Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8039 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 25.1.2010 la Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, respingeva l’istanza avanzata da V. R., volta ad ottenere: a) l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p., tenuto conto dello stato di tossicodipendcnza del condannato, tra la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma in data 11.2.2002, irrevocabile il 13.6.2003, e la sentenza emessa dalla medesima Corte di appello il 14.6.2002, irrevocabile il 24.11.2003; b) la specificazione della pena inflitta con la seconda sentenza per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80.

Sul riconoscimento della continuazione la Corte territoriale evidenziava che "dalle certificazioni prodotte dai difensore non risulta che lo stato di tossicodipendenza dell’imputato fosse già presente nel giugno 1993, epoca della commissione del reato di cui alla prima sentenza".

Quanto alla seconda richiesta, ad avviso detta Corte non sussiste alcun interesse del condannato all’individuazione della pena base, tenuto conto che con la sentenza della Corte di appello di Roma, in data 14.6.2002, al V. veniva applicata la pena concordata tra le parti di anni sei e mesi sei di reclusione ed Euro 25.000 di multa in relazione a due violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 entrambe aggravate ai sensi dell’art. 80. 2. Avverso la citata ordinanza ha proposto ricorso, personalmente, il V. il quale lamenta sostanzialmente l’erronea applicazione della legge penale vizio della motivazioni con riferimento all’art. 671 c.p.p., comma 1, deducendo che il giudice dell’esecuzione non ha valutato in modo adeguato lo stato di tossicodipendenza, l’omogeneità delle condotte delittuose e la prossimità temporale delle stesse. Inoltre, lamenta la mancata individuazione della entità della pena relativa al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 non aggravatoci fini della determinazione del quantum di pena già espiata per il reato ostativo alla concessione di futuri benefici nella fase esecutiva.
Motivi della decisione

1. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Indipendentemente dalla circostanza che la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma del 14.6.2002 si riferisca alla condanna per due violazioni di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 aggravati ai sensi dell’art. 80, secondo l’interpretazione constante di questa Corte l’istanza volta alla specificazione delle singole pene è ammissibile ove sia concretamente volta ad ottenere – come rappresentato dal ricorrente uno o più benefici consentiti dell’ordinamento penitenziario, ma rientra nella competenza della magistratura di sorveglianza, cui spetta valutare i termini di concedibili di tali benefici (Sez. 1, n. 38333, 02/10/2008, Riina, rv. 241311; Sez. 1, n. 41340, 15/10/2009, De Lido, rv. 245075).

2. E’, invece, fondato il primo motivo di ricorso.

L’art. 671 c.p.p. attribuisce al giudice il potere di applicare in executivis l’istituto della continuazione e di rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati con sentenze irrevocabili secondo i criteri dettati dall’art. 81 c.p.. Peraltro, la possibilità di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto alla sede di cognizione, stante il carattere più completo dell’accertamento e la mancanza dei limiti imposti dall’art. 671 c.p.p..

Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo ed eventualmente la circostanza che i reati siano stati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza.

Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p. la cognizione del giudice dell’esecuzione del dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna conseguite alle azioni od omissioni che si assumo essere in continuazione. Le sentenze devono essere poste a raffronto per ogni utile disamina, tenendo presenti le ragioni enunciate dall’istante e fornendo del tutto esauriente valutazione. La decisione del giudice di merito, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 5, 7.5.1992, n. 1060, Di Camillo, riv. 189980; Sez. 1, 7.7.1994, n. 2229, Caterine riv. 198420; Sez. 1, 30.1.1995, n. 5518, Montagna, riv. 200212).

Tanto premesso, il provvedimento impugnato non può ritenersi conforme ai suddetti principi, in quanto la Corte territoriale si è limitata a ritenere escluso, alla luce della documentazione prodotta, lo stato di tossicodipendenza del condannato all’epoca della commissione del reato accertato nel 1993. Ha omesso, invece, qualsivoglia valutazione in ordine ai presupposti necessari ai fini dell’applicazione dell’istituto di cui all’art. 671 c.p.p.: la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo.

3. Conseguentemente, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di appello di Roma.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *