Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-01-2011) 02-03-2011, n. 8021 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- In seguito a due annullamenti con rinvio delle sentenze 3.4.2002 e 5.7.2006 della Corte di appello di Catanzaro rispettivamente ad opera di Cass. Sez. 1, 22.9/16.10.2003 e di Cass. Sez. 5, 10.7/8.8 2007, la Corte di appello di Reggio Calabria, con sentenza in data 24.3/19.5.2010, in riforma della sentenza del tribunale di Catanzaro del 9.5.2000, appellata da S.S., L.P.T. e C.G., già condannati in primo grado per i delitti di partecipazione ad associazione a delinquere, ad associazione finalizzata al narcotraffico e di continuato spaccio e detenzione di stupefacenti, riduceva la pena loro inflitta da 12 anni di reclusione ad anni sei e mesi nove di reclusione per i residui delitti (dopo che la corte di appello aveva assolto tutti gli imputati dal reato di associazione a delinquere – capo a) – per insussistenza del fatto) D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 – capo (b) – e art. 81 cpv. e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – capo f).

-2- Per ben due volte la corte di legittimità aveva annullato le decisioni di merito, la prima sentenza di annullamento formulando, con riferimento, tra gli altri, agli odierni ricorrenti, i seguenti principi di diritto:

a) occorreva esporre le ragioni della ritenuta inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per il loro assertivamente immotivato decreto di autorizzazione;

b) occorreva rispondere alle doglianze correlate alle dichiarazioni di un coimputato secondo cui l’associazione era ancora "in nuce" ed occorreva altresì spiegare l’influenza sulla decisione della sentenza 23.5.2,1995 che pur aveva assolto P.R. dal reato di associazione finalizzata allo spaccio di stupefacenti;

c) occorreva, in base a principi giurisprudenziali ormai consolidati, spiegare le ragioni perchè le dichiarazioni dei collaboranti meritassero, per attendibilità intrinseca ed estrinseca, credibilità al fini della dichiarazione di colpevolezza;

d) occorreva, a fronte di episodi di spaccio verificatisi nel tempo, individuare le condotte di reati ricadenti sotto la legge anteriore al D.P.R. n. 309 del 1990, quindi la condotta più grave determinandone la pena e su questa aggiungere, secondo la legge del tempo, le pene riferite ai reati in continuazione;

e) occorreva, infine, dare conto del perchè non erano state concesse le pur richieste attenuanti generiche.

Con la seconda sentenza di annullamento questa Corte rilevava, anche se in modo generico, la necessità di colmare in sede di rinvio i vuoti motivazionali segnalati, rispondendo in osservanza ai dettami specifici della precedente sentenza della Corte.

-3- La sentenza appellata, premesso che occorreva tener conto delle parti della sentenza non coinvolte nella decisione di annullamento e che pertanto rimaneva ferma la concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione, manteneva ferma la pena come stabilita nella pregressa sentenza annullata rivendicando l’autonomia del giudizio se condotto attraverso elementi di prova e ragioni per nulla considerate dalla decisione di annullamento.

Quanto al tempo di commissione del reato associativo, rilevava che la data di consumazione del reato permanente ricadeva in epoca di gran lunga successiva all’entrata in vigore del D.P.R. n. 309 del 1990, e in tale contesto di tempo ricadevano una parte dei reati satelliti, compreso il reato più grave, con la conseguente irrilevanza del fatto che una parte dei reati, tutti uniti dal vincolo della continuazione, erano stati commessi in epoca anteriore all’entrata in vigore del decreto presidenziale citato.

Richiamavano i giudici di merito e di rinvio il giudicato formatosi a carico di P.G., il principale fornitore di stupefacenti all’organizzazione facente capo a D.V. e, in un secondo momento, a Cr.Gi., per trarne elemento di prova della esistenza del reato permanente dal (OMISSIS), data del tentato omicidio del predetto Cr.Gi..

