Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-01-2011) 02-03-2011, n. 8355

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe (17-10-2007) la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza in data 26-1-2005, con la quale il Tribunale di Lecce, Sezione Distaccata di Nardo, ha dichiarato D.G. colpevole del reato di calunnia (per avere, con denuncia presentata il 3-12-1999 ai Carabinieri di Nardo, incolpato falsamente P.D., pur sapendolo innocente, del possesso illecito di un assegno bancario di L. 10.000.000) e, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con la concessione dei doppi benefici di legge.

Il D. ha proposto ricorso per cassazione, eccependo con un primo motivo l’inutilizzabilità erga omnes della deposizione resa da P.A., ai sensi dell’art. 63 c.p.p., comma 2. Sostiene che il predetto teste, essendo uno dei possibili autori del reato di furto denunciato dall’imputato, avrebbe dovuto essere sentito con l’assistenza di un difensore e la formulazione degli avvertimenti di legge.

Con un secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla credibilità della persona offesa costituita parte civile, nonostante la negativa personalità del P., il quale non aveva avuto remore ad appropriarsi indebitamente dell’assegno in questione, di cui aveva il mero possesso, e le cui dichiarazioni hanno fatto addirittura emergere ipotesi di reità per il delitto di tentata estorsione.

Con lo stesso motivo il ricorrente segnala ulteriori carenze ed illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, denunciando altresì la mancata valutazione dell’elemento soggettivo del reato contestato e facendo presente che il delitto di calunnia non è configurabile nell’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di denuncia di un reato (furto) meno grave rispetto a quello effettivamente commesso (tentata estorsione).

Con memoria depositata il 10-1-2011 il difensore dell’imputato ha sollevato questione di illegittimità costituzionale della L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, per violazione dell’art. 117 Cost. e art. 7 della CEDU, proponendo in via subordinata istanza di rinvio dell’udienza in attesa della decisione della Corte Costituzionale sull’analoga questione pendente a seguito dell’ordinanza di rimessione della 2^ Sezione Penale della Corte di Cassazione del 27-5- 2010.
Motivi della decisione

1) L’eccezione di inutilizzabilità assoluta, ex art. 63 c.p.p., comma 2, della deposizione resa dal P., è inammissibile, in quanto manifestamente infondata.

Questa Corte si è più volte espressa nel senso che, in tema di prova dichiarativa, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali -e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato-, l’attribuibilità al dichiarante della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese (Cass. Sez. Un,. 25-2-2010 n. 15208; Sez. 6, 22-4- 2009 n. 23776; Sez. 2, 24-4-2007 n. 26258; Sez. 1, 6-2-2001 n. 16146; Sez. 6, 11-5-2000 n. 6605; Sez. 6, 20-5-1998 n. 7181). Quanto al tipo e alla consistenza degli elementi apprezzabili dal giudice al fine di verificare l’effettivo status del dichiarante, devono ritenersi rilevanti i soli indizi non equivoci di reità, sussistenti già prima dell’escussione del soggetto e conosciuti dall’autorità procedente (Sez. Un., 23-4-2009 n. 23868; Sez. 5, 15-5-2009 n. 24953;

Sez. Un, 22-2-2007 n. 21832; Sez. 2, 2-10-2008 n. 39380), dovendo la qualifica di persona imputata o indagata presentare i caratteri della concretezza e dell’attualità e non apparire meramente astratta o potenziale (cfr. Cass. sez. 6, n. 3444/1998; Cass. sez. 4, n. 4867/2004).

Nel caso in esame tali presupposti sono manifestamente insussistenti, in quanto dalla lettura delle sentenze di merito non si evince che, al momento in cui il P. ebbe a rendere le sue dichiarazioni, esistessero a suo carico oggettivi e precisi elementi indizianti di reato, noti all’autorità procedente. Nè elementi di simile portata sono stati posti in evidenza dal ricorrente, il quale si è limitato a dedurre che il P. era uno dei possibili autori del furto dell’assegno da lui denunciato, dimenticando che, per le ragioni esposte, l’originaria esistenza di gravi indizi di reità non può automaticamente farsi derivare dal solo fatto che il dichiarante risulti essere stato in qualche modo coinvolto in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla formulazione di addebiti penali a suo carico.

2) Anche gli altri motivi di ricorso sono inammissibili.

Le censure di omessa motivazione in ordine all’attendibilità della persona offesa ed alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di calunnia sono manifestamente infondate, trattandosi di questioni che non erano state dedotte specificamente con i motivi di appello e sulle quali, pertanto, il giudice del gravame non era tenuto a motivare.

Le ulteriori deduzioni svolte dal ricorrente si fondano su una ricostruzione fattuale della vicenda diversa da quella posta a base della decisione impugnata e mirano, pertanto, ad ottenere una rilettura degli atti ed una rinnovata valutazione delle risultanze processuali, esulanti dai poteri di cognizione riservati a questa Corte.

3) L’eccezione di costituzionalità sollevata con la memoria depositata il 10-1-2011 difetta di rilevanza ai fini della presente decisione, in quanto il suo eventuale accoglimento da parte della Corte Costituzionale risulterebbe esclusivamente strumentale al riconoscimento nel giudizio di legittimità dell’avvenuta prescrizione del reato, che non sarebbe rilevabile per l’inammissibilità del ricorso (Cass. Sez. 6, 15-10-2009 n. 46510).

Come è stato puntualizzato da questa Corte, infatti, l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta nè rilevata da quel giudice (Cass. Sez. Un. 22-3-2005 n. 23428; Sez. 1, 4-6-2008 n. 24688; Sez. 3, 8-10-2009 n. 42839).

4) Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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