T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 28-02-2011, n. 1769 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente riferisce che pur avendo espletato tutto l’iter istruttorio ed ottenuto i pareri positivi da parte della AUSL di Latina (cfr. doc. 36), la Regione Lazio non ha deliberato alcun provvedimento autorizzatorio definitivo, pur a ciò sollecitata con varie istanze.

La Società iniziava l’attività, certa di aver conseguito l’autorizzazione dovuta in ragione della comunicazione di inizio di attività dell’Ambulatorio Odontoiatrico e del silenzio serbato dalla Regione.

A seguito di un sopralluogo effettuato dall’Ufficio Ispettivo dell’Azienda USL di Latina in data 28 maggio 2008 veniva elevato, a carico della Società, verbale di contravvenzione n. 1/2009, con cui era accertata la violazione dell’art. 4, co. 1, lett. a) della L.R. n. 4 del 2003, per aver esercitato attività sanitarie diverse da quelle autorizzate, tra cui l’ambulatorio Odontoiatrico.

Nel frattempo, la ricorrente avanzava anche domanda per l’attivazione di un "Nucleo Alzheimer" da svilupparsi pressa la Casa di cura, allegando il parere positivo rilasciato dall’Azienda USL di Latina.

La Regione, tuttavia, rimaneva silente, sicché con comunicazione 27.2.2004, la ricorrente reiterava la richiesta con istanze del 16.6.2005 e 7.3.2006. Sono seguite ulteriori richieste e solo in data 10.6.2009 la Regione Lazio dava riscontro, invitando l’Azienda USL di Latina a completare l’iter istruttorio.

Alla luce dell’esito positivo delle verifiche ispettive, la ricorrente inoltrava ulteriore richiesta di autorizzazione per l’ampliamento e, quindi, per l’apertura della struttura e ridistribuzione interna di Servizi Amministrativi e Sanitari, chiedendo, nel contempo, di essere autorizzata ad aprire i nuovi reparti in relazione ai quali era stata fatta istanza nel corso degli anni.

Con nota prot. 2448/A001\/2009 del 25.1.2010 l’Azienda USL di Latina confermava il completamento dell’iter istruttorio.

Alla luce dei pareri favorevoli espressi dall’Azienda USL di Latina, con nota del 23 marzo 2010 la Regione Lazio esprimeva "parere favorevole, nelle more dell’adozione del provvedimento formale di integrazione dell’autorizzazione, alla ridistribuzione delle attività sanitarie ed amministrative – ivi comprese quelle di Hospice", rinviando la valutazione della richiesta di ampliamento a quanto previsto dalla normativa vigente. Sicché non rilasciava l’autorizzazione definitiva, non rispettando, peraltro, neanche la L.R. n. 64 del 1987, che prevede l’emanazione del provvedimento entro 180 giorni dalla data di ricevimento della domanda.

Non avendo la Regione Lazio a tutt’oggi provveduto, neanche a seguito della diffida inviata il 10 giugno 2010, la ricorrente, con atto notificato il 13 ottobre 2010, ha adito questo Tribunale, deducendo:

violazione dell’art. 2, commi 1 e 4, e dell’art. 2, comma 3, della legge n. 241 del 1990; dell’art. 4, comma 4, della L.R. n. 64 del 1987; dell’art. 10, comma 1, del Regolamento della Regione Lazio 26 gennaio 2007, n. 2.

La Regione Lazio si è costituita in giudizio, chiedendo che il ricorso venga respinto.

In proposito osserva il Collegio che nella specie è necessario richiamare il principio più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo cui l’obbligo di provvedere sussiste non solo in tutti i casi in cui il diritto di iniziativa procedimentale sia accordato da espresse disposizioni di legge, ma anche allorquando l’interessato sia, più in generale, titolare di un interesse differenziato e qualificato ad un bene della vita per il cui conseguimento si renda indispensabile l’esercizio del potere amministrativo.

La Società ricorrente è titolare di una posizione qualificata, in quanto nella qualità di proprietaria della struttura sanitaria autorizzata, è legittimata ad avanzare istanze per ampliare la struttura stessa; sicché, a fronte di un procedimento iniziato su istanza di parte, sussiste l’obbligo di concludere il procedimento medesimo con una pronuncia esplicita.

Come noto, recita l’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 che "Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso".

Dal dato letterale della disposizione emerge che l’interessato può proporre ricorso – entro un anno dal compiuto inadempimento e senza più bisogno di previa diffida – ai sensi dell’art. 117 cod. proc. amm. al fine di ottenere la condanna dell’Amministrazione a provvedere.

Nel caso in esame tutte le condizioni richieste sussistono, poiché vi è la pendenza di un procedimento amministrativo, avente ad oggetto le varie richieste, formulate dall’interessata, volte ad ottenere le autorizzazioni necessarie per ampliare la struttura, non ancora concluso.

Tale obbligo non risulta essere stato adempiuto, posto che la ricorrente non ha ricevuto alcun atto formale assunto dalla Regione Lazio.

Può conclusivamente affermarsi che esiste il dovere di concludere il procedimento con atto espresso e motivato (a prescindere dal contenuto dello stesso) da parte della Regione Lazio intimata, in quanto il provvedimento richiesto è espressamente previsto dalla normativa di settore, onde l’Amministrazione, previa verifica della sussistenza dei presupposti di legge, deve pronunciarsi sulla domanda del privato con esplicita determinazione.

Trattandosi, poi, di attività che richiede l’accertamento di specifici elementi ai fini di una valutazione favorevole dell’istanza, l’ordine di questo Tribunale, conseguente all’accoglimento del ricorso, va limitato al mero esercizio dell’attività provvedimentale, non essendovi spazio, in questa sede, per la pretesa sostanziale vantata. Quest’ultima è, invero, rimessa al momento successivo (ed eventuale) della impugnativa del provvedimento espresso, ove non satisfattivo degli interessi di cui la ricorrente è titolare.

Può concludersi, riconoscendo la sussistenza di tutti i presupposti per ritenere accertato il silenzioinadempimento e per ordinare alla Regione Lazio di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione ovvero dalla notifica della presente decisione.

Per quanto precede, il ricorso deve essere accolto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara il diritto della Società ricorrente ad ottenere un provvedimento espresso sulle istanze presentate ed ordina alla Regione Lazio, in persona del legale rappresentante protempore, di provvedere a quanto richiesto entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notifica della presente sentenza.

Condanna la Regione Lazio al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, che si liquidano in Euro 2.000,00 (duemila/00)

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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