Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-01-2011) 02-03-2011, n. 8281 Lesioni colpose

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

tato avv.to Paolo Bassano.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. P.E., in qualità di medico specialista in ortopedia, e M.M., quale medico radiologo, venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Livorno per rispondere del reato di lesioni colpose gravi a danno del paziente T.R..

In fatto ((OMISSIS)), era avvenuto che il T., caduto da bicicletta da corsa, era stato trasportato in autombulanza presso il pronto soccorso dell’Ospedale di Livorno dove era stato visitato dal Dott. P. e sottoposto ad esame radiologico. Gli imputati erano accusati, per quanto concerne il P., di non avere effettuato le manovre necessarie per accertare le esatte conseguenze riportate dal paziente nella caduta ed in particolare se era conseguita o meno una frattura ossea e, per entrambi i sanitari, di non avere letto correttamente i radiogrammi compiuti; da dette omissioni era disceso il mancato accertamento dell’intervenuta frattura peritrocanterica al femore subita dal T., che così si consolidava in modo scorretto richiedendo successivamente un intervento chirurgico per l’inserimento di una protesi totale dell’anca con una malattia complessiva superiore ai 40 giorni.

2. Il Tribunale di Livorno – giudice monocratico -, con sentenza in data 9-1-2008, assolveva gli imputati dal reato loro ascritto con la formula perchè il fatto non costituisce reato.

3. Avverso la decisione proponevano appello il Procuratore della Repubblica di Livorno e la parte civile. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 12-11-2009, confermava la sentenza di primo grado nei confronti di M.M., mentre dichiarava non doversi procedere nei confronti di P.E. per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione; lo condannava al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio. Il giudice di appello osservava che, secondo le risultanze della perizia svolta, il P. non aveva eseguito le attività necessarie (la ed. manovra d’anca) che avrebbero consentito al sanitario con grandissima probabilità di individuare e diagnosticare la frattura anche se composta.

4. L’imputato proponeva ricorso per cassazione. Censurava la motivazione rilevando che la Corte di Firenze aveva fondato le sue deduzioni espressamente sulle sole dichiarazioni della parte offesa, la quale aveva sostenuto che il Dott. P. non aveva eseguito alcuna manovra d’anca; per contro, quest’ultimo e l’infermiere gessista N.M. avevano affermato che, secondo il consueto protocollo, erano state effettuate tutte le operazioni previste nel caso di pazienti traumatizzati. D’altro canto, anche l’esecuzione in concreto di detta manovra non avrebbe necessariamente consentito la sicura diagnosi della frattura. Si doleva anche per la statuizione di condanna per gli interessi civili emessa a carico di esso istante, malgrado il disposto ex art. 538 cod. proc. pen. stabilisse che il giudice poteva pronunciare in ordine alle domande di risarcimento del danno provenienti dalla parte civile solo nel caso di pronuncia di condanna penale nei riguardi dell’imputato. Chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata e comunque l’annullamento del capo civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO 1.1 Il ricorso si palesa inammissibile perchè manifestamente infondato.

Va preso atto dell’avvenuto decorso del termine prescrizionale concernente il reato di lesioni personali colpose contestato (fatto del (OMISSIS), prescritto al mese di agosto 2009), così come correttamente statuito dalla Corte di Appello.

Al riguardo, si rileva che questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che, in presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del Giudice di assolvere per motivi di merito si riscontra solo quando gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto ovvero della sua non attribuibilità penale al prevenuto emergono in modo incontrovertibile, tanto che la valutazione di essi da parte del Giudice sia assimilabile più ad una constatazione che ad un accertamento. In altre parole, per pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato, una volta sopraggiunta la prescrizione del reato, deve applicarsi il principio di diritto secondo cui "positivamente" deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato per quanto contestatogli e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza ovvero la prova positiva dell’innocenza dell’imputato. (v. così, Cass. 8-6-2004 n. 31463;

Cass.18-5-2007 n. 26008; S.U. 30-09-2010 n. 43055).

Il che non è ravvisabile nel caso di specie.

Difatti, alla luce delle argomentazioni svolte dai giudici di merito, sono evidenziabili elementi attestanti la condotta colposa attuata da P.E. nè ricorrono profili logico – giuridici tali da escludere la sussistenza del nesso di causalità tra l’azione del prevenuto e l’evento.

1.2 Altresì, sotto un profilo più ampio, non limitato al riscontro della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato ex art. 129 c.p.p., comma 2, ma concernente la responsabilità civile del prevenuto nei confronti della parte offesa costituita parte civile, la sentenza di secondo grado risulta correttamente argomentata (v.

Cass. 08-6-2004 n 31464). Invero, il Collegio di Appello ha manifestato un logico, coerente ed adeguato apparato motivazionale con il quale sono stati in modo analitico evidenziati ed esaminati gli elementi di prova a disposizione, è stata fornita una corretta e ragionevole interpretazione di essi, sono state indicate le specifiche ragioni che hanno indotto a scegliere alcune conclusioni processuali e non altre, sono state date risposte esaustive alle obbiezioni della difesa.

1.3 Si aggiunge che correttamente la Corte di merito ha condannato il P. al risarcimento dei danni in favore di T.R..

All’uopo, le S.U. della Corte di Cassazione (sent. 11-07-2006 -Negri- rv. 233918) hanno affermato che il Giudice di Appello, nel dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione, su impugnazione, anche ai soli effetti civili, della sentenza di assoluzione ad opera della parte civile, può condannare l’imputato al risarcimento dei danni in favore di quest’ultima, atteso che l’art. 576 cod. proc. pen. conferisce al Giudice dell’impugnazione il potere di decidere sul capo della sentenza anche in mancanza di una precedente statuizione sul punto. In tema, è stato sottolineato il diverso contenuto e tenore degli artt. 576 e 578 cod. proc. pen..In particolare, si è evidenziato che i due disposti disciplinano situazioni processuali diversificate, nel senso che l’art. 578, nonostante la declaratoria di prescrizione, mira a mantenere, in assenza di un’impugnazione della parte civile, la cognizione del Giudice dell’impugnazione sulle disposizioni e sui capi della sentenza del precedente grado che concernono gli interessi civili; mentre, l’art. 576 conferisce al Giudice dell’impugnazione il potere di decidere sulla domanda al risarcimento ed alle restituizioni, pur in mancanza di una precedente statuizione sul punto.

2. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di ragioni di esonero, anche al versamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. L’istante va pure condannato a rifondere le spese di questo giudizio in favore della parte civile.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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