Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-01-2011) 02-03-2011, n. 8412 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione R.A. avverso la ordinanza in data 24 aprile 2010 con la quale il Gip di Reggio Calabria, quale giudice della esecuzione, decidendo in sede di rinvio dopo annullamento della Cassazione, ha parzialmente rigettato la richiesta di applicazione della continuazione tra reati ex art. 81 c.p..

Era in precedenza accaduto che la Cassazione, con sentenza del 9 dicembre 2009, aveva annullato la ordinanza del Gip di Reggio Calabria dell’8 giugno 2009 evidenziando taluni errori valutativi in cui lo stesso era incorso nel negare la unicità dei disegno criminoso fra i reati di cui si domandava il cumulo giuridico delle pene.

Nel provvedimento impugnato il Gip, dava atto che i reati di cui si chiedeva la riunione nel vincolo della continuazione erano tre e per la precisione – 1) quello di usura in danno di B.F., commesso in (OMISSIS) e oggetto della sentenza ex art. 444 c.p.p. del Tribunale di Locri del 1999;

– 2) quello di estorsione in danno di D. e Ba.. commesso in (OMISSIS) e oggetto della sentenza del Tribunale di Locri del 1998, riformata in appello (previa declaratoria di prescrizione di altra fattispecie di usura);

– 3) quello di usura continuata, commesso tra il 1990 e il 1991 nella provincia di Reggio Calabria, oggetto della sentenza del Gup di Reggio Calabria del 2003, riformata in appello.

Il giudice della esecuzione, tenuto conto della natura delle azioni criminose e dei luoghi di perpetrazione delle stesse, riteneva unificabili solo la prima e la terza condanna giungendo alla individuazione della pena finale, per tali reati, di anni 8 e mesi tre di reclusione oltre alla multa (800,00 Euro) Deduce:

1) la violazione dell’art. 627 c.p.p. e dell’art. 81 c.p..

La Cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio aveva raccomandato un rinnovato giudizio che tenesse conto della omogeneità delle condotte delittuose ascritte nonchè delle circostanze di tempo e di luogo della relativa consumazione.

Ebbene il Giudice, nel negare la unificabilità anche della seconda condanna sopra menzionata (quella per il reato di estorsione, previa declaratoria di prescrizione del reato di usura) aveva adottato una motivazione manifestamente illogica negando che la estorsione fosse preventivabile in un contesto criminale dedito alla usura.

Era vero, invece, che proprio nella sentenza di condanna per uno dei reati di usura, sopra menzionata, si fosse dato atto che il comportamento del R. era quello di coadiutore di M. V. nella attività di tal natura realizzata sulla fascia jonica dalle famiglie di ‘ndrangheta e, a tal fine, si fosse menzionato proprio l’arresto per estorsione nel diverso processo, poi culminato nella condanna sub 2).

Inoltre nella sentenza di condanna per il reato di estorsione il giudice aveva dato atto proprio della unicità del disegno criminoso tra l’attività di usura contestata in quel processo e la ulteriore attività estorsiva ai danni delle medesime persone offese.

Era stato infine trascurato il fatto che tutte le condotte delittuose erano state commesse in concorso con M.V..

2) la violazione di legge nel calcolo della pena.

Il Giudice della esecuzione aveva indicato quale pena base relativa al reato più grave, quella concernente il capo G della sentenza sub 3), pari ad anni 5 di reclusione ed 800,00 Euro di multa; ad essa aveva praticato l’aumento per continuazione con il reato contestato sub A) nel medesimo processo (anni uno ed Euro 100,00 di reclusione);

infine, con riferimento alla condanna ancora da cumulare, ossia quella del Tribunale di Locri del 1999, aveva indicato in aumento la pena di anni due e mesi tre di reclusione oltre alla multa, pena che però era superiore a quella applicata con la sentenza ex art. 444 c.p.p.: ossia la pena di anni uno, mesi 8 di reclusione e L. 6.000.000 di multa. Ne risultava violato il principio del "divieto di reformatio in pejus".

Il PG ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Il ricorso è fondato in quanto il primo motivo è da accogliere mentre il secondo resta assorbito, dovendo il giudice del rinvio procedere a nuova valutazione della domanda di continuazione anche in ordine alla condanna sub 2) e quindi, in ipotesi, a nuovo calcolo della intera pena da eseguire, fermi, ovviamente, i principi posti dall’art. 81 c.p. ed in particolare quello sul limite di aumento per il reato satellite, posto dal comma 3 della norma medesima.

Orbene quanto al primo motivo di ricorso, la motivazione esibita dal Giudice della esecuzione è manifestamente illogica e lacunosa.

Infatti il giudice, nel riformulare il giudizio come disposto dalla Cassazione, ha riconosciuto la unificabilità nel vincolo della continuazione tra i soli reati di usura oggetto delle sentenze del 1999 e del 2003 in quanto ha tratto dalla motivazione della sentenza del 2003 argomenti per affermare che il R. svolgeva in modo abituale l’attività di usuraio e lo faceva verosimilmente nell’ambito del medesimo i disegno criminoso come era desumibile dal locus commissi delicti, dall’epoca di consumazione dei reati, dalla commissione degli stessi in concorso con M.V. in danno di titolari di esercizi commerciali di (OMISSIS) fino al 1992.

Per contro, nella stessa ordinanza, il giudice ha escluso la configurabilità del vincolo anche in relazione al reato di estorsione sub 2) perchè si tratterebbe di comportamento a carattere minaccioso sostanzialmente non preventivabile in un contesto di pratica della usura come quello rimasto accertato con le altre sentenze.

Si tratta però di una motivazione come detto non rispondente ai canoni della razionalità e della completezza che debbono presiedere alla organizzazione di una motivazione esente da censure in sede di legittimità.

Il giudice ha valorizzato un argomento a carattere astratto, e nella sostanza non rapportabile neppure ad insindacabili massime di esperienza, se è vero che nella motivazione della sentenza di condanna sub 2) espressamente citata nel ricorso, il giudice della cognizione era giunto, in concreto, alla conclusione opposta.

Aveva cioè dato atto che proprio in quel processo, instaurato relativamente alle imputazioni per usura ed estorsione in danno di D. e Ba., sussisteva la unicità del disegno criminoso tra i detti reati in quanto era "sistematico il ricorso alle minacce ed anche alla violenza come modus operandi di M. e dell’odierno imputato, per il conseguimento di interessi usurari e per la tempestività della relativa corresponsione".

In secondo luogo, il giudice , nel riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati sub 1) e 3) ha valorizzato il criterio temporale, quello spaziale e quello relativo all’operare stabilmente in concorso con M.V., criteri dai quali poi prescinde del tutto, senza una apparente e logica motivazione, nel valutare la unificabilità anche del secondo reato al quale quegli stessi criteri non appaiono, prima facie, indifferenti.

La valutazione della unificabilità nel vincolo della continuazione anche del reato sub 2) dovrà essere dunque ripetuta con ragionamento scevro dai vizi logici riconosciuti.
P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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