T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 28-02-2011, n. 1799 Indennità di buonuscita o di fine rapporto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Premette il sig. S. di essere ex dipendente Postelegrafonico, collocato a riposo in data 15.07.1992, e di avere riscosso l’indennità di buonuscita calcolata al netto, nella base contributiva, dell’indennità integrativa speciale; riferisce di avere, pertanto, inoltrato istanza in data 1°.2.1994 per ottenere l’inclusione nella base di calcolo dell’indennità di buonuscita anche dell’i.i.s.

Con il ricorso in epigrafe impugna il diniego espresso dall’Ipost, con la nota del 15.11.2000, e, ritenendo tale provvedimento illegittimo, deduce la lesione del diritto patrimoniale maturato, come evincibile dalla legge 29.1.1994, n. 87, avendo egli presentato formale istanza entro il termine del 30.9.1994, a nulla rilevando a tali fini la circostanza in fatto di non avere utilizzato l’apposito modulo.

Conclude il ricorrente chiedendo la declaratoria del diritto alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita comprensiva del computo dell’indennità integrativa speciale nella misura prevista dalla legge n. 87/1994, ivi compreso il riconoscimento del diritto alla corresponsione sulle maggiori somme così calcolate gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, come per legge, con decorrenza 1° gennaio 1996.

Si è costituito l’intimato Ipost, attraverso la difesa diretta, ai sensi dell’art. 417 bis, comma 1, c.p.c., da parte di proprio funzionario.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta a sentenza.
Motivi della decisione

In via preliminare, deve essere rilevata l’inammissibilità della costituzione in giudizio dell’intimato Istituto Postelegrafonici Gestione Commissariale Fondo Buonuscita, avvenuta ai sensi dell’art. 417, c.p.c.

Deve essere considerato, infatti, che la norma processuale di cui ha ritenuto di avvalersi l’Ipost non è applicabile anche al processo amministrativo, nell’ambito del quale le parti possono stare in giudizio personalmente, senza l’assistenza del difensore, solo se previsto dalla legge, e, in particolare, nell’ambito dei giudizi in materia di accesso, elettorale ed in quelli relativi al diritto dei cittadini dell’UE di libera circolazione e soggiorno nel territorio comunitario.

Peraltro, tale principio, già precedentemente vigente, è stato ora trasfuso nell’art. 23 del codice del processo amministrativo.

Con il ricorso in esame, il ricorrente introduce azione di accertamento al diritto ad ottenere la liquidazione dell’indennità di buonuscita, calcolata sulla base anche dell’indennità integrativa speciale, e di condanna alla liquidazione delle maggiori somme così calcolate, da maggiorarsi di interessi e rivalutazione.

Come noto, la Corte Costituzionale, con la sentenza 19.5.1993 n. 243, nel riconoscere l’incostituzionalità delle vigenti norme in materia, relativamente alla parte in cui non indicavano meccanismi di computo dell’indennità integrativa speciale nei trattamenti di fine rapporto, ha previsto il necessario intervento del Legislatore, allo scopo di introdurre nell’ordinamento tali meccanismi sulla base di scelte discrezionali dirette a realizzare i principi dalla stessa Corte indicati.

Con la legge 29.1.1994, n. 87, è stato dunque disciplinato, sulla scorta dei principi espressi dal giudice costituzionale, il computo dell’indennità integrativa speciale nella determinazione della buonuscita dei dipendenti pubblici; per i fini di interesse nella presente controversia, va rilevato che all’art. 3, comma 1, è stata dettata una disposizione di carattere transitorio in favore del personale già cessato dal servizio, individuando due categorie di dipendenti aventi titolo alla rideterminazione del trattamento di fine rapporto, ossia quelli cessati dal servizio dopo il 30.11.1984 e quelli per i quali fossero ancora giuridicamente pendenti i rapporti previdenziali.

Il Legislatore, dunque, ha tenuto conto, oltre che delle valutazioni attinenti alla spesa pubblica ed all’esigenza di agevolare la definizione di un vastissimo contenzioso, anche del decorso del tempo, ritenendo che solo i rapporti esauriti, riguardanti vicende risalenti nel tempo, non dovessero dare titolo al pagamento dell’ulteriore rateo, con salvezza, invece, di quelli ancora pendenti..

Peraltro, la medesima disposizione, al comma 2, per le categorie di personale ivi contemplate, ha imposto l’onere tassativo della presentazione, a pena di inammissibilità, di una domanda su apposito modello nel termine perentorio del 30.9.1994.

