Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8042

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 13 aprile 2010 il Tribunale di sorveglianza di Firenze rigettava il reclamo proposto da B.P. avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Livorno del 12 marzo 2010 che, limitatamente ai semestri compresi tra il 25 gennaio 2005 e il 25 gennaio 2007, aveva respinto la domanda di liberazione anticipata, osservando che il detenuto era stato condannato per associazione di stampo mafioso commessa sino al 15 novembre 2006, così dimostrando la mancata partecipazione all’opera rieducativa.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente B., il quale lamenta carenza della motivazione, avendo il Tribunale di sorveglianza omesso di esplicitare le concrete circostanze di fatto ostative alla concessione del beneficio richiesto.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

Esso impone una duplice premessa metodologica.

1. Ai fini della liberazione anticipata, occorre avere riguardo, da un lato, alla corretta condotta carceraria e, dall’altro, ai risultati del trattamento individuale.

Con riguardo al primo profilo occorre sottolineare che il regolare comportamento del detenuto nell’istituto penitenziario non è elemento di per sè sufficiente e valutabile, in assoluto, quale sicuro indice di partecipazione all’opera di rieducazione. Si deve, infatti, accordare valore preferenziale al secondo dei parametri in precedenza indicati, ossia ai risultati dell’obbligatorio trattamento individuale che, comportando un’approfondita osservazione della personalità, è maggiormente in grado di far emergere l’evolversi della personalità del soggetto verso modelli di vita socialmente adeguati. Qualora, però, il trattamento individuale sia mancato e non risulti il rifiuto del detenuto di sottoporvisi o di sottrarsi, comunque, ad altre iniziative di recupero, è del tutto logico utilizzare altri elementi di giudizio, tra i quali va attribuita primaria rilevanza al comportamento all’interno dell’istituto penitenziario, nel quale ordinariamente si riflettono le tendenze positive o negative del recluso, che può e deve, pertanto, costituire una prima base di valutazione, eventualmente integrata da elementi ulteriori, se disponibili. (Sez. 1, 19.7.1993, n. 02567, ric. Scozzaro, riv. 195663; Sez. 1, 19.7.2001, n. 29352, ric. Carbonaro, riv. 219478).

2. Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un. 28 maggio 2003, rie. Pellegrino, rv. 224611; Sez. 1, 9 novembre 2004, ric. Santapaola, rv. 230203).

3. L’ordinanza impugnata è esente dai vizi denunciati, in quanto con iter argomentativo compiutamente sviluppato e privo di vizi nell’applicazione della legge penale, ha correttamente fondato la propria decisione sulla circostanza, desumibile dalla decisione del giudice di merito, che B. è stato condannato per associazione di stampo mafioso commessa in parte anche durante il periodo di detenzione in carcere, con ciò indiscutibilmente rivelando l’omessa partecipazione all’opera rieducativa.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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