Cass. civ. Sez. II, Sent., 28-04-2011, n. 9466 Decreto ingiuntivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 21 luglio 1992 la VALBREM S.p.A. proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Bergamo, avverso al decreto ingiuntivo n. 2134/92, con il quale il Presidente del medesimo Tribunale le ingiungeva il pagamento della somma di L. 974.459.267 (costituita da L. 820.000.000 per capitale ed IVA e per L. 154.459.267 per interessi), in favore della DUECENTOSEI s.r.l., per il pagamento della fattura n. (OMISSIS). L’opponente asseriva di avere ordinato alla C.F.M. S.p.A. 400 tonnellate di pani di alluminio al prezzo concordato di L. 3.390 al Kg., da consegnare per la metà al 10.2.1989 e per la restante parte al 10.3.1989; aggiungeva che la prima fornitura, di cui alla fattura n. (OMISSIS), era stata onorata mediante pagamento alla S.B.S. Factoring S.p.A., cessionaria del credito della venditrice, tramite bonifico bancario di L. 806.820.000 (IVA compresa), del 2.5.1989, mentre, in relazione alla seconda fornitura, di avere reso noto (con racc. 24.2.1989) alla venditrice di volersi avvalere dell’esenzione IVA D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 8, ma ciò nonostante la C.F.M. S.p.A. aveva emesso ugualmente fattura n. (OMISSIS) per L. 806.820.000, comprensiva di IVA al 19%, pur non essendo stata consegnata la mercè, con l’indicazione "materiale a vs. disposizione presso nostro deposito Star Trans s.r.l. di (OMISSIS)"; proseguiva che il credito indicato nella fattura n. (OMISSIS) veniva dalla C.F.M. ceduto il 6.3.1989 alla S.B.S. Factoring S.p.A. ed all’uopo di avere inviato alla C.F.M. lettera in data 20.3.1989 invocando gli accordi, in pari data, a considerare annullato l’acquisto della seconda partita di merce in conseguenza dell’impossibilità da parte di quest’ultima di fornire materiale con la richiesta esenzione IVA, sulla base della quale la C.F.M. aveva emesso nota di credito del 31.3.1989 a storno totale della fattura n. (OMISSIS); la cessionaria S.B.S. Factoring in data 10.5.1989 aveva comunque preteso il pagamento del credito di cui alla fattura summenzionata (perciò l’opponente aveva chiarito che nulla doveva essere pagato) e in data 1.10.1991 la stessa società aveva annunciato di avere a sua volta ceduto il credito alla Duecentosei s.r.l. con sede in (OMISSIS) (ribadito dalla Valbrem S.p.A. di nulla dovere in ordine a tale fattura); la Duecentosei s.r.l. richiedeva il pagamento della seconda fattura, oltre interessi, con comunicazione del 7.4.1992, alla quale la Valbrem S.p.A. replicava di avere annullato il contratto di comune accordo con la venditrice e che mai era avvenuta la consegna della merce; la nuova cessionaria rispondeva chiedendo ed ottenendo il decreto ingiuntivo de quo. Tanto premesso, la società opponente chiedeva la revoca del decreto opposto e per la condanna della ricorrente al risarcimento del danno per lite temeraria.

Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza della opposta, la quale evidenziava che la risoluzione del contratto eccepita dall’opponente era avvenuta solo il 20.3.1989 e quindi posteriormente alla comunicazione della cessione del credito dalla C.F.M. alla S.B.S. Factoring, sicchè era a lei inopponibile, il Tribunale adito, rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto.

In virtù di rituale appello interposto dalla Valbrem S.p.A., con il quale lamentava che il giudice di prime cure avesse omesso di considerare che la società opposta non aveva dato prova del proprio credito (in realtà inesistente), la Corte di appello di Brescia, nella resistenza del Banco di Brescia San Paolo Cab S.p.A., surrogatosi alla Duecentosei s.r.l. quale garante della solvenza dei debitori ceduti dalla S.B.S. Factoring S.p.A., rigettava il gravame.

