Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-04-2011, n. 9481 Liquidazione delle spese

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 10/16.8.2005, il tribunale di Brindisi, in composizione monocratica, in parziale accoglimento del ricorso proposto dall’avv. V.A. avverso la liquidazione dei compensi, posti a carico dell’aggiudicatario, spettanti al notaio C.A.A., in ragione dell’opera da questi prestata nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare conclusasi con l’aggiudicazione al V. di un immobile posto all’incanto, riduceva l’importo dei diritti dovuti ex art. 30 della tariffa notarile ed escludeva che i diritti scaturenti dall’art. 34 della stessa tariffa fossero da porre a carico dell’aggiudicatario, rideterminando il compenso spettante al notaio stesso.

Rilevava il giudicante che, con riferimento ai diritti di cui al citato art. 30 l’attività del notaio non poteva essere considerata particolarmente complessa, donde la determinazione degli stessi in misura vicina ai minimi tariffari, mentre i diritti spettanti ex art. 34 non potevano essere posti a carico dell’aggiudicatario, in quanto a tale riguardo il notaio opera quale ausiliario del giudice e la sua opera ha rilevanza pubblicistica.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, ex art. 111 Cost., sulla base di due motivi, il C.; resiste con controricorso il V.. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione

Va preliminarmente rilevato che il D.P.R. 39 maggio 1992, n 115, art. 170, comma 2 fa rinvio, quanto alla procedura da seguirsi per l’impugnazione dell’ordinanza emessa sulla scorta della normativa citata, alla speciale regolamentazione di cui alla L. 13 giugno 1942, n 794, che, in ragione del carattere decisorio e definitivo dell’ordinanza qui impugnata, destinato ad incidere in via definitiva su diritti soggettivi, non revocabile nè modificabile dal Giudice che l’ha emessa, ne comporta unicamente l’impugnazione ex art 111 Cost., di fronte a questa Corte.

Ma il rinvio alla normativa di cui alla L. n. 794 del 1992, deve considerarsi pieno e, come tale, comprendente tutte le implicazioni anche relative alla peculiarità della regolamentazione ivi contenuta.

La giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla specifica disciplina contenuta nella L. 13 giugno 1942, n 794, e segnatamente alla inappellabilità del provvedimento terminale del procedimento relativo (artt. 19 e 30) ha affermato che la stessa non può essere utilizzata al di fuori dell’ambito da essa espressamente stabilito.

Non può essere pertanto utilizzato nell’ipotesi di proposizione di domanda riconvenzionale, in quanto la predetta domanda, introducendo nel processo un nuovo petitum amplia e trasforma l’oggetto della lite, inserendovi una nuova pretesa che fa capo a soggetto diverso.

In tal caso, se la domanda riconvenzionale è basata sullo stesso titolo dedotto in causa a sostegno della domanda principale, il procedimento deve svolgersi con il rito ordinario, data la connessione delle cause, per non privare l’esame della riconvenzionale della garanzia del doppio grado di giudizio, con la conseguente inammissibilità, avverso il provvedimento emesso a conclusione del processo di primo grado, del ricorso per cassazione (cfr. Cass. 25.3.1995, n 3557). Nella specie, nella presente sede, il notaio si duole del mancato esame della domanda riconvenzionale da lui proposta, cosa questa ampiamente atta a dimostrare che egli aveva proposta tale domanda al primo giudice.

A nulla rileva che la stessa sia stata esaminata, come si sostiene nel controricorso, o meno, atteso che è la proposizione stessa della riconvenzionale a comportare l’appellabilità del provvedimento di primo grado.

Ne consegue che in una situazione siffatta il chiaro riferimento, quanto alla procedura applicabile, alla L. n. 794 del 1942, comporta la inammissibilità del presente ricorso per cassazione, atteso che in ragione delle considerazioni sin qui articolatamente svolte, avverso il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere proposto l’appello.

La inammissibilità della proposizione del ricorso per cassazione può e deve essere rilevata anche ex officio e in tal senso si provvede.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre agli accessori di legge.

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