Proprio da quella sentenza emergeva che nel predetto ambito territoriale lo stupefacente ceduto dal P. al C. G. e a Cr.Ra. veniva trasportato da costoro a Catanzaro ove veniva suddiviso in partite, alcune delle quali venivano custodite da S. in attesa della vendita, presso l’autolavaggio del Cr.Gi., mentre altre venivano trasportate e custodite da Cr.Ra. in (OMISSIS) ove quest’ ultimo ne curava la vendita al minuto attraverso il C. G. ed il L.P.T., gli attuali ricorrenti.

Il discorso giustificativo della sentenza oggetto di ricorso si svolge,quindi, attraverso la valorizzazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, riscontrate le une con le altre e i risultati di una imponente attività di controllo e di appostamenti che si colloca,ma non solo, prevalentemente nell’anno 1992.

Quanto alle prime, i giudici di merito richiamano le dichiarazioni di Ca.Da., che avrebbe appreso della partecipazione dei tre al sodalizio in origine facente capo a D.V. dalla viva voce di D.G., attività continuata sotto la direzione di Cr.Gi.. Dell’associazione avrebbe parlato anche G.G., collaboratore, già inserito in un gruppo contrapposto facente capo a c.e., che indicava lo S. come uno dei migliori collaboratori del Cr., mentre escludeva di aver appreso del ruolo rivestito in seno all’associazione di L.P.. Ancora i giudici di merito hanno valorizzato le dichiarazioni di F.G., riscontrate per una certa parte dalla deposizione di Gi.Fr., assolto in primo grado, che si sarebbe fornito di cocaina dal Cr., venendo di persona a conoscenza dei ruoli dei tre ricorrenti. Nel discorso giustificativo giudiziale poi precipua importanza rivestono le dichiarazioni di Cr.Gi., che ha raccontato della attività criminale di D.E., da lui continuata dopo la sua morte, servendosi degli stessi canali di approvvigionamento dello stupefacente e indicando i ruoli degli altri coimputati, tra cui L. P. e C. operanti nella zona di (OMISSIS), e S. nell’autolavaggio dello stesso Cr., anche se ha cercato di attenuare la responsabilità di quest’ ultimo richiamando la sua giovane età ed i suoi tentativi di tenerlo "fuori dal giro".

Ad un tale costrutto probatorio i giudici di merito affiancavano gli esiti della attività di pedinamento e controllo, il cui valore significante veniva collegato alle dichiarazioni dei collaboranti:

dalla sinergia di tali strumenti probatori si individuavano i giorni in cui lo S. prelevava e riponeva in un nascondiglio dell’autolavaggio, secondo il pensiero dei giudici, lo stupefacente, i soggetti, tra cui L.P. e C., che frequentavano il luogo per prelevare lo stupefacente consegnato loro dallo S. o dai cugini Cr., Gi. e Ra..

-4- Tre i motivi di ricorso depositati, tramite difensore, da S. S.:

a) ancora violazione dell’art. 192 c.p.p., collegata alla violazione dell’art. 627 c.p.p., comma 3, per non aver adempiuto all’onere scaturente dalla indicazione del giudice del rinvio in merito all’indicazione di elementi probatori idonei a sostenere il giudizio di colpevolezza per il reato associativo. In particolare la corte di appello di Reggio Calabria avrebbe omesso di sciogliere le riserve sulla attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese dal coimputato Cr.Gi., per poi, solo dopo la predetta disanima, passare alla valutazione dei riscontri esterni. Richiama il ricorrente le dichiarazioni del C. volte a espungere dal coacervo criminoso lo S. appena diciassettenne all’epoca dei fatti, l’omessa individuazione del momento iniziale dell’affectio societatis, la non frequentazione con gli altri associati, l’equivoco di individuarla nell’atteggiamento di sottomissione nei confronti del C.. Sottolinea poi che le chiamate in reità, e non di correità, degli altri collaboratori – G., F., Ca. e Gi. – nonchè non supportate da riscontri esterni, sono contraddittorie tra loro circa il ruolo rivestito dallo S.. Si conclude la critica alla motivazione in punto di responsabilità in ordine al reato associativo depotenziando il valore probatorio delle relazioni di servizio, di per sè equivoche perchè non escludenti ipotesi di verità alternative. b) violazione dell’art. 627 c.p., comma 3 per non aver per nulla indicato le circostanze e le ragioni deponenti per l’attenuante prevista dall’art. 416 c.p., comma 6, l’associazione al più avendo ad oggetto traffici di modeste quantità di stupefacenti. c) Violazione ancora dell’art. 627 c.p.p., comma 3 con riferimento ai singoli episodi di spaccio la cui attribuibilità allo S. sarebbe stata tratta dalla ritenuta responsabilità in ordine al delitto associativo, senza l’indicazione delle specifiche circostanze dalla considerazione delle quali risalire alla responsabilità dei reati-scopo.

-5- Tre,ancora, i motivi di ricorso depositati dal difensore nell’interesse di L.P.T.:

a) Omessa motivazione in ordine ai delitti contestati per l’insufficienza del richiamo alla sentenza di primo grado e per l’omessa considerazione delle regole indicate come prescrittive dalla sentenza di annullamento. In particolare si richiamano le dichiarazioni di Cr.Gi. e F.G., del tutto riduttive in merito alla partecipazione ed al ruolo nella postulata associazione dell’imputato, si segnala l’omessa considerazione della assoluzione in ordine al reato associativo del coimputato P.R. – giudicato con il rito immediato-, l’inconcludenza dei pedinamenti, intercettazioni e controlli, ai fini del riscontro alle chiamate in correità ed alle deposizioni rese dai collaboranti. b) violazione dell’art. 2 c.p., comma 3, con il conseguente vizio di motivazione, per non aver indicato la data di commissione dei vari reati in un arco temporale dal 1990 al 1992, per la consequenziale necessità di individuare in relazione alle varie leggi il tempus commissi delicti, e quindi individuare il reato più grave, con la correlata disciplina;

c) omessa motivazione sulla pur richiesta applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. del collaborante Cr. che attribuisce all’imputato lo spaccio di "qualche cosettina" di stupefacente.

-6- Ancora rubricati in tre i motivi di ricorso di C. G., ma riducibili a due, come di seguito riportati:

a) mancanza, contradditorietà di motivazione in ordine alla individuazione degli elementi di prova provenienti dai collaboratori di giustizia, come avrebbero dovuto strutturarsi secondo il dictum delle pregresse sentenza di annullamento di codesta Corte. In particolare i giudici di merito avrebbero estrapolato, isolandole dal contesto complessivo, parti di disposizioni, travisandone il contenuto, di Cr.Gi., Ca.Da. e F.G., avrebbero omesso di valutare che tre collaboratori di giustizia, Gi.Fr., G.S. e tale Sa. non hanno mai indicato il C. come partecipe della associazione, non hanno per nulla considerato il fatto che P.R., uno dei principali fornitori di stupefacene al gruppo capeggiato da C.G., era stato assolto dal reato associativo, che le attività di controllo, pedinamento e appostamento della p.g. non avevano, se non marginalmente coinvolto il ricorrente, solo presente talvolta con altri all’autolavaggio del Cr.;

b) Contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 a fronte della concessione delle attenuanti generiche, nella loro massima estensione, motivata dalle piccole quantità di stupefacente spacciate, dalla scarsa intensità del dolo e dal ruolo marginale rivestito dall’imputato.

-7- Solo il ricorso proposto, tramite difensore, da C. può essere parzialmente accolto.

I giudici di merito, in sede di rinvio, hanno svolto un discorso giustificativo che resiste alle critiche delle difese degli imputati che lamentano la violazione dell’art. 192 codice di rito per l’inattendibilità delle chiamate in correità. La tesi, nelle intenzioni difensive tutte, demolitrice del costrutto accusatorio imperniato sulla valorizzazione delle chiamate di correo si svolge attraverso la considerazione isolata di ciascuna deposizione, di cui si coglie l’insufficienza e la lacunosità ovvero la scarsa significatività ai fini della prova della partecipazione, privando così il ragionamento della visione panoramica, complessiva, unitaria, coordinata che è proprio del ragionamento giudiziale. Ed omette, quella tesi, del tutto la considerazione di elementi cruciali che servono da robusto riscontro alla ricostruzione giudiziale, che si rivela non censurabile sul piano della legittimità.