A sostegno dell’adottata sentenza, la Corte territoriale evidenziava in ordine all’eccepita inesistenza del credito che nella fattura n. (OMISSIS) era stato indicato il luogo in cui la merce era a disposizione dell’acquirente, così come avvenuto nella precedente fattura n. (OMISSIS), circostanza questa mai contestata dalla debitrice, per cui – essendo il trasferimento di beni determinati solo nel genere un contratto di natura consensuale, realizzando semplicemente il conseguimento dell’effetto reale in modo differito rispetto alla proprietà dal venditore al compratore – il credito doveva ritenersi venuto ad esistenza e semmai si sarebbe potuto porre un problema di esigibilità del prezzo, nel senso che il compratore avrebbe potuto giustificare il proprio mancato pagamento con l’inadempimento della controparte, che però nella specie non aveva mai dedotto. Aggiungeva che la società appellante rispetto alla mancata consegna della seconda tranche di alluminio aveva scelto di risolvere il negozio, dimostrando di non avere più interesse alla ricezione della merce, ma detto scioglimento parziale del contratto era avvenuto allorchè la società acquirente aveva già saputo dell’intervenuta cessione del credito al terzo, pertanto in un momento in cui la venditrice non poteva più disporre del potere di consentire il recesso. Avverso l’indicata sentenza della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione la Valbrem S.p.A., che risulta articolato su un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso la Banco di Brescia San Paolo Cab S.p.A., mentre la Duecentosei s.r.l. non si è costituita. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Con l’unico motivo, articolato in plurimi profili, la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1378 e 1510 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omessa e contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare, il giudice del gravame avrebbe omesso di considerare che per i contratto di genere vanno esaminati due diversi momenti: la sua conclusione e la sua esecuzione. A tali due momenti si riferirebbero norme differenti: alla conclusione l’art. 1325 c.c. e segg. sino all’art. 1352 c.c.; all’esecuzione le norme sull’adempimento di cui all’art. 1453 c.c. e segg. e per la vendita, in particolare, l’art. 1470 c.c. e segg.. Di converso nella decisione della corte distrettuale i due momenti sarebbero stati valutati in modo indifferenziato.

Assume la ricorrente che sino al verificarsi di entrambi gli eventi non può ritenersi che il venditore abbia adempiuto, per cui non nasce a suo favore il credito corrispondente. Nella specie la venditrice avrebbe ceduto il credito allorchè non era ancora sorto, in quanto non aveva provveduto alla individuazione e alla consegna dei beni. Ed anzi prima del trasferimento della merce da parte della fornitrice le parti avevano provveduto allo scioglimento consensuale del rapporto, con eliminazione della relativa partita contabile.

I giudici del merito, in linea di fatto, hanno accertato che:

– con contratto del gennaio 1989 la C.F.M. S.p.A. ha concluso con la VALBREM S.p.A. vendita relativa a 400 tonnellate di pani di alluminio a prezzo concordato di L. 3.390 ai Kg., da consegnare per la metà al 10.2.1989 e per la restante parte al 10.3.1989;

– a fronte della prima fornitura, di cui alla fattura n. (OMISSIS), la VALBREM ha corrisposto alla S.B.S. Factoring, cessionaria del credito da parte della venditrice C.F.M., il prezzo complessivo di L. 806.820.000; in relazione alla seconda fornitura – avanzata dall’acquirente richiesta di avvalersi della esenzione IVA – la venditrice ha ugualmente emesso fattura, la n. (OMISSIS), mettendo a disposizione la merce con l’indicazione "materiale a vs. disposizione presso nostro deposito Star Trans s.r.l. di (OMISSIS);

– successivamente, in data 6.3.1989, la C.F.M. ha ceduto alla S.B.S. Factoring S.p.A. il credito di cui alla fattura n. (OMISSIS), comunicandone la cessione con raccomandata in pari data alla debitrice ceduta, e la VALBERM con lettera del 20.3.1989 ha invocato gli accordi, in pari data, a considerare annullato l’acquisto della seconda partita di merce in conseguenza dell’impossibilità da parte della venditrice di fornire materiale con esenzione IVA, scioglimento cui la venditrice ha aderito emettendo nota di credito in data 31.3.1989 a storno della seconda delle fatture.

Certo quanto sopra, facendo applicazione del pacifico principio giurisprudenziale secondo cui nei confronti del cessionario di un credito derivante da fatture non sono opponibili le eccezioni fondate su fatti successivi alla comunicazione di cessione del credito, quale lo storno delle fatture, la sentenza gravata ha evidenziato che lo storno della fattura n. (OMISSIS), poichè successivo alla data in cui il credito da questa portato era stato già ceduto a terzi, non era opponibile al cessionario che aveva, di conseguenza, diritto al pagamento del proprio credito. La ricorrente censura la riassunta pronunzia denunziando, la violazione degli artt. 1378 e 1510 c.c. e di ogni altra norma e principio in materia di perfezionamento del contratto di genere. Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)". Si osserva, infatti:

– la emissione, il (OMISSIS), della fattura n. (OMISSIS), che reca l’annotazione "materiale a vs. disposizione presso nostro deposito Star Trans s.r.l. di (OMISSIS)", e dunque prima della consegna dei materiali (consegna peraltro mai intervenuta), è contraria alla natura dei contratti di genere, che richiedono una ulteriore attività per venire ad esistenza, costituita dalla individuazione e consegna dei beni;

– quanto precede è talmente incontrovertibile che allorchè l’acquirente ha richiesto la emissione di fattura che prevedesse l’esenzione dall’IVA, la venditrice ha stornato con nota di credito la fattura.

