Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 20-01-2011) 02-03-2011, n. 8398

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione A.A. avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari in data 24 febbraio 2010 con la quale è stata confermata quella di primo grado (emessa dal Gup nel 2007) affermativa della sua responsabilità in ordine ai reati di minacce, lesioni personali volontarie e sequestro di persona in danno della moglie C.G., fatti del (OMISSIS). La affermazione di responsabilità, in ordine al grave episodio di aggressione verificatosi ad opera del ricorrente ed in danno della C. rispetto alla quale era in corso la procedura di separazione, era stata effettuata sulla base delle dichiarazioni della persona offesa – sentita ai sensi dell’art. 210 c.p.p. -, di altre testimonianze e delle certificazioni mediche prodotte.

Deduce la violazione dell’art. 192 c.p.p. e il vizio di motivazione.

La Corte di merito si era limitata a ripetere, secondo il difensore, le argomentazioni del primo giudice, basandosi essenzialmente sulle accuse della persona offesa la quale avrebbe però dovuto destare la massima cautela, essendosi costituita parte civile ed avendo assunto il ruolo di persona indagata in procedimento connesso, dopo che lo stesso ricorrente la aveva denunciata per il reato di estorsione.

Il suo racconto appariva "vanificato" da quello degli altri testi ( W., sig. Cu., Ma.).

In secondo luogo la progressione degli eventi, come prospettata dalla difesa, evidenziava una chiara strumentante della querela della C. rispetto alle decisioni che la avevano colpita nella sede civile.

Infatti la udienza di separazione era stata tenuta il 19 aprile 2004 e la denuncia della C. era stata sporta il 13 maggio successivo.

Era accaduto, nelle more, che il 4 maggio il Tribunale Civile aveva depositato l’ordinanza contenente provvedimenti temporanei sfavorevoli alla persona offesa.

La Corte, nell’argomentare sul fatto che talune lettere al ricorrente erano state inviate dalla persona comunque prima del 4 maggio, aveva però trascurato di valutare che le accuse della C. erano comunque intrinsecamente inattendibili.

Essa infatti le aveva progressivamente "adattate" alle risultanze che si venivano acquisendo. Così la menzione della presenza dei testi W. e Ma. era il frutto di una versione fornita in tempi successivi.

Era stato trascurato anche il contenuto del certificato medico che evidenziava lesioni assolutamente lievi rispetto alla dinamica dei fatti descritta dalla denunciante.

Opportuna sarebbe stata la rinnovazione della istruttoria dibattimentale richiesta dalla difesa.

In data 4 gennaio 2011 è pervenuta una memoria della persona offesa costituita parte civile che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Il ricorso è inammissibile.

La parte lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ma nella sostanza gli argomenti dedotti puntano ad ottenere, da parte di questo giudice della legittimità, una inammissibile ed autonoma rivalutazione dei risultati di prova.

La sentenza impugnata appare viceversa sostenuta da una motivazione quanto mai ampia ed esauriente avendo dato conto minuziosamente e puntigliosamente di tutti i particolari in fatto e in diritto che avevano giustamente convinto anche il primo giudice a ritenere sussistenti le prove dei reati contestati. Proprio la cronologia degli eventi è uno dei punti nodali della motivazione esaminata con la necessaria cura per evidenziare, del tutto logicamente, come il presunto rapporto di strumentalità fra la denuncia e l’esito della causa civile di separazione non fosse affatto configurabile.

Anche la disamina sulla attendibilità intrinseca della persona offesa è sviluppata in modo adeguato e a tale compiuta analisi la parte oppone circostanze di tratto (presunti "aggiustamenti" delle versioni accusatorie) che, in quanto tali, la Corte di cassazione non può direttamente apprezzare.

E’ anzi appena il caso di ricordare che in tema di vizi della motivazione, il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (rv 215745).

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 1000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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