Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-01-2011) 02-03-2011, n. 8027 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con sentenza del 22/24.9.2009, il tribunale di Teramo in composizione monocratica, condannava alla pena complessiva di Euro 300 di ammenda C.M. riconoscendolo colpevole delle contravvenzioni di cui all’art. 81 cpv. c.p., L. n. 110 del 1975, art. 20, R.D. n. 773 del 1931, artt. 38 e 221 in relazione al R.D. n. 635 del 1940, art. 58, comma 3 – omessa custodia di armi ed omessa comunicazione alla Autorità di P.S. del trasferimento delle armi in altro luogo da quello in precedenza denunciato.

Con riferimento al primo reato – l’unica questione che interessa in questa sede per aver l’interessato proposto impugnazione solo, per l’appunto, con riferimento al primo capo di imputazione – riteneva testualmente il giudice monocratico ricorrere la fattispecie normativa contravvenzionale per essere stati trovati "i fucili……in soffitta semplicemente avvolti in un panno ma non custoditi in maniera tale da escludere la possibilità di impossessamento da parte dei terzi come sarebbe avvenuto qualora questi fossero ricoverati in un armadio chiuso a chiave, nascosti in un luogo conosciuto dal solo imputato….".

L’interessato propone impugnazione, erroneamente qualificata come appello ma, nella specie, convertibile in ricorso, avverso la decisione sul punto, richiamando il verbale di sequestro dal quale si evinceva che i due fucili sequestrati – a parte il richiamo alle deposizioni testimoniali le quali rappresentavano che le armi erano prive di caricatore ed una addirittura smontata e che la soffitta nella quale erano state depositate era munita di porta con chiusura a chiave – erano custoditi "…. in una fessura ricavata da uno spazio tra il soffitto ed un muro in costruzione…" alla quale si poteva accedere solo munendosi di una scala. Denuncia di conseguenza il ricorrente la violazione della norma penale incriminatrice.

-2- Il ricorso è fondato.

Invero, basta tra le tante richiamate dal ricorrente, il precedente di questa Corte (Sez. 1, 6.10/29.11.2004, Aiello, Rv. 230153) che definisce opportunamente il livello di diligenza richiesto dalla prima parte della L. n. 110 del 1975, art. 20, comma 1 in termini non certo stringenti come quelli a cui è tenuto chi esercita professionalmente attività in materia di armi che deve mantenere, per dettato normativo – art. 20, comma 1, seconda parte -, sufficienti difese anti – furto secondo le modalità prescritte dalla autorità di pubblica sicurezza. La prima parte del comma 1 della disposizione citata, invero, indica genericamente un dovere di "ogni" diligenza, senza specificare, in concreto, il suo contenuto. Certo compete al giudice di merito stabilire se, in rapporto alle contingenti situazioni, l’agente abbia custodito l’arma con diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica. E tale giudizio è incensurabile in cassazione, alla condizione che la motivazione sia logica, congrua e rappresentativa delle circostanze qualificanti la custodia.

Ritiene il collegio che una tale motivazione sia mancata nella misura in cui si è tralasciato di indicare le specifiche circostanze modali della custodia emergenti dagli atti richiamati dal ricorrente: le armi erano custodite, non visibili, in una soffitta, pertinenza dell’appartamento dotato di porta con chiusura a chiave, in una fessura ricavata da uno spazio tra il soffitto ed un muro in costruzione, il cui accesso era possibile solo servendosi di una scala. Può richiamarsi in proposito, allora, quella giurisprudenza – per tutte, Cass. Sez. 1, 19.3/1.4.2004, P.G. in proc. Sallicandro, Rv. 227934 -alla cui stregua non costituisce violazione dell’obbligo di diligenza nella custodia delle armi, previsto e sanzionato dalla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 20, la detenzione, da parte di taluno, di un fucile da caccia all’interno del garage di sua esclusiva proprietà, non sussistendo per il privato cittadino alcun obbligo di adottare particolari sistemi ed efficienti misure di difesa antifurto, nè rilevando l’eventuale inidoneità di tali modalità di custodia ad impedire l’impossessamento dell’arma da parte di minorenni o altri soggetti incapaci o imperiti, dal momento che tale inidoneità può rilevare, sussistendone le condizioni, solo con riferimento alla diversa e specifica ipotesi prevista dall’art. 20-bis della stessa legge. Ne consegue che l’obbligo di diligenza nella custodia delle armi previsto dalla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 20, quando non si tratti di soggetti che esercitino professionalmente attività in materia di armi ed esplosivi, deve ritenersi adempiuto alla sola condizione che risultino adottate le cautele che, nelle specifiche situazioni di fatto, possono esigersi da una persona di normale prudenza, secondo il criterio dell’"id quod plerumque accidit". Ebbene, le cautele predisposte nella fattispecie de qua adempivano – ed il rilievo è rilevabile de plano allo stato degli atti – sufficientemente agli oneri imposti dalla normativa richiamata.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla contravvenzione di cui al capo a) ed elimina la corrispondente pena di Euro 200 di ammenda.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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