Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-04-2011, n. 9381 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – L.P. in data 24 marzo 2006 proponeva alla Corte di appello di Roma domanda di equa riparazione in relazione alla non ragionevole durata del procedimento civile, ancora pendente davanti al Tribunale di Benevento, da altri intrapreso e nel quale la stessa era intervenuta con comparsa del 24 novembre 1993, relativo al risarcimento dei danni, da parte della Banca sannitica S.p.a., a seguito dell’impossessamento di propri beni, contenuti in una cassetta di sicurezza, ad opera di malviventi che avevano perpetrato una rapina in data 2 agosto 1991. 1.2 – La Corte di appello di Roma, con il decreto indicato in epigrafe, dichiarava inammissibile il ricorso, rilevando che la L., essendosi limitata a produrre delle copie dei verbali di udienza del processo presupposto, non aveva fornito la prova della relativa pendenza, nè di possedere la qualità di parte. Si precisava, al riguardo, che la ricorrente avrebbe dovuto produrre "copia autentica della propria comparsa di intervento, con la pur necessaria certificazione del cancelliere del giudice adito circa la pendenza del giudizio presupposto e la qualità di parte di esso rivestita dalla stessa L.". 1.3 – Avverso tale decreto propone ricorso la L., chiedendone la cassazione sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Motivi della decisione

2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia erronea e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, comma 1, n. 3, sostenendo di aver posto la Corte di appello in grado di apprezzare la propria qualità di parte nel processo presupposto e il rispetto del termine semestrale, non solo allegando tali circostanze, ma producendo copia dei verbali di udienza e della propria comparsa di intervento.

2.1 – Con il secondo motivo si deduce violazione della citata L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, sostenendosi che, in presenza delle citate allegazioni e produzioni, il giudice non avrebbe potuto ignorare la richiesta di acquisizione del fascicolo relativo al procedimento in cui si sarebbe verificata la violazione del termine ragionevole previsto dall’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

2.3 – Le suindicate censure, in relazione alle quali risultano correttamente formulati i relativi quesiti di diritto, possono essere congiuntamente esaminate in considerazione della loro connessione.

Esse sono fondate.

Vale bene richiamare il principio, ormai consolidato, secondo cui nel procedimento previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale, data della definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi), e non anche alla produzione degli atti posti in essere nel processo presupposto (Cass., n. 16836 del 2010; Cass., nn. 20403 e 17249 del 2006, Cass., n. 21093 del 2005; Cass., nn. 19084 e 7258 del 2004).

Nel caso in esame, per altro, risulta dalla stessa decisione impugnata che a tale onere di allegazione si era associata la produzione di copia dei verbali del processo presupposto e della comparsa di intervento della L.: la necessità di produzione di copia autentica di tali atti e di una certificazione rilasciata dalla cancelleria del giudice del procedimento presupposto confligge, da un lato, con la previsione contenuta nell’art. 2719 c.c., con riferimento all’efficacia delle copie fotografiche non disconosciute, e, dall’altro, con il richiamato indirizzo giurisprudenziale.

La Corte di appello, anche in virtù del principio contenuto nell’art. 738 c.p.c., u.c., e, in ogni caso, per effetto della disposizione contenuta nella L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, non avrebbe potuto tener conto delle rilevate carenze probatorie, senza giustificare con congrua motivazione, a fronte di una formale richiesta di acquisizione del fascicolo del procedimento presupposto, il mancato esercizio del relativo potere di iniziativa, tale da consentirne il superamento (Cass., 21 settembre 2005, n. 18603).

3 – All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione del decreto impugnato con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che applicherà i principi sopra enunciati, provvedendo altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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