nei confronti della AAA per difetto dell’elemento psicologico.
2.-. Avverso la suindicata sentenza del 26-11-08 ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catanzaro, chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 328, comma primo, c.p. e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento della prova.
In particolare, il ricorrente rileva che le risultanze delle indagini avevano consentito di accertare che, mentre due colleghi dell’imputata avevano provveduto alle notifiche non appena erano stati loro assegnati gli atti da notificare, la AAA, sebbene gli atti da notificare le fossero stati assegnati sin dal 21-1-08, vi aveva provveduto solo in data 13-2-08 e 7-2-08, quando oramai per la udienza del 19-2-08 le notifiche non sarebbero state valide.
Il Procuratore Generale di Catanzaro, ricordata la giurisprudenza di legittimità che ha ravvisato il reato di cui all’art. 328 c.p. nella omessa notificazione da parte di un ufficiale giudiziario di atti giudiziari che avrebbero dovuto essere restituiti senza ritardo alla autorità procedente o alla parte privata richiedente, osserva che nel caso di specie la assegnazione all’imputata fin dal 21-1-08 di atti da notificare per l’udienza del 19-2-08 e la inerzia della AAA durata fino al 7 ed al 13 del mese successivo integrerebbero di per sé il rifiuto di compiere l’atto, indipendentemente da una specifica manifestazione in tal senso da parte della prevenuta, come erroneamente ritenuto, invece, da parte del GUP.
In secondo luogo il ricorrente sottolinea che la AAA, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, nel suo interrogatorio non ha mai parlato di un disguido o di una dimenticanza a proposito della mancata notifica degli atti. Questo dato inesistente sul quale sarebbe basata la decisione costituirebbe un vero e proprio travisamento della prova.
Infine sarebbe “paradossale per la sua irrazionalità” la affermazione pure contenuta in sentenza, secondo cui l’imputata sarebbe stata giustificata dal fatto di avere rinvenuto solo tempo dopo la documentazione che le era stata consegnata per effettuare le notifiche. Sarebbe poi “inconcludente” la asserzione per cui l’avere l’imputata effettuato, sebbene in ritardo, la notifica degli atti sarebbe “comunque indicativa del fatto che l’imputata aveva comunque cercato di provvedervi”. D’altra parte non risultava in alcun modo che la AAA, una volta rinvenuti solo giorni dopo gli atti, avesse sollevato obiezioni di sorta.
3.-. Il ricorso è fondato.
Questa Corte ha già affermato [in una fattispecie del tutto analoga a quella in esame, nella quale è stato ravvisato il reato di cui all’art. 328 c.p. nell’omessa notificazione da parte di un ufficiale giudiziario di atti giudiziari che avrebbero dovuto essere restituiti senza ritardo all’autorità procedente o alla parte privata richiedente] che il rifiuto di cui all’art. 328 cod. pen. si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza di rifiuto dell’atto medesimo (Sez. 6, Sentenza n. 17570 del 16/03/2006, Rv. 233858, Lanzara).
D’altra parte ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti d’ufficio è necessario, che il pubblico ufficiale sia consapevole del suo contegno omissivo, nel senso che deve rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento “contra jus”; tale requisito di illiceità speciale delimita la rilevanza penale solamente a quelle forme di diniego di adempimento che non trovano alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione (Sez. 6, Sentenza n. 8949 del 03/07/2000, Rv. 217665, De Riso).
In applicazione di questi principi, la motivazione della sentenza impugnata appare manifestamente illogica e contraddittoria.
Sono state, infatti, accertate sia la assegnazione all’imputata fin dal 21-1-08 di atti da notificare per l’udienza del 19-2-08 sia la inerzia della AAA durata fino al 7 ed al 13 del mese successivo, circostanze che già integrano di per sé il rifiuto di compiere l’atto, indipendentemente da una specifica manifestazione in tal senso da parte della prevenuta, come erroneamente ritenuto da parte del GUP.
Inoltre, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, la AAA non ha mai giustificato la mancata notifica degli atti con un disguido o una dimenticanza da parte sua. Infine del tutto irrazionale è la apodittica affermazione, pure contenuta in sentenza, per cui l’avere l’imputata effettuato, sebbene in ritardo, la notifica degli atti sarebbe “comunque indicativo del fatto che l’imputata aveva comunque cercato di provvedervi”. D’altra parte il fatto che la AAA non ebbe a sollevare obiezioni di sorta toglie credibilità alla sua indimostrata asserzione di avere rinvenuto gli atti da notificare solo alcuni giorni dopo.
In definitiva, la esclusione dell’elemento soggettivo risulta motivata in modo del tutto illogico a fronte della necessità di un dolo solo generico e della accertata e ingiustificata inerzia della ricorrente, anche in considerazione del fatto che altri colleghi dell’imputata avevano provveduto alle notifiche non appena erano stati loro assegnati gli atti da notificare e che vi era comunque un arco temporale sufficiente per provvedere all’incombente.
4.-. Per le considerazioni svolte si impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Cosenza per nuovo giudizio.
Così deciso in data 7-1-2010.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA L’8 FEBBRAIO 2010

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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