Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-01-2011) 02-03-2011, n. 8357

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 7-9-2007 il Tribunale di S. Maria C.V. dichiarava C.R. colpevole dei reati di resistenza e lesioni aggravate ascrittigli, riuniti sotto il vincolo della continuazione e, con la diminuente del rito, lo condannava alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, disponendo la confisca e distruzione dell’auto in sequestro.

Con sentenza in data 6-3-2008 la Corte di Appello di Napoli, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, riduceva la pena inflitta all’imputato a mesi otto di reclusione, col beneficio della sospensione condizionale, confermando nel resto la decisione di primo grado.

Il C. ha proposto personalmente ricorso per cassazione, dolendosi con un primo motivo della violazione dell’art. 240 c.p., artt. 579 e 597 c.p.p., in relazione al rigetto della richiesta di revoca della misura di sicurezza della confisca dell’auto in sequestro. Sostiene che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che la relativa istanza poteva essere avanzata solo dal proprietario.

Il proprietario del bene, estraneo al processo penale, infatti, non è legittimato a proporre impugnazione avverso il provvedimento applicativo della confisca. A norma dell’art. 240 c.p., comma 3, inoltre, la confisca facoltativa non opera se la cosa appartiene a persona estranea al reato.

Con un secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato contenimento della pena nei minimi edittali.
Motivi della decisione

1) Il primo motivo è infondato, avendo la Corte di Appello correttamente escluso la legittimazione dell’imputato a chiedere la revoca della confisca dell’auto in sequestro, di proprietà del padre, non vantando il ricorrente alcun diritto su tale bene.

La statuizione adottata, d’altro canto, non pregiudica affatto i diritti del proprietario, atteso che il provvedimento di confisca della cosa sequestrata fa stato solo nei confronti dei soggetti che hanno partecipato al procedimento di cognizione. L’irrevocabilità della sentenza con la quale sia stata disposta la confisca di una cosa, pertanto, non è di ostacolo a che un soggetto rimasto estraneo al procedimento penale conclusosi con detta sentenza, assumendo di essere titolare di diritti sulla cosa confiscata, ne chieda la restituzione con istanza rivolta al giudice dell’esecuzione, competente ai sensi dell’art. 676 c.p.p. (Cass. Sez. 1, 16-5-2000 n. 3596; Sez. 5, 11-7-2001 n. 34705; sez. 1, 9-3-2007 n. 18222).

2) Anche il secondo motivo d’impugnazione è privo di fondamento, in quanto la Corte di Appello, nel concedere all’imputato le attenuanti generiche per il suo stato di incensuratezza e nel mantenere ferma la pena base (anni uno e mesi sei di reclusione) fissata dal giudice di primo grado per il reato più grave di resistenza, ha implicitamente ritenuto la congruità di tale pena, peraltro determinata in misura non eccedente in maniera esorbitante il minimo edittale previsto dall’art. 337 c.p. (mesi sei di reclusione). La genericità della richiesta di un più mite trattamento sanzionatorio, formulata con i motivi di appello, non richiedeva una più specifica motivazione al riguardo, a fronte delle articolate argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado. Il Tribunale, infatti, ha dato ampio conto delle ragioni delle proprie determinazioni, spiegando, con motivazione esente da palesi vizi logici e rispettosa dei criteri di valutazione stabiliti dall’art. 133 c.p., di aver tenuto conto della gravità oggettiva del fatto (consistito in un ripetuto e violento inseguimento di circa 50 chilometri) e delle sue conseguenze lesive a persone e a cose, nonchè della negativa ed allarmante personalità dell’imputato, il quale, pur avendo subito il ritiro della patente, si metteva di notte alla guida del veicolo per recarsi ad acquistare droga, per di più in stato di alterazione alcolica e da stupefacenti.

3) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *