Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8036

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 20 aprile 2010 la difesa di S.G. avanzava, nell’interesse di S.G., istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza pronunciata l’11 marzo 2004 dalla Corte d’assise d’appello di Catania, all’esito di processo celebrato nella sua contumacia. Allegava di essere venuto a conoscenza della predetta sentenza soltanto il 22 marzo 2010, in occasione dell’estradizione in Italia. Osservava, inoltre, che, nel mandato di arresto Europeo emesso nei suoi confronti, si dava esplicitamente atto del fatto che la decisione era stata emessa in absentia, che le notifiche era state fatte al difensore e che egli avrebbe potuto proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Occorre premettere che, in presenza di una richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di secondo grado avanzata direttamente alla Corte di cassazione, quest’ultima può, ai fini della decisione in ordine alla tempestività della domanda e alla verifica della sussistenza dei presupposti stabiliti dall’art. 175 c.p.p., comma 2, acquisire la documentazione necessaria che, pur se richiamata, non sia nè allegata al fascicolo nè all’istanza depositata dalla parte.

2. Nel caso di specie, dalla documentazione processuale acquisita risultano le seguenti circostanze.

S. presenziò all’udienza preliminare celebratasi l’1.3.2001 dinanzi al gip del Tribunale di Catania.

Il decreto di rinvio a giudizio venne notificato il 9 giugno 2001 a mani della moglie convivente.

Partecipò, libero, al processo di primo grado, conclusosi con sentenza di condanna dell’1 aprile 2002.

Il decreto di citazione per il giudizio d’appello venne ritualmente notificato alla moglie convivente.

Nel giudizio d’appello l’imputato, contumace, venne difeso dall’avv. Giuseppe Napoli, suo difensore di fiducia. Il processo venne definito con sentenza emessa l’11 marzo 2004 dalla Corte d’assise d’appello di Catania Il 9 febbraio 2005 S. inviò alla cancelleria della Prima Sezione Penale di questa Corte un fax con il quale, con specifico riferimento al ricorso n. 043774/04 avverso e all’udienza fissata dinanzi alla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione per il giorno 10 marzo 2005, nominava quali suoi difensori di fiducia gli avv.ti Giuseppe Napoli del foro di Catania e Armando Veneto del foro di Palmi.

Il frontespizio della sentenza pronunziata dalla Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione il 10 marzo 2005 da espressamente atto della presenza in udienza di entrambi i difensori di fiducia che formularono ritualmente le loro conclusioni, insistendo per l’accoglimento del ricorso proposto avverso la sentenza della Corte d’assise d’appello di Catania dell’11 marzo 2004.

Con ordinanza del 27 maggio 2010, la Corte d’assise d’appello di Catania rigettava un’analoga istanza presentata personalmente da S. e dichiarava non luogo a provvedere con riferimento a quella avanzata dai difensori di fiducia.

2. Sulla base di quanto sinora esposto, è possibile affermare che non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda di restituzione nel termine per impugnare la sentenza della Corte d’assise d’appello di Catania dell’11 marzo 2004.

Infatti l’imputato ha avuto effettiva conoscenza della vocatio in iudicium, della citazione per il processo di primo grado, cui ha presenziato, e di quella relativa al giudizio d’appello in cui, invece, non è comparso, ma è stato assistito tecnicamente da un difensore di fiducia che ha provveduto a proporre ricorso per cassazione e, quindi, ad assisterlo nella fase di legittimità insieme con altro legale cui S. aveva conferito mandato, come documentato dal fax da lui inviato il 9 febbraio 2005 alla Corte di Cassazione in cui l’imputato di definiva ricorrente avverso la sentenza della Corte d’assise d’appello di Catania dell’11 marzo 2004, dimostrando di avere piena contezza dell’esito del giudizio di secondo grado.

