Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8037 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 23.11.2009 la Corte di Appello di Venezia, in funzione di giudice dell’esecuzione, sulla richiesta del Procuratore Generale presso la suddetta Corte, revocava il beneficio dell’Indulto concesso ad A.G. con le sentenze emesse il 18.4.1991 dalla Corte di appello di Bologna ed il 13.5.1994 dalla Corte di appello di Catania; revocava, altresì, sei sentenze di condanna per abolitio criminis ed applicava, infine, l’indulto ai sensi della L. n. 241 del 2006 sulla pena residua da espiare.

Con la medesima ordinanza la Corte territoriale respingeva la richiesta, avanzata nell’interesse dell’ A., volta ad ottenere Il riconoscimento della continuazione tra i reati di cui alla sentenza emessa dalla Corte di appello di Catania in data 13.5.1994 (anni quattro e mesi sei di reclusione, oltre la multa, per violazioni in materia di stupefacenti commessi tra il (OMISSIS)), quello di cui alla sentenza della Corte di appello di Bologna in data 21.3.1997 (mesi sei di reclusione per il reato di emissione di assegni a vuoto), quello di cui alla sentenza della Corte di appello di Venezia del 21.2.2008 (anni tre di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta).

In specie, la Corte rilevava l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della continuazione tra le violazioni in materia di stupefacenti ed il reato di bancarotta fraudolenta, sia avuto riguardo alla natura dei reati, sia in considerazione dell’epoca dei fatti.

Quanto alla condanna alla pena di mesi sei di reclusione inflitta con la sentenza della Corte di appello di Bologna del 21.3.1997 per il reato di emissione di assegni a vuoto, la Corte evidenziava che la stessa era stata revocata con ordinanza del Tribunale di Parma in data 13.2.2009, come rilevabile anche dal provvedimento di esecuzione di pene concorrenti.

2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’ A., a mezzo del difensore, denunciando l’erronea applicazione della legge e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento all’art. 81 cpv. c.p. e all’art. 671 c.p.p., avuto riguardo alla mancata valutazione nel merito per il riconoscimento della continuazione tra i reati di cui alla sentenza della Corte di appello di Bologna del 21.3.1997 (emissione di assegni a vuoto) e quelli di cui alla sentenza dalla Corte di appello di Catania in data 13.5.1994, ovvero, quello di cui alla sentenza della Corte di appello di Venezia del 21.2.2008.

Avendo l’ A. interamente espiato la condanna di mesi sei di reclusione inflitta con la sentenza della Corte di appello di Bologna del 21.3.1997, benchè detta condanna sia stata successivamente revocata, vi è tuttora interesse del condannato al riconoscimento della continuazione con le altre condanne che comporterebbe – imputando ad altra condanna la reclusione già scontata oltre i limiti risultanti dalla rideterminazione della pena per effetto dell’art. 671 c.p.p. – una riduzione della pena residua da espiare come determinata nel provvedimento di cumulo emesso dal pubblico ministero.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

Come si rileva in atti, la pena di mesi sei di reclusione inflitta con la condanna revocata con ordinanza del Tribunale di Parma in data 13.2.2009 è stata detratta per intero nel provvedimento di determinazione di pene concorrenti ed il periodo di presofferto di mesi quattro e giorni diciannove di reclusione è stato detratto in quanto riconosciuto in fungibilità ex art. 657 c.p.p.. Pertanto, sotto il profilo rilevato dal ricorrente della determinazione della pena residua da espiare non residua alcun effetto per il condannato.

Nè, all’evidenza, trattandosi di sentenza di condanna revocata può avere alcun rilievo nella specie il consolidato principio di diritto, richiamato dal ricorrente citando Cass. Sez. 1, n. 5097, 22/09/1999, D’Ambrosio (conforme a quello espresso, tra molte, Sez. 1, n. 4798, 16/11/1996, Fino; Sez. 1, n. 32276, 25/02/2003, Musacco; Sez. 1, n. 21396, 29/04/2003, Castelli; Sez. 1, n. 4692, 10/01/2007, Spataro;

Sez. 1, n. 24705, 14/05/2008, Minella) secondo cui l’intervento di una causa estintiva del reato o della pena non fa venir meno l’interesse dell’imputato alla rideterminazione delle pena secondo criteri a lui più favorevoli mediante la dichiarazione in sede esecutiva della continuazione tra le diverse condanne.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma ritenuta congrua di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende, non risultando assenza di colpa del ricorrente nella proposizione del ricorso (sentenza n. 186/2000 Corte Cost.).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *