Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-04-2011, n. 9142 cosa in custodia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.C. propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno del 12 febbraio 2008, che ha confermato quella di primo grado, relativa al rigetto della domanda nei confronti del Comune di Battipaglia in ordine ai danni subiti a seguito di caduta, che la P. assume causata da una buca presente su un marciapiede in detto Comune, affermando che nella situazione dedotta non ricorrevano gli elementi della non visibilità e dell’imprevedibilità della situazione di pericolo occulto che avrebbe cagionato il danno lamentato.

L’ente locale non ha svolto attività difensiva.

Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. con illogica, contraddittoria e insufficiente motivazione e nel quesito chiede alla Corte di verificare se vi sia stata violazione dell’art. 2051 c.c., in particolare se la responsabilità per i danni provocati da cose in custodia trovi applicazione anche in relazione ai beni demaniali e senza alcuna prova delle circostanze idonee ad esimere da responsabilità la P.A..

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 2043, in rapporto agli artt. 2051 e 2697 c.c., nonchè errata motivazione sulle circostanze relative ai fatti e formula il quesito chiedendo alla Corte di accertare "se vi è stata violazione e falsa applicazione dell’art. 2043, se la Corte d’Appello poteva dedurre che il principio che (l’attrice) usando la normale diligenza avrebbe potuto evitare ogni conseguenza dannosa ed in particolare se la Corte poteva non affermare la responsabilità della P.A. per il semplice fatto che il danno fosse riconducibile ad un pericolo (s)oggettivamente non prevedibile ed oggettivamente non visibile oppure sarebbe stata sufficiente la semplice non conformità dello stato di manutenzione del marciapiede.

Col terzo motivo, la ricorrente deduce ulteriore violazione dell’art. 2043 in rapporto agli artt. 2051 e 2697 c.c., nonchè omessa motivazione e nel quesito chiede alla Corte di accertare "se vi sia stata violazione degli artt. 2043, 2051 e 2697 c.c., in particolare se la Corte d’Appello, in tema di insidia e trabocchetto, poteva "aggrapparsi" a mere ricostruzioni astratte e non valutando le singole risultanze istruttorie.

Le censure – che possono essere trattate congiuntamente, data l’intima connessione – sono infondate.

Dalla sentenza impugnata, emerge che la P. è caduta sul marciapiede in lite alle ore 10,00 circa, circostanza che assumeva valore pregnante, come sicuro elemento di valutazione della visibilità piena dei luoghi. Dalle deposizioni dei testi e dalle foto emergeva una parte di una mattonella divelta. La pavimentazione (interamente di colore marrone) risultava in quel punto visibilmente diversa dal resto, il che dimostrava – sempre secondo la Corte territoriale – da un lato la non ricorrenza dell’elemento oggettivo e dall’altro la prevedibilità del pericolo. Di talchè, usando la normale diligenza, l’interessata avrebbe potuto evitare ogni conseguenza dannosa. Non erano supportati da alcun indizio la circostanza secondo cui la P. sarebbe caduta perchè il tacco era finito in una buca profonda 4 cm. priva del ripieno di calce e piena di acqua e detriti. La mancanza della mattonella non determinava certo una "buca" di tale profondità, osservava ancora la Corte territoriale; nè emergeva dalle foto allegate la sussistenza di soletta di cemento nel residuo pavimento; nè risultava la situazione causata dalla pioggia (peraltro il marciapiede era parzialmente coperto).

Secondo il consolidato orientamento di questa S.C., il concetto di "insidia o trabocchetto" è caratterizzato da una situazione di pericolo occulto connotato dalla non visibilità (elemento oggettivo) e dalla non prevedibilità (elemento soggettivo) e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione e della sua efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso è demandata al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove la relativa valutazione sia sorretta da congrua ed adeguata motivazione (Cass. n. 20953/06; 366/00; v. anche Cass. n. 24428/09).

Nella specie, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte territoriale ha dato ampia e corretta motivazione del suo convincimento circa l’inesistenza nella specie di una situazione del genere. Ha così preso in analitico ed approfondito esame le condizioni dei luoghi, quali si presentavano alla P. (ora diurna, caratteristiche del marciapiede emergenti dalle foto). Tale valutazione, costituisce un tipico accertamento di fatto ed essendo stata compiuta secondo corretti criteri logici è insindacabile in questa sede.

Non ricorrono neanche le lamentate violazioni di legge. La questione dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c. e delle relative conseguenze in tema di onere probatorio è formulata in violazione del canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, non avendo precisato la ricorrente se ed in quali termini sia stata proposta nei precedenti gradi, posto che, come ella stessa ammette, la Corte territoriale non ha esplicitamente preso posizione sulla questione medesima (nè la censura viene proposta sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c.); senza contare che, in tema di responsabilità da cose in custodia, la presunzione di colpa stabilita dall’art. 2051 c.c., superabile solo con la prova del caso fortuito ovvero della colpa del danneggiato, presuppone la dimostrazione della esistenza del nesso causale tra cosa in custodia e fatto dannoso, con la conseguenza che, anche in presenza di insidia o trabocchetto, la situazione di pericolo occulto richiede, per costituire fonte di responsabilità, l’accertamento della efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso, accertamento demandato al giudice del merito, la cui valutazione – ove congruamente motivata, come nella specie, per quanto innanzi rilevato – è insindacabile in questa sede (Cass. n. 6767/01).

Nè sussiste la violazione dell’art. 2043 c.c., lamentata nel secondo motivo, posto che, come risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, la Corte territoriale ha correttamente ricostruito la mancanza di prova in ordine all’insussistenza dell’insidia nel caso di specie; infine, dalla stessa prospettazione del quesito emerge che le violazioni di legge di cui al terzo motivo mirano, al di là della loro enunciazione, ad un’inammissibile rivalutazione delle risultanze di merito, su cui vi è stato, come si è detto, congruo e motivato apprezzamento.

Ne deriva il rigetto del ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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