Intanto nessuna attenzione critica si legge nei motivi dei tre ricorsi sulla valenza del giudicato formatosi a carico di P. R., fornitore della droga al gruppo facente capo a Cr.

G. ed al cugino Cr.Ra., ai quali erano collegati i tre attuali ricorrenti. Ebbene i giudici di merito non mancano di osservare che le modalità della cessione dello stupefacente, come descritte in quella sentenza passata in giudicato, in Catanzaro ed in Gimigliano tali da coinvolgere lo S., nella prima città, L. P. e C., nella seconda, ripetono le cadenze operative che nell’attuale processo sono richiamate dai collaboranti a carico dei tre attuali imputati. Il fatto poi, che il P. sia stato, bene o male, assolto dal delitto di associazione finalizzata allo spaccio non ha alcun rilievo per il fatto che la predetta pronuncia assolutoria non ha inteso per nulla negare l’esistenza della associazione destinataria delle forniture di stupefacente da parte del predetto P..

Nella sentenza impugnata la sussistenza della associazione finalità allo spaccio dello stupefacente viene collegata alle dichiarazioni di Cr.Gi., già condannato con sentenza passata in giudicato per il delitto associativo de quo, che coinvolgono tutti e tre gli imputati nella organizzazione, solo attenuando la partecipazione dello S. al sistematico traffico di droga. Le sue ampie dichiarazioni, poi, sono riscontrate da quelle di Ca.Da. che segnala i tre imputati già collegati alla famiglia D. a cui succedette, dopo la sua uccisione, C. G. a capo dell’organizzazione criminosa, ancora, con specifico riferimento allo S., da G.S., da F. G. che coinvolge tutti e tre gli imputati nel traffico di droga facente capo a Cr.Gi. da cui si era rifornito continuativamente di droga dai primi mesi del (OMISSIS). Non manca la sentenza di indicare, proprio sulla base delle dichiarazioni convergenti dei collaboratori e coimputati, i ruoli rivestiti nel traffico da S., L.P. e C., su quest’ ultimo riferendo la scarsa considerazione che ne aveva il Cr.Gi. che rimproverava per la sua scarsa applicazione nello smercio di una partita di eroina e che temeva, in ragione della sua mancanza di determinazione, che potesse cedere a pericolose ammissioni in caso di arresto. Ed ancora dalle dichiarazioni di Cr.Gi. emerge la collocazione topografica di C. e L.P. come stretti collaboratori in Gimigliano, nello spaccio di droga, del cugino di Cr.Ra., condannato in via definitiva per gli stessi reati di cui ai capi b) ed f) per i quali sono chiamati a rispondere tutti e tre gli imputati ricorrenti.

Ora sulle dichiarazioni accusatorie dei collaboranti le censure di merito si impegnano a dimostrarne la scarsa concludenza ai fini accusatori, attraverso, ferme restando quelle dichiarazioni, una vantazione diversa, depotenziata, riduttiva da quella operata dal giudice di merito. O ancora quelle censure mirano a sottolineare, con riferimento specifico a C., che non era conosciuto da Gi., Sa. e G..

Ma i rilievi difensivi, a parte l’irrilevanza di quest’ ultima notazione, non colgono nel segno nella misura in cui svolgono il tentativo di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati al giudice del merito. Il quale, peraltro, alle dichiarazioni dei collaboranti affianca, ai fini di ulteriormente puntellare e suggellare il recinto della colpevolezza degli imputati, gli esiti dei pedinamenti, appostamenti, relazioni di servizio che colgono i tre imputati in atteggiamenti, per le persone avvicinate e per i luoghi prescelti, in collegamento con le significative frequentazioni ed attività emergenti dalla deposizione dei collaboranti e coimputati, correttamente e ragionevolmente qualificate quale momenti dell’attività di detenzione e spaccio di stupefacenti. Così S.S. viene visto più volte, soprattutto tra il gennaio ed il Giugno del 1992 prelevare e riporre nelle adiacenze dell’autolavaggio di Cr.Gi., a riscontro delle dichiarazioni di coimputati, la droga in appositi nascondigli, ed in concomitanza con arrivo di persone, quali F. G., coinvolto in fatti di droga, L.P.T., ed in minor misura, C.G..

Ora la critica sul valore significante di tali appostamenti e pedinamenti potrebbe risultare vincente se considerata isolatamente e scollegata dalla costellazione degli altri elementi, deponenti per la responsabilità del reato associativo e di spaccio, quali le dichiarazioni accusatorie molteplici e, almeno per il loro nucleo essenziale, convergenti. Ma il costrutto giudiziale sfugge a tali censure ove venga visto e rappresentato in una dimensione panoramica che colleghi gli uni elementi ad altri ed imponga quindi un valore significante che si rifletta dall’uno all’altro elemento nella costruzione di un discorso coerente e logico di pregnante significato complessivo.

Non hanno alcun pregio, infine, le richieste dello S. per il riconoscimento dell’attenuante della lieve entità di spaccio per il quale l’associazione si sarebbe costituita nè la richiesta, avanzata da L.P. di nuova determinazione della pena con riferimento al tempo di commissione dei delitti alla data anteriore al (OMISSIS), fino al momento dell’entrata in vigore della L. n. 162 del 1990: da un lato, i giudici di merito hanno sottolineato che lo stupefacente, in consistente quantità, arrivava a Catanzaro nella disponibilità del Cr. che curava poi lo smaltimento, per quel che in questa sede interessa, nella stessa Catanzaro (oltre che a Isca sullo Jonio e Isola Capo Rizzuto) e, attraverso il cugino Gi., a Gimigliano, e la quantità, all’origine, non poteva certo considerarsi di lieve entità, visti i numerosi luoghi di smistamento; dall’altro ancora i giudici dell’appello hanno ritenuto irrilevante l’azione associativa, ai fini della determinazione della pena, svoltasi anteriormente al (OMISSIS), per essersi il reato associativo protratto fino all'(OMISSIS), con la conseguente applicazione della legge più recente anche se meno favorevole.

-8- Deve però darsi atto che, ferma restando la chiara partecipazione del C. all’organizzazione posta in essere dal Cr.Gi., in continuazione a quella già operante sotto la guida di D.E., le azioni di spaccio a carico del predetto, almeno quelle considerate nel corpo della motivazione della sentenza, non emergono con particolare nitore dagli atti del procedimento: invero per gli appostamenti operati dalla polizia giudiziaria presso l’autolavaggio di Cr.Gi., solo in una occasione, l'(OMISSIS), h. 20,25, come riferisce la difesa del ricorrente, l’imputato è di certo individuato in atteggiamento sospetto, nelle altre occasioni tale individuazione viene ancorata a deduzioni operate dagli osservanti pubblici ufficiali in base alla presenza della macchina di sua proprietà o all’essersi accompagnato con altre persone sospette. Se questi dati, di per sè di incerta decifrazione sulla partecipazione dell’imputato alla singola, determinata operazione di detenzione e spaccio, vengono collegati al dato rilevante, e proveniente dallo stesso Cr.Gi., del ruolo, anche se integrato nella associazione, di minore coinvolgimento e di basso profilo nell’attività di spaccio del C., ne emerge una situazione, in relazione alla predetta attività con riferimento alle distinte operazioni illecite considerate nella sentenza impugnata, non del tutto tranquillizzante ai fini di un giudizio di colpevolezza. Ed il collegio ritiene di conseguenza, con riferimento solo al capo f) della imputazione, l’insufficienza, ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2, degli elementi a carico per pervenire ad una dichiarazione di colpevolezza.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.G. limitatamente al reato di cui al capo f) per non aver commesso il fatto; elimina la pena di un mese di reclusione e ridetermina la pena residua a carico del C. in anni sei e mesi otto di reclusione; rigetta nel resto il ricorso del C.; rigetta i ricorsi di S.S. e di L.P. T. e condanna i suddetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *