Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-01-2011) 02-03-2011, n. 8362

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza in data 22-1-2008, con la quale il Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato T.G., B.N.W. e Br.Ly. colpevoli del reato di cui all’art. 372 c.p. loro rispettivamente ascritto, perchè, deponendo come testimoni innanzi al Tribunale di Reggio Calabria nell’ambito di un procedimento penale a carico di M.G. N., affermavano falsamente di aver ricevuto gli assegni bancari indicati nei capi d’imputazione – tratti dal M., quale procuratore di G.R., sul conto corrente intestato a quest’ultima -, in data anteriore al decesso della G. (avvenuto il (OMISSIS)) e non in epoca successiva.

Tutti gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, con separati atti.

Il T. si duole, con un unico motivo, della violazione degli artt. 187 e 192 c.p.p., in relazione all’art. 372 c.p.. Deduce che la Corte di Appello ha motivato il giudizio di colpevolezza dell’imputato procedendo ad una valutazione degli atti di altro procedimento penale a carico di M.G., conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna, prodotta nel presente procedimento. Fa presente che, ai sensi dell’art. 238 bis c.p.p., le risultanze di un precedente penale acquisito agli atti devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 e devono essere, quindi, corroborate da altri elementi di prova. Sostiene che, nel caso di specie, la Corte di Appello ha errato nell’assumere il giudizio di inattendibilità compiuto dal Tribunale di Reggio Calabria nella sentenza a carico del M. come elemento di riscontro delle impostazioni accusatorie a carico degli odierni ricorrenti. Rileva, inoltre, che il giudice del gravame ha erroneamente valutato la gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari a carico dell’imputato. In particolare, secondo il ricorrente, la Corte di Appello non ha fatto buon governo della massima di esperienza, laddove ha affermato che l’avv. T., per il lavoro che svolge, non poteva non sapere che l’operazione richiestagli non avrebbe potuto essere effettuata, ed ha ritenuto provate in base a mere presunzioni e congetture che l’assegno consegnato al prevenuto da M.G. fosse lo stesso poi incassato da quest’ultimo il 2-1-1998.

La Br. lamenta, con un primo motivo, l’erronea valutazione della prova in relazione agli artt. 238 bis, 187 e 192 c.p.p..

Sostiene che i giudici di merito non hanno acquisito alcuna prova certa circa il mendacio dell’imputata, avendo basato il loro convincimento su mere prassi e massime di esperienza. Aggiunge che la valutazione di inattendibilità intrinseca della deposizione dell’imputata non può di per sè costituire prova certa della falsità delle dichiarazioni rese, in mancanza di specifici elementi che rendano fondato un simile giudizio.

Con un secondo motivo la ricorrente si duole dell’erronea valutazione della prova in relazione agli artt. 487 e 494 c.p.p., avendo i giudici territoriali illegittimamente giustificato il loro erroneo convincimento circa la responsabilità della prevenuta in base all’ulteriore rilievo che la Br. era rimasta contumace e non aveva fornito alcuna versione in ordine all’inverosimile comportamento tenuto.

Il B., con un primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 238 bis, 187 e 192 c.p.p.. Deduce che la corretta applicazione del metodo legale di valutazione della prova disegnato dall’art. 238 bis c.p.p. impone che gli elementi di riscontro all’attendibilità di una sentenza irrevocabile che si vuole introdurre in un processo come prova siano esterni alla ricostruzione fornita dalla sentenza acquisita e vengano, pertanto, reperiti nel processo ad quem. Nel caso di specie, al contrario, al fine del giudizio di inattendibilità del B., sono state utilizzate le medesime fonti di prova acquisite nel processo a quo a carico di M. G.N., come apprezzate e valutate da quel giudice nell’ambito del diverso procedimento. I giudici di merito, infatti, hanno fondato il giudizio di falsità proprio sulla complessiva ricostruzione operata dalla sentenza emessa nel processo a quo ed acquisita agli atti del presente procedimento.

Con un secondo motivo il ricorrente lamenta la mera apparenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità del prevenuto. Fa presente, in particolare, che il giudice di appello ha erroneamente espresso un giudizio di equivalenza tra la ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni rese dal teste ed il giudizio di falsità integrante il reato contestato. La Corte di merito, inoltre, ha desunto la prova del mendacio del B. da argomentazioni di carattere meramente congetturale.

Con memoria depositata il 17-1-2011 il difensore del T., nel riportarsi ai motivi di ricorso, ha eccepito altresì la prescrizione del reato.
Motivi della decisione

Rileva la Corte che, pur tenendo conto del periodo di sospensione ex art. 159 c.p.p., n. 3 dovuto al rinvio dell’udienza di primo grado del 17-7-2007 al 30-10-2007 per astensione della classe forense, in relazione ai reati ascritti ai prevenuti è maturato, successivamente alla sentenza di appello, il termine di prescrizione. Tale termine, infatti, a norma del combinato disposto degli artt. 157, 158, 160 e 161 c.p. (nel testo novellato dalla L. n. 251 del 2005, applicabile alla fattispecie in esame, in quanto entrate in vigore prima della pronuncia della sentenza di primo grado), è di anni sette e mesi sei a decorrere dal giorno della consumazione dei reati di cui trattasi;

reati che, secondo i capi d’imputazione, risultano commessi il (OMISSIS) (per il T.) e il (OMISSIS) (per gli altri imputati).

Di conseguenza, non evincendosi dagli atti la prova evidente dell’insussistenza dei fatti, della loro irrilevanza penale o della non commissione dei medesimi da parte dei prevenuti, s’impone, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perchè i reati sono estinti per prescrizione.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè i reati sono estinti per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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