Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 02-03-2011, n. 8084 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 13 gennaio 2010 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Lecce, sez. dist. di Tricase, del 17.2.2009, con la quale C.C. e R.R., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generi che alla sola R., erano stati condannati alla pena di mesi 4 di arresto ed Euro 32.000,00 di ammenda il primo e di mesi 3 di arresto ed Euro 23.000,00 di ammenda la seconda per il reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), D.Lvo n. 42 del 2004, art. 181 limitatamente alla realizzazione di quattro unità abitative di circa 45 mq ciascuna e di un locale deposito di area mq. 21.

Rilevava la Corte territoriale, richiamando la giurisprudenza di legittimità già ricordata dal primo giudice in tema di inizio del decorso del termine di prescrizione e di applicazione del principio del favor rei, che la testimonianza incerta della teste L., addotta dalla difesa, non consentiva di ritenere maturata la prescrizione. Per i precedenti penali e per la gravità del fatto all’appellante C. non potevano, poi, essere concesse le circostanze attenuanti generiche.

2) Ricorrono per Cassazione C.C. e R.R., denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione all’art. 157 c.p. nonchè la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Dopo aver ripercorso le risultanze processuali ed in particolare la testimonianza di A.P., teste credibile e per niente compiacente, assumono che il ragionamento della Corte di merito (l’ultimazione dei lavori viene collocata alla fine di luglio, inizi agosto del 2005, avendo la teste fatto riferimento alle vacanze di tre o quattro anni prima della testimonianza resa nel febbraio 2009) non è condivisibile in quanto le ferie vengono normalmente godute nel mese di luglio e non soltanto ad agosto. Sicchè a voler ritenere ultimati i lavori anche solo alla data del 12.7.2005, il termine massimo di prescrizione di anni 4 e mesi 6 era già decorso al momento della emissione della sentenza.

Nel dubbio, comunque, la Corte di merito avrebbe dovuto, in applicazione degli insegnamenti della Suprema Corte, ritenere l’ipotesi più favorevole.

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione di legge in relazione all’art. 62 bis c.p. per la mancata concessione al C. delle circostanze attenuanti generiche. Con il terzo motivo, infine, si deduce la inosservanza della L. n. 241 del 2006.

Pur ritenendo che i lavori erano stati ultimati alla fine di luglio- inizio agosto 2005, la Corte territoriale non ha indicato in dispositivo l’epoca di ultimazione con riferimento all’applicazione dell’indulto.

3) Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1) E’ pacifico che, nell’ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

Allorchè, quindi, le due sentenze concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (cfr. ex multis Cass. sez. 1^ n. 8868 del 26.6.2000 – Sangiorgi).

3.1.1) Tanto premesso, i giudici di merito hanno correttamente motivato, in fatto ed in diritto, in relazione alla mancata applicazione della causa estintiva.

Già il Tribunale aveva rilevato, richiamando la giurisprudenza di questa Corte che "In caso di procedimento per violazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 20, sempre restando a carico dell’accusa l’onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell’imputato a far ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l’incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo, atteso che, in base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull’imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell’opera incriminata" Cass. pen. n. 10562 dell’11.10.2000). Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che "In tema di prescrizione, grava sull’imputato, che voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l’onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti" (Cass. pen. sez. 3 n. 19082 del 24.3.2009).

Il reato di costruzione in difetto di permesso di costruire ha natura permanente e la permanenza cessa con l’ultimazione dell’opera, ivi comprese le rifiniture (altra cosa è, invece, la nozione di ultimazione contenuta nella L. n. 47 del 1985, art. 31 che anticipa tale momento a quello della ultimazione della struttura) che è applicabile solo in materia di condono edilizio cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 33013 del 3.6.2003), oppure con il sequestro.

Non avendo gli imputati fornito la prova certa della ultimazione dei lavori in epoca antecedente, la permanenza, secondo il Tribunale, doveva ritenersi cessata con il sequestro eseguito in data 15.2.2008.

La Corte territoriale non ha certamente ribaltato tale impostazione, avendo piuttosto rinviato alla condivisibile motivazione del primo giudice, sia in relazione alla valutazione della testimonianza dell’ A. che in tema di onere della prova.

Ha, anzi, ulteriormente evidenziato la mancanza di precisione e di incertezza della teste L. a fronte di un capitolo di prova con il quale si intendeva provare che le opere erano state ultimate prima dell’estate del 2003.

A tutto voler concedere (a prescindere dalla sostanziale inaffidabilità della teste, stante la estrema genericità e imprecisione dei suoi ricordi), e soltanto per rispondere ai rilievi della difesa, ha ritenuto la Corte, seguendo un ragionamento non illogico, che al massimo l’epoca di ultimazione dei lavori potesse collocarsi alla fine di luglio, inizio agosto 2005.

I ricorrenti ripropongono le medesime doglianze, fornendo una lettura, diversa e ad essi più favorevole, delle dichiarazioni dell’ A., senza tener conto della premessa da cui è partita la Corte territoriale.

3.1.2) Non avendo quindi accertato che i lavori era stati ultimati in epoca anteriore alla contestazione (per le ragioni sopra indicate), non era la Corte territoriale tenuta a modificare l’imputazione ai fini dell’applicazione dell’indulto.

3.1.3) Infine, la Corte di merito ha fatto corretto e motivato esercizio del potere discrezionale nella determinazione della pena, facendo riferimento, per non concedere le circostanze attenuanti generi che al C., ai precedenti penali ed alla gravità del fatto (realizzazione ex novo di 4 mini appartamenti in zona agricola e vincolata e per finalità lucrative) e non emergendo elementi favorevoli all’imputato.

Ed è pacifico che, in tema di circostanze attenuanti generiche, l’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può, purchè congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 7707 del 4.12.2003).

3.2) Va dichiarata quindi la inammissibilità del ricorso, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 ciascuno alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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