3. Il novellato art. 175 c.p.p. non ha inficiato la presunzione di conoscenza derivante dalla rituale notificazione dell’atto, limitandosi, infatti, ad escluderne la valenza assoluta e imponendo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto stesso e la consapevole rinuncia a comparire/impugnare (Sez. 1, 1 marzo 2006, n. 14265; Sez. 2, 21 febbraio 2006, n. 9104). Ne consegue che, fermo restando il valore legale delle notificazioni ritualmente effettuate in conformità con le disposizioni vigenti, è necessario, alla luce delle modifiche apportate all’art. 175 c.p.p., che il giudice espliciti le ragioni per le quali una notificazione validamente eseguita alla stregua del vigente sistema codificato debba ritenersi dimostrativa della effettiva conoscenza da parte dell’interessato. Il giudice, quindi, è chiamato a fornire compiuta, puntuale e logica motivazione in ordine alle circostanze dedotte dall’interessato, il quale alleghi di non avere avuto conoscenza dell’atto, e, qualora ritenga di disattenderle, ai motivi per i quali esse non meritano accoglimento (Sez. 1, 1 febbraio 2006, n. 18467).

Una conclusione del genere non confligge con i principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, la quale ha avuto modo di chiarire che tutti i sistemi conoscono presunzioni di fatto e presunzioni di diritto e che nella Convenzione non sussistono, in proposito, ostacoli di principio, ma è soltanto contemplato l’obbligo degli Stati contraenti di "non oltrepassare al riguardo una soglia ragionevole). La CEDU ha aggiunto che l’art. 6, comma 2, della Convenzione "non si disinteressa delle presunzioni di fatto o di diritto presenti nelle leggi penali" dei singoli ordinamenti e prescrive agli Stati "di contenere la presunzione entro limiti ragionevoli", tenendo presente, da un lato, la gravità della "posta in gioco" e, dall’altra, l’esigenza di garantire il diritto di difesa" (Cedu, sent. 7 ottobre 1988, ric. Salabiaku).

Alla luce di questi principi è possibile affermare che l’imputato ha avuto effettiva personale conoscenza del processo di primo e di secondo grado e della sentenza che ha concluso questo secondo grado di giudizio, in cui, come nel precedente, era assistito da un difensore di fiducia. Su quest’ultimo grava un preciso onere, in base alla normativa vigente e agli obblighi di deontologia professionale, di portare effettivamente a conoscenza dell’assistito tutti gli atti processuali che lo riguardano, anche se non domiciliatario del suo assistito, salva la possibilità di rivolgersi al giudice per comunicare che non intende più accettare le notificazioni, in situazioni in cui non può più assolvere tale compito. Costituisce preciso onere dell’imputato coltivare i rapporti con il proprio difensore di fiducia, onde mantenersi al corrente degli sviluppi del procedimento (Sez. 1, 6 aprile 2006, n. 16002; Sez. 1, 7 febbraio 2006, n. 8232; Sez. 1, 16 maggio 2006, n. 19127). Tutto ciò comporta che la notificazione presso il difensore di fiducia è del tutto equiparabile, ai fini della conoscenza effettiva dell’atto, alla notifica all’imputato personalmente (Sez. 1, 6 aprile 2006, n. 16002;

Sez. 1, 12 luglio 2006, n. 32678; Sez. 1, 7 febbraio 2006, n. 8232).

La citata equiparazione, lungi dal ridursi ad una mera fictio iuris, è ampiamente giustificata dalla natura e dalla sostanza del rapporto professionale che intercorre tra l’avvocato difensore nominato di fiducia dall’imputato e l’imputato stesso, il quale proprio nel momento in cui da il mandato al professionista con riguardo ad uno specifico procedimento, dimostra (o conferma) di essere effettivamente a conoscenza di tale procedimento, e ciò anche nel caso in cui egli risulti formalmente irreperibile all’autorità giudiziaria o, addirittura, sia dichiarato dalla stessa latitante (Sez. 1, 6 aprile 2006, n. 16002.; Sez. 1, 18 gennaio 2006, n. 3998).

Per tutte queste ragioni s’impone il rigetto della richiesta di restituzione nel termine per impugnare.
P.Q.M.

Rigetta la richiesta di restituzione nel termine per impugnare.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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