Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8043

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 27 gennaio 2010 la Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata da B. S., volta ad ottenere la rideterminazione della pena ex art. 657 c.p.p., tenendo conto nel computo del periodo di custodia cautelare sofferta dal 3 luglio 1998 al 28 febbraio 2001, osservando che dalle sentenze di merito acquisite emergeva che la condotta di partecipazione all’associazione per delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.), caratterizzata da un significativo apporto causalmente rilevante, si era protratta in epoca successiva al 3 luglio 1998. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, B., il quale, anche mediante una memoria difensiva, lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, atteso che, in presenza di una contestazione "aperta" in relazione al reato associativo ex art. 416 bis c.p., la permanenza della condotta non poteva farsi coincidere con la sentenza di primo grado, secondo un criterio squisitamente processuale.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Il limite temporale posto all’attuazione del criterio di fungibilità acquista una duplice valenza, qualora il computo riguardi la carcerazione sofferta per un altro reato; in tal caso, il reato per il quale occorre determinare la pena da eseguire deve risultare anteriore alla carcerazione da detrarre. Il computo della custodia cautelare sofferta per altro reato – ovverossia in altro procedimento – non è subordinata ad altra condizione se non a quella contenuta nel quarto comma, e cioè la posteriorità di essa rispetto al reato per cui è stata inflitta la condanna definitiva da eseguire.

2. Tanto premesso il provvedimento impugnato è esente dai vizi denunciati, in quanto, con ampio e motivato riferimento alle considerazioni svolte dal giudice di merito, ha ricostruito la cessazione della condotta delittuosa sulla base del materiale probatorio acquisito, evidenziando la perdurante operatività del clan camorristico volto a fornire aiuto agli associati pur dopo l’inizio della loro detenzione, e rifiutando, quindi, qualsiasi presunzione squisitamente processuale, quale la data di pronuncia della sentenza di primo grado.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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