Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-04-2011, n. 9396 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 31 luglio 1993 la sas Val Italiana conveniva davanti al Tribunale di Venezia l’Amministrazione della Difesa Aeronautica chiedendo che fosse condannata a risarcirle i danni subiti per l’occupazione di un appezzamento di terreno in (OMISSIS), di sua proprietà. Precisava che con precedente atto di citazione in data 27/12/85 essa aveva già convenuto davanti allo stesso Tribunale Veneto la medesima Amministrazione chiedendone la condanna al pagamento della somma corrispondente al valore venale dello stesso terreno a titolo di indennità di esproprio o, subordinatamente, al pagamento dell’importo di L. 45.701.400, nonchè a corrispondere l’indennità per l’occupazione temporanea a decorrere dal 5 maggio 1981. Era avvenuto che il Tribunale di Venezia con sentenza del febbraio 1988 accogliendo in parte la domanda aveva condannato la convenuta a corrisponderle a titolo di indennità per l’occupazione di urgenza la somma di L. 5.672.749 oltre interessi, e quindi a seguito dell’appello, che la Corte di Venezia con sentenza n 773 del luglio 1992 passata in giudicato, aveva dichiarato l’incompetenza del Tribunale essendo invece funzionalmente competente in unico grado essa medesima. Aveva pertanto dichiarato nulla la sentenza di primo grado e respinto la domanda sul presupposto dell’insussistenza della prova che la proprietà del bene fosse stata acquisita dall’Amministrazione. Tutto ciò premesso, dunque, l’attrice sosteneva che benchè non fosse intervenuto un atto di trasferimento della proprietà dell’immobile in capo all’Amministrazione, questa tuttavia lo occupava senza titolo a decorrere dal maggio dell’81, ed aveva provveduto a realizzarvi talune costruzioni cosicchè aveva reso impossibile la restituzione.

Affermava il proprio diritto al risarcimento del danno per l’occupazione a decorrere dal maggio dell’81.

Resisteva la convenuta affermando che la domanda proposta era inammissibile per incompetenza del tribunale, trattandosi ormai non più di risarcimento, ma di indennità per un’espropriazione conclusa nei termini fin dal 1985,e la cui determinazione era di competenza della Corte di Venezia. Eccepiva sul punto il giudicato promanante dalla sentenza n 773 del 1992. Resisteva comunque nel merito.

Il Tribunale di Venezia respingeva la domanda condannando la Val Italiana al pagamento delle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione.

Proponeva appello la sas e la Corte di merito lo respingeva.

La sentenza oggi in esame, rilevando che il presupposto della domanda dell’appellante era che il terreno fosse stato illegittimamente occupato dalla Pubblica Amministrazione e pertanto irreversibilmente trasformato, lo escludeva, rilevando come esso fosse contraddetto da tutte le emergenze istruttorie. Osservava peraltro che nessuna preclusione derivava in conseguenza di un preteso giudicato dal giudizio concluso con la citata sentenza della corte d’appello numero 773 del 1992. Infatti in quel giudizio, nota l’odierna Corte d’appello, la prima Corte, dopo aver dichiarato nulla la sentenza di primo grado stante la competenza a decidere in unico grado in capo ad essa medesima, aveva respinto la richiesta di determinare l’indennità di espropriazione rilevando che il relativo diritto presupponeva che la proprietà del bene fosse stata acquisita dall’Amministrazione. Tale presupposto,invece, non sussisteva.

Ricorre per cassazione contro questa sentenza la società Val Italiana, con atto articolato su due motivi. Resiste con controricorso il Ministero della Difesa. La ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dei principi in materia di giudicato di cui all’art. 2909 c.c., e all’art. 324 c.p.c.. Lamenta altresì la motivazione insufficiente, omessa e contraddittoria sul punto stesso, considerato decisivo. Afferma ancora, come già nel corso del giudizio di merito, che la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 773 del 92 era passata in giudicato sul punto relativo al mancato compimento del provvedimento di esproprio e dunque della permanenza della proprietà del fondo occupato in capo ad essa società Val Italiana. Ritiene, poichè il giudicato si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto che ne rappresentano le premesse necessarie,che sia passato in giudicato non soltanto l’accertamento secondo il quale non era stata provato un atto di trasferimento del bene,ma anche che si era realizzata la perdita della proprietà del bene da parte di esso società in forza di occupazione acquisitiva.

2. Con il secondo motivo, che deve essere esaminato unitamente al primo costituendone uno sviluppo, la ricorrente lamenta ancora la violazione e la falsa applicazione dei principi in tema di giudicato, ovvero dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., e quindi la motivazione contraddittoria sul punto da considerarsi decisivo della causa. Conseguentemente all’errore già denunciato, infatti, ritiene che ancora una volta in modo errato la sentenza impugnata ha ritenuto esperibile fra le parti l’azione dì accertamento dell’avvenuto esproprio, ammettendo pertanto la produzione di documenti e di atti relativi al procedimento stesso.

2.a. Le doglianze, che basano entrambe sull’affermazione del medesimo giudicato, sono infondate.

E’ ben vero che il giudicato implicito concerne gli accertamenti che costituiscono il presupposto logico giuridico della decisione passata in cosa giudicata. Tuttavia l’accertamento, in questo caso negativo, compiuto dalla corte d’appello dì Venezia, con la sentenza n. 773 del 1992, ovvero la affermazione della insussistenza di atto ablativo conclusivo di una procedura di espropriazione, non aveva affatto come proprio presupposto implicito, da considerarsi dunque anche esso accertato, l’avvenuto perfezionamento dell’illecito da occupazione acquisitiva. Piuttosto a foglio 10 della sentenza n. 773 della Corte veneta, (rigo sei e segg. in particolare) tale presupposto sostenuto dalla ricorrente è esplicitamente negato. Il giudice rileva che in quel giudizio non era stato provato alcuno dei dati necessari ad accertare il periodo durante il quale l’azione era stata legittima e quindi (cfr al predetto rigo sei) che "la sentenza (che in tesi avrebbe dato luogo al giudicato di cui si tratta) non ha compiuto alcun accertamento in merito alla positiva sussistenza dei presupposti per ottenere il risarcimento del danno da illegittima occupazione".

La circostanza di cui si tratta, insomma, è considerata tutta da accertare. E nel rigettare la domanda di danni da occupazione acquisitiva tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello non erano vincolati da quanto ritenuto dalla prima Corte di merito con la sentenza n 773, giacchè questa non aveva affatto accertato che nella vicenda si potesse prendere atto dell’acquisizione della proprietà del bene da parte della P.A. a seguito di occupazione illegittima.

Peraltro, il giudicato sul difetto di prova della espropriazione non impediva neppure esso dì provare che essa fosse successivamente intervenuta. Considerazione, questa, che vale a togliere valore in particolare alla seconda doglianza.

3. Il ricorso deve essere respinto. La società ricorrente deve essere condanna al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 5000,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, nonchè alle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *