Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 02-03-2011, n. 8035 Sospensione condizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 3 marzo 2010 il gip del Tribunale di Pordenone, in funzione di giudice dell’esecuzione, revocava nei confronti di P.G. il beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso con sentenza del 12 novembre 2007 (irrevocabile il 28 dicembre 2007) – che aveva condannato P. alla pena di un anno di reclusione in relazione ai delitti di maltrattamento e altro – per effetto della sentenza pronunziata il 17 marzo 2009 (irrevocabile il 16 ottobre 2009) che, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., aveva applicato la pena di un anno di reclusione in relazione a plurime violazioni dell’art. 609- bis c.p., commesse nel (OMISSIS).

Rigettava, inoltre, la richiesta formulata dal pubblico ministero, volta ad ottenere la declaratoria di estinzione della pena per effetto dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006 in relazione alla sentenza del gip del Tribunale di Pordenone del 12 novembre 2007 (irrevocabile il 28 dicembre 2007), atteso che il reato di maltrattamenti è un reato abituale e che l’ultimo atto era stato posto in essere dopo il termine fissato dalla legge ai fini del riconoscimento del beneficio.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente P., il quale lamenta: a) violazione di legge in relazione all’omessa correzione del dispositivo della sentenza del gip del Tribunale di Pordenone del 12 novembre 2007 n. 269, contenente l’indicazione finale della pena di un anno e sei mesi di reclusione, mentre oggetto dell’accordo intervenuto fra le parti era stata quella di un anno e quattro mesi di reclusione, menzionata anche nel frontespizio della sentenza; b) erronea applicazione dell’art. 168 c.p., in quanto, detratti i periodi di presofferto, la pena complessiva da espiare risultava inferiore ai due anni di reclusione e non comportava, quindi, la revoca del beneficio in precedenza concesso; c) violazione di legge in relazione all’omessa applicazione dell’indulto alle condotte poste in essere in epoca antecedente al 2 maggio 2006.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. La prima doglianza è preclusa, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3, non avendo formato oggetto delle richieste originariamente formulate al giudice che, quindi, su di essa non ha avuto modo di pronunziarsi.

2. Patimenti all’evidenza priva di pregio è anche la seconda censura.

Ai fini della revoca di diritto della sospensione condizionale della pena al condannato che nei termini stabiliti commetta un delitto o una contravvenzione per cui venga inflitta una pena detentiva che, cumulata con quella precedentemente sospesa, supera il limite di due anni, occorre avere riguardo alla pena inflitta originariamente e non a quella residua da espiare.

Correttamente, pertanto, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha proceduto alla revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza del 12 novembre 2007 (irrevocabile il 28 dicembre 2007), che applicava la pena concordata fra le parti di un anno di reclusione per i delitti di maltrattamento e altro, in conseguenza della commissione nel (OMISSIS) e, quindi, nel quinquennio dalla condanna precedente, di plurime violazioni dell’art. 609 bis c.p., in relazione alle quali veniva inflitta la pena di un anno di reclusione (cfr. sentenza gip Tribunale Pordenone del 17 marzo 2009, passata in giudicato il 16 ottobre 2009).

3. Manifestamente infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso.

Il delitto di maltrattamenti in famiglia ( art. 572 c.p.) è un reato abituale, in quanto, ai fini della sua configurabilità, è necessario che i fatti che ledono o mettono in pericolo l’incolumità personale, la libertà, l’onore di una persona della famiglia siano l’espressione di una più ampia e unitaria condotta abituale, idonea a imporre un regime di vita vessatorio, mortificante o insostenibile (Sez. 6, 27 maggio 2003, n. 37019). Sulla base di tale premessa, l’ordinanza impugnata è, all’evidenza, esente dai vizi denunciati nella parte in cui, sottolineando la natura abituale del reato in esame, ha escluso l’applicabilità dell’indulto, atteso che la consumazione del reato era avvenuta oltre il termine di legge considerato per l’applicazione del beneficio.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento della somma di mille Euro alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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