Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8038 Esecuzione di pene detentive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 23 febbraio 2010 il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Manfredonia, dichiarava la temporanea inefficacia dell’ordine di esecuzione, emesso il 7 gennaio 2010 dal Procuratore della Repubblica di Foggia nei confronti di S.A.M., osservando che l’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. c), subordina il divieto di sospensione dell’esecuzione della pena non alla "qualità" di recidivo, ma alla circostanza che la recidiva reiterata sia stata applicata. Nel caso di specie la recidiva non risultava concretamente applicata, in quanto ritenuta equivalente alle circostanze attenuanti generiche.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Foggia, il quale lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. c), in relazione all’art. 99 c.p., comma 4, in quanto anche il giudizio di equivalenza della recidiva con circostanze attenuanti comporta l’applicazione della recidiva stessa.

3. Con memoria difensiva del 22 novembre 2010 la difesa di S. M.A. rappresentava, con specifici riferimenti alla posizione processuale del suo assistito, che lo stesso aveva interamente scontato la propria condanna e non doveva essere sottoposto ad alcuna misura restrittiva o alternativa.
Motivi della decisione

Il ricorso del Procuratore della Repubblica di Foggia è fondato.

1. Ai fini dell’esatta interpretazione dell’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. c), così come modificato dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 9, con particolare riguardo al concetto di "applicazione" della recidiva, occorre evidenziare che una circostanza aggravante deve essere ritenuta, oltre che riconosciuta, come applicata non solo quando esplica il suo effetto tipico di aggravamento della pena, ma anche quando produca, nel bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti di cui all’art. 69 c.p., un altro degli effetti che le sono propri, cioè quello di paralizzare un’attenuante, impedendo a questa di svolgere la sua funzione di concreto alleviamento della pena da irrogare.

Al contrario, l’aggravante non è da ritenere applicata allorquando, verificata la configurabilità delle circostanze fattuali dalla medesima descritte, essa non manifesti concretamente alcuno degli effetti che le sono propri, a causa della prevalenza attribuita all’attenuante, che non si limita a paralizzarla, ma prevale su di essa, in modo che, sul piano dell’effettività sanzionatoria, l’aggravante risulta tamquam non esset (Sez. Un. 18 giugno 1991, n. 17; Sez. 1, 21 maggio 1992, n. 2303, n. 2303; Sez. 1, 14 ottobre 2008, n. 43019, nonchè Sez. 1, 26 giugno 1993, n. 1294, tutte relative a fattispecie concernenti l’applicabilità dell’indulto).

2. Alla luce di questi principi il provvedimento impugnato si fonda su un’erronea interpretazione della legge penale, laddove ha ritenuto che il giudizio di equivalenza tra la recidiva e le circostanze attenuanti generiche non abbia determinato un’applicazione della recidiva stessa e che, quindi, non sussistessero le condizioni in astratto stabilite dall’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. c).

S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con conseguente comunicazione al Procuratore della Repubblica di Foggia per quanto di sua competenza.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Foggia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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