Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-02-2011) 02-03-2011, n. 8384 Indagini preliminari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze ricorre per cassazione avverso la sentenza 4 luglio 2008 del Tribunale monocratico di Firenze il quale ha assolto M.S. nato in (OMISSIS), dai reati di furto, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni per incertezza sulla identità fisica dell’imputato stesso.

Con unico motivo di impugnazione il Procuratore generale lamenta violazione di legge, e precisamente dell’art. 66 cod. proc. pen., nel senso che il Tribunale, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, dopo aver evidenziato che permaneva l’incertezza in ordine alla identità fisica del prevenuto, in ragione dell’assenza di rilievi foto dattiloscopia, non potuti eseguire per l’inconsulta reazione del M. all’atto dell’arresto (il quale aveva dato in escandescenze, con conseguente necessaria sottoposizione dello stesso a visita sanitaria e derivata impossibilità di procedere alle predette incombenze), ha assolto il M.S. (certo autore della sottrazione ed in possesso della refurtiva, oltre che di un ordine di carcerazione intestato a M.S.) dai reati ascrittigli per non aver commesso il fatto, pur risultando evidente dalle emergenze processuali, come narrate in sentenza, la sua penale responsabilità.

Per la ricorrente parte pubblica il giudicante è incorso in una palese violazione dell’art. 66 c.p.p. considerato:

a) che le norme procedimentali non impongono alcuna attività di controllo o di riscontro sulle generalità degli imputati, ma prevedono soltanto l’accompagnamento – non obbligatorio – degli stessi negli uffici di Polizia per il tempo necessario alla identificazione (si richiama sul punto: Cass. Sez. seconda, 17.11.2005, n. 1241);

b) che nel caso in cui la persona fisica sia stata identificata con certezza – come nel caso di specie trattandosi di persona colta in flagranza di reato – e rimangano tuttavia incerte le generalità, trova applicazione l’art. 66 c.p.p., comma 2, per il quale l’impossibilità di attribuire all’imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell’autorità procedente, quando sia certa l’identità fisica della persona;

c) che, in ogni caso, non è neppure consentito ritenere ignoto l’autore del reato, unicamente per la mancata identificazione dello stesso a causa delle erronee dichiarazioni anagrafiche, allorchè – come nella vicenda – sia certa l’identità fisica della persona nei cui confronti è iniziata l’azione penale, anche quando l’imputato sia risultato poi irreperibile;

d) che la persona tratta a giudizio a seguito dell’arresto in flagranza, era la stessa persona fisica trovata in possesso degli oggetti, valori e documenti sottratti immediatamente prima alla passeggera del treno G.S.: circostanza questa che doveva imporre al Tribunale, se ritenuta necessaria, l’acquisizione della documentazione relativa alle operazioni di fotosegnalamento certamente eseguite dal personale appartenente alla Polizia Penitenziaria all’atto dell’ingresso del M., dopo l’arresto, nella casa circondariale di (OMISSIS);

In definitiva, per il Procuratore generale, tale quadro di dati circostanziali l’omesso foto segnalamento, nell’occasione dell’arresto da parte della Polizia Giudiziaria procedente, non poteva considerarsi elemento decisivo per ritenere l’incertezza della identità fisica dell’imputato fino al punto di supportare la pronuncia assolutoria.
Motivi della decisione

Il motivo è fondato.

L’art. 349 cod. proc. pen., non impone – come si desume dalla espressione "può …ove occorra" – l’espletamento dei rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici – così come il comma 4 della stessa disposizione non prevede come obbligatorio l’accompagnamento da esperirsi solo ove, quanto alle generalità fornite, sussistano elementi per ritenerne la falsità (Cass. pen. sez. 2, 8105/2000 Rv. 216522).

In particolare, l’incertezza circa le generalità dell’imputato, della cui identità fisica si abbia però certezza, non legittima nè la pronuncia di assoluzione "per non aver commesso il fatto", nè la dichiarazione di non doversi procedere per essere ignoto l’autore del reato pur quando l’imputato sia poi risultato irreperibile (Cass. pen. sez. 2,29558/2006 Rv. 235304 Massime precedenti Conformi: N. 9936 del 1997 Rv. 208764, N. 1338 del 1998 Rv. 210256, N. 2700 del 1998 Rv. 212749, N. 8105 del 2000 Rv. 216522).

La gravata sentenza va pertanto annullata.
P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Perugia per il giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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