Nel caso di specie il ricorrente, collocato in quiescenza dopo la data sopra indicata, ha presentato la domanda in data 4 febbraio 1994, dunque tempestivamente, ma l’Amministrazione non gli ha riconosciuto il diritto in ragione della ritenuta non validità della stessa istanza, siccome presentata anteriormente alla data di pubblicazione della legge n. 87 del 1994 (avvenuta il 5.02.1994), ma riferita solo alla sentenza della Corte Costituzionale.

Ritiene il Collegio che non può essere ritenuta ostativa alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita a favore del dipendente la circostanza che questo non abbia presentato una nuova istanza su "apposito modello", secondo quanto prescritto dall’art. 3, comma 2, L. n. 87/1994, all’indomani della pubblicazione sulla G.U. della stessa normativa. L’esame delle norme recate con legge n. 87 non inducono a ritenere che l’uso della nuova modulistica sia previsto a pena di nullità, né viene specificato nulla in merito alle domande presentate antecedentemente, di talché non possono essere ritenute non valide, ma devono essere considerate ugualmente regolari ai sensi della precedente normativa vigente al momento in cui sono state effettuate.

Va dunque riconosciuto al ricorrente, in possesso dei requisiti previsti dalla legge per ottenere la rideterminazione dell’indennità di buonuscita, il diritto alla chiesta riliquidazione, con conseguente obbligo dell’Ipost di procedere al calcolo dell’indennità di buonuscita comprensiva della quota di indennità integrativa speciale, ed alla conseguente liquidazione al ricorrente medesimo della somma eccedente rispetto a quanto già liquidato.

Quanto, poi, agli accessori, pure chiesti dal ricorrente, da calcolarsi sulle somme ancora da liquidare, osserva il Collegio che a mente all’art. 2, comma 4, della legge n. 87/1994 le somme "dovute a titolo di prestazioni ai sensi della presente legge e quelle dovute per contributi a norma del presente articolo non danno luogo a corresponsione di interessi, né a rivalutazione monetaria".

Ritiene il Collegio che tale limitazione riguarda soltanto gli interessi e la rivalutazione eventualmente prodottisi, sulla quota riliquidata, antecedentemente alla legge n.87/1994 e alle date ivi indicate per lo scaglionamento delle corresponsioni, essendo, infatti, la citata legge successiva alla pronuncia n.243/1993 della sentenza Corte costituzionale, che aveva dichiarato incostituzionali, e dunque con potenziale effetto "ex tunc", quanto al momento genetico del diritto, le norme che non prevedevano meccanismi di computo dell’i.i.s. nei trattamenti di fine rapporto, per non essere rispettato il principio di sufficienza delle retribuzioni, anche differite, stabilito dall’art. 36 della Costituzione ed avendo, peraltro, affermato i giudici costituzionali che i meccanismi di computo dell’i.i.s. nei trattamenti di fine rapporto "saranno realizzati dal legislatore secondo scelte discrezionali…, determinando la misura, i modi e i tempi di detto computo, per rendere in concreto realizzabile il diritto medesimo" e che l’intervento del legislatore "deve avvenire con adeguata tempestività", pur nella difficoltà di reperimento e di destinazione delle risorse occorrenti a far fronte agli oneri finanziari che ne conseguono, nell’ambito dell’impostazione e della formulazione di scelte globali della politica di bilancio.

Il divieto di corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria, ex art. 2, comma 4, della legge n. 87/1994, perciò, come ribadito anche dal giudice di appello, non incide affatto sull’ipotesi di ritardo nei pagamenti delle quote, rispetto alle date espressamente e innovativamente stabilite dall’art. 3, ritardo al quale devono essere applicati i principi individuati in materia secondo cui il tardivo pagamento dei crediti previdenziali produce interessi, con rivalutazione monetaria, secondo i criteri di legge. (cfr. Cons di Stato, VI Sezione, 22 aprile 2008, n. 1830.)

Conclusivamente il ricorso è meritevole di positivo apprezzamento, e, pertanto, deve essere dichiarato il diritto del ricorrente alla riliquidazione dell’indennità di buonuscita, come calcolata tenendo conto anche dell’i.i.s; sulle maggiori somme così risultanti, e non corrisposte, vanno, altresì, computati gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, a far data da quella prevista dall’art. 3, comma 3, legge 87/1994 quale scadenza per la liquidazione in relazione alla data di avvenuto collocamento a riposo del ricorrente.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita, ed alla corresponsione delle somme a tale titolo ancora da erogarsi, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria giusta quanto specificato in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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