Il motivo è infondato.

Come puntualmente evidenziato in controricorso con la deduzione in esame, lungi dal denunziare la violazione delle norme di legge indicate nella intestazione del motivo stesso, o vizi della motivazione, rilevanti sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, parte ricorrente profila, contra legem e cercando di superare quelli che sono i limiti del giudizio di Cassazione, una nuova valutazione dei fatti di causa.

In particolare, i giudici del merito hanno accertato che la seconda "fornitura", di cui al contratto del gennaio 1989, era stata regolarmente eseguita dalla parte venditrice, con la messa a disposizione del materiale individuato presso il loro deposito di (OMISSIS); di converso, la ricorrente mira a sollecitare una diversa lettura degli elementi di causa (e del contratto inter partes), al fine di pervenire alla conclusione in contrasto con gli accertamenti compiuti dal giudice del merito che in realtà il contratto non aveva avuto esecuzione quanto alla seconda tranche, almeno alla data della emissione della seconda fattura e della cessione del credito da essa portato. Anche a prescindere da quanto precede, l’assunto di parte ricorrente è infondato perchè muove da un presupposto contraddetto da una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte secondo il quale nella vendita di cose determinate solo nel genere, l’individuazione delle cose stesse, necessaria perchè all’effetto obbligatorio segua quello reale del trasferimento della proprietà dal venditore al creditore, deve essere fatta in presenta e col concorso di entrambe le parti o di loro rappresentanti, salvo che i contraenti abbiano stabilito di comune accordo altre misure idonee a realizzare la separazione delle cose dal "genus" e ad assicurarne la non sostituibilità da parte del venditore (v. Cass. 10 ottobre 1996 n. 8861).

Nel caso di specie, con la dizione in fattura "materiale a vs. disposizione presso nostro deposito Star Trans s.r.l. di (OMISSIS)", non contestato dalla ricorrente che la prima fornitura fosse avvenuta con le stesse modalità, è evidente la dimostrazione della circostanza che la merce ivi indicata era stata individuata e quindi regolarmente consegnata con la messa a disposizione, per accordo intercorso fra le parti in tal senso, con conseguente obbligo di pagamento del corrispettivo, per cui la deduzione della ricorrente non coglie nel segno, Del resto la VALBREM non ha neanche articolato prove contrarie sul punto, essendosi limitata ad una astratta e generica difesa di non specificazione e relativa consegna delle cose compravendute. Pertanto la debitrice, essendo a conoscenza della cessione del proprio debito sin dal 6 marzo 1989, non poteva ritenere efficace lo storno effettuato dalla venditrice con nota di credito del 31.3.1989.

Deve ribadirsi, infatti, in conformità a una giurisprudenza più che consolidata, da cui totalmente prescinde la difesa di parte ricorrente (che ferma le proprie deduzioni ad un momento anteriore nell’evoluzione della vicenda contrattuale), che nella cessione di credito, il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’originario creditore.

Tuttavia, se dopo la cessione intervengano fatti che incidono sulla entità, esigibilità o estinzione del credito, la loro efficacia deve essere considerata in relazione alla nuova situazione soggettiva che si è stabilita in dipendenza del già perfezionato trasferimento del diritto. Pertanto, dopo il perfezionamento della cessione, che avviene col semplice consenso, la risoluzione consensuale del contratto da cui traeva origine il credito ceduto fra l’originario creditore cedente ed il debitore ceduto, non è opponibile a cessionario, in quanto, una volta realizzato il trasferimento del diritto, il cedente perde la disponibilità di esso e non può validamente negoziarlo, risolvendo o rescindendo il contratto, mentre il debitore ceduto, a conoscenza della cessione, non può ignorare tale circostanza (in termini, Cass. 7 aprile 1979, n. 1992. Sempre in questo senso, altresì Cass. 16 aprile 1999, n. 3797; Cass. 27 gennaio 2003, n. 1145).

Certi i principi che precedono, non controverso che nella specie lo "storno" della fattura (OMISSIS) da parte della venditrice è avvenuto in epoca successiva alla conoscenza, da parte della debitrice VALBERM, della cessione del credito, correttamente i giudici del merito hanno ritenuto inopponibile detto "storno" alla cessionaria, una volta ritenuta perfezionata la separazione delle cose dal "genus", assicurandone la non sostituibilità da parte del venditore con la messa a disposizione presso il deposito della fornitrice.

Per tutte le considerazioni sopra svolte, il ricorso deve, dunque, essere respinto.

Al rigetto consegue, come per legge, la condanna della ricorrente al pagamento in favore della resistente delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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