Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-04-2011, n. 9379 Consulenza tecnica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con atto di citazione notificato in data 16 settembre 1992 la S.p.a. Nicola Sacco e Figli in liquidazione conveniva davanti al Tribunale di Lucera il Comune di tale località, chiedendo la restituzione di un’area già occupata dall’ente pubblico e il risarcimento del danno. Veniva dedotto, in particolare, che il decreto di occupazione era stato annullato in sede amministrativa e che il Comune aveva raso al suolo il manufatto che insisteva sul terreno, dando inizio alla realizzazione di un parcheggio pubblico e di un mercato coperto.

1.1 – Si costituiva il Comune di Lucera, eccependo la prescrizione dell’obbligazione risarcitoria e l’inammissibilità della domanda di restituzione del bene, essendo intervenuta la sua irreversibile trasformazione. Veniva altresì richiesta la sospensione della causa in attesa della definizione definitiva relativa al giudizio pendente in sede amministrativa, che in effetti interveniva nelle more del procedimento, a seguito di sentenza del Consiglio di Stato di estinzione del giudizio relativo all’impugnazione della sentenza del TAR della Puglia che aveva annullato la delibera di riapprovazione del progetto e di dichiarazione di pubblica utilità delle opere, nonchè il decreto di occupazione di urgenza.

1.2 – Il Tribunale di Lucera, espletata consulenza tecnica d’ufficio, rigettava la domanda di restituzione del bene, liquidando il danno in Euro 924.534,00, oltre rivalutazione ed interessi legali, e compensando le spese processuali.

1.3 – La Corte di appello di Bari, con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciando sugli appelli proposti in via principale dalla S.p.a. Nicola Sacco e figli (che aveva riproposto la domanda di restituzione del bene ed aveva denunciato l’incongruità per difetto della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno), nonchè, in via incidentale, dal Comune di Lucera (che aveva ribadito l’eccezione di prescrizione dell’obbligazione risarcitoria, contestando l’addebito parziale delle spese della consulenza tecnica d’ufficio,, di cui aveva anche chiesto la rinnovazione), così provvedeva:

a) – condannava l’ente territoriale alla restituzione del bene, ritenendo che si versasse in ipotesi di occupazione usurpativa;

b) – rigettava l’impugnazione proposta in via incidentale;

c) – rideterminava l’ammontare della somma liquidata per il risarcimento del danno in Euro 5.000.000,00 di cui Euro 2.000.000 per danno emergente, Euro 708.000,00 per costi di bonifica e la differenza, determinata equitativemente, per lucro cessante:

A tali conclusioni si perveniva all’esito di una parziale rivalutazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata nel primo grado del giudizio, e disattesa dal Tribunale, che l’aveva ritenuta incongrua, privilegiando le valutazioni operate dal consulente tecnico del Comune.

In particolare, quanto al danno correlato al mancato utilizzo del bene occupato, pur dandosi atto che si trattava di un complesso industriale – costituito da un mulino e da un pastificio – gravemente danneggiato da un incendio verificatosi nell’anno 1968, e rimasto inutilizzato fino al 30 settembre 1977, data in cui si era verificata l’occupazione, si osservava, da un lato, che una parte dei locali era rimastra indenne dall’azione demolitrice delle fiamme, e, dall’altro, che sussistevano concrete possibilità di utilizzo dell’area, collocata nel tessuto urbano della città. Le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, in quanto fondate sui risultati medi di esercizio relativi al settore molini e pastifici elaborati da un centro studi bancario, venivano tuttavia parzialmente disattese (con conseguente liquidazione, in via equitativa, nella misura indicata), in considerazione dell’assenza di qualsiasi attività intesa all’utilizzo del bene, nel lungo periodo compreso fra il danneggiamento e l’occupazione illegittima dell’area, da parte della società proprietaria.

Quanto al danno emergente – relativo alla stima dei macchinar e dei fabbricati demoliti – nonchè al costo di bonifica del suolo, la corte territoriale aderiva del tutto, ritenendole congrue, alle valu- tazioni del consulente tecnico d’ufficio.

1.4 – Per la cassazione di tale decisione il Comune di Lucere propone ricorso, deducendo undici motivi. Resiste con controricorso la S.p.a.

Nicola Sacco e figli, in liquidazione.

Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

2. Si impone, in via preliminare, l’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla società controricorrente in relazione sia alla intempestività del ricorso, sìa agli adempimenti richiesti dall’art. 360 c.p.c., n. 6, sia, infine, al mancato rispetto, nella formulazione dei motivi, delle prescrizioni contenute nell’art. 366 bis c.p.c..

2.1 – Deve innanzitutto rilevarsi l’ammissibilità del ricorso, con riferimento al rispetto del termine previsto dall’art. 325 c.p.c., in quanto la sentenza impugnata, come si apprezza dalla relazione all’uopo effettuata dall’ufficiale giudiziario, venne notificata in data 8 giugno 2006 (e non il 5 giugno 2006, come sostenuto dalla controricorrente), ragion per cui la notifica del ricorso in data 21 settembre 2006, tenuto conto del periodo di sospensione feriale dei termini processuali, venne tempestivamente effettuata.

2.2 – Del pari infondata è l’eccezione relativa all’inammissibilità del ricorso, in virtù della violazione della prescrizione contenuta nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, con particolare riferimento alla "indicazione della domanda proposta in causa e delle ragioni addotte per sollecitarne l’accoglimento".

Il ricorso, invero, contiene, già nella premessa, una congrua ricostruzione della vicenda processuale, nonchè una precisa indicazione degli elementi necessari per individuare le ragioni poste a fondamento della richiesta di annullamento della sentenza impugnata e per valutarne la fondatezza: tale quadro si arricchisce dei particolareggiati richiami effettuati nell’ambito dell’illustrazione dei singoli motivi. Non si dubita, invero, che ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, per soddisfare il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, non è necessario che l’esposizione dei fatti costituisca una premessa autonoma e distinta, rispetto ai motivi di ricorso, nè occorre una narrativa analitica o particolareggiata, essendo sufficiente – nonchè indispensabile – che dal contesto del ricorso – cioè solo dalla lettura di tale atto, escluso l’esame di ogni altro documento, compresa la stessa sentenza impugnata – sia possibile desumere una conoscenza del fatto sostanziale e processuale sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia impugnata (Cass., 29 ottobre 2010, n. 22195; Cass., 28 febbraio 2006, n. 4403).

2.3 – La questione inerente al rispetto delle prescrizioni dettate dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, per essere stata la sentenza impugnata depositata in data 28 aprile 2006, ha dato luogo a un vivace confronto fra le parti, scaturito, da un lato, dalle incertezze riscontrate in sede di redazione del ricorso in assenza di quelle indicazioni dottrinali e, soprattutto, giurisprudenziali, che solo in seguito sarebbero state fornite, e, dall’altro, dal dibattito sulle conseguenze dell’ormai intervenuta abrogazione – per effetto della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47 – della suindicata norma.

2.3.1 – Quanto a quest’ultimo profilo, e con riferimento alle eccezioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente in relazione all’art. 366 bis c.p.c. e alla L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, mette conto di richiamare, per mera completezza di esposizione, le condivisibili pronunce emesse al riguardo da questa Corte sia in merito alla citata disposizione codicistica (Cass., 30 dicembre 2009, n. 27689), sia in relazione a detta norma transitoria (Cass., 12 ottobre 2010, n. 21079; Cass., 16 dicembre 2009, n. 26364).

2.4 – Deve, tuttavia, prescindersi dall’esame approfondito delle indicate questioni di ammissibilità, compresa quella, da ultimo sollevata, inerente alla violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, ad eccezione di quella concernente il decimo motivo di ricorso, il quale è assorbente rispetto alle rimanenti censure.

2.5 – Invero la statuizione inerente alla ricorrenza di un’ipotesi di occupazione usurpativa, con conseguente accoglimento della domanda della società Sacco di restituzione del bene illegittimamente occupato, non è più controversa fra le parti, ragion per cui le questioni residuali attengono alla determinazione del pregiudizio, sotto vari profili, del pregiudizio inerente al protrarsi dell’occupazione, sia sotto il profilo del danno emergente che del lucro cessante, anche con riferimento alla bonifica dell’area all’esito della demolizione di quanto realizzato durante l’occupazione. Tale accertamento risulta in primo grado effettuato sulla base delle indicazioni del consulente del Comune, essendosi disattese le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

La Corte di appello di Bari, immotivatamente disattendendo l’istanza, già formulata dal Comune e riproposta con impugnazione incidentale condizionata, di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, ha aderito, sia pure dimostrando di non condividerle del tutto (tanto da pervenire a una liquidazione equitativa del lucro cessante nella misura di Euro 2.292.000), alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado.

Appare pertanto evidente come il tema della rinnovazione delle indagini tecniche assuma una posizione centrale ed assorbente rispetto a tutte le questioni residuali sopra evidenziate, compresa l’iperbolica liquidazione equitativa del danno, alla quale la corte territoriale è pervenuta affermando che il riferimento operato dal consulente tecnico d’ufficio "appare scollegato dalla realtà concreta di utilizzo in cui l’opificio in realtà si era posto". 2.6 – Con il decimo motivo il Comune ricorrente, denunciando omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, censura l’assenza, nella decisione impugnata, di qualsiasi cenno all’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, riproposta con impugnazione incidentale e fondata su una pluralità di rilievi, articolati in base ai singoli quesiti sottoposti all’esperto.

Nella parte conclusiva dell’illustrazione di tale motivo, ovvero nella sede "specificamente e riassuntivamente destinata" (Cass., 10 aprile 2010, n. 85555), si rinviene, per altro, quel momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, richiesto dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, in relazione al vizio dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, contenente la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Si conclude, infatti, affermando: "L’evidente (più volte macroscopica) inattendibilità della consulenza tecnica d’ufficio avrebbe dovuto indurre la corte territoriale a dare seguito alla richiesta di rinnovazione della stessa avanzata dalla difesa del Comune. Al contrario, nè tale richiesta è stata assentita, nè è stata considerata, nulla affermandosi al riguardo nel l’impugnata sentenza. I fatti e le circostanze rese oggetto di consulenza tecnica d’ufficio, ove accertati con la dovuta obiettività e rispondenza al vero, avrebbero condotto a una decisione certamente diversa rispetto a quella emanata in presenza dei molteplici vizi che affettano la consulenza tecnica d’ufficio medesima. Di qui il denunziato vizio di difetto di motivazione sul fatto controverso (rinnovazione della CTU) e decisivo per il giudizio, in quanto, come si è detto, diverse, anzi opposte sarebbero le valutazioni in merito all’esistenza ed ammontare dei presunti danni". 2.6 – Il motivo è fondato.

Nella decisione impugnata non si rinviene alcuna motivazione, neppure implicita (dal momento che la consulenza tecnica d’ufficio viene, con riferimento a una aspetto di non secondaria importanza, ritenuta "scollegata dalla realtà", in merito al rigetto dell’istanza di rinnovazione delle indagini tecniche.

A tale riguardo il Collegio ritiene condivisibile l’orientamento di questa Corte, secondo cui il giudice, quando non aderisca alla richiesta di rinnovazione delle indagini tecniche, in ordine alla quale siano state specificate le ragioni, è tenuto a motivare sul punto (Cass., 2 agosto 2004, n. 14775).

Nel caso scrutinato, poi, un preciso obbligo motivazionale in merito all’istanza di rinnovazione delle indagini tecniche, che era stata formalmente riproposta dal Comune, deve rinvenirsi nella circostanza che il giudice del primo grado aveva disatteso la consulenza tecnica d’ufficio e che la stessa corte territoriale l’aveva solo in parte ritenuta congrua, ragion per cui appare evidente la decisività della questione controversa.

L’accoglimento del motivo in esame, comportante, come evidenziato, l’assorbimento degli altri mezzi, comporta la cassazione della decisione impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il decimo motivo di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *