Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-01-2011) 02-03-2011, n. 8272 Mezzi di prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.F. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 27.10.2009, della Corte d’Appello di Milano di conferma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Monza, il 17.03.2008, in ordine a delitti di furto commessi in abitazione, aggravati dal mezzo fraudolento, ed approfittando di circostanze di persona (età avanzata) tale da ostacolare la privata difesa.

Con un unico motivo si denuncia mancanza e, comunque, manifesta illogicità della motivazione in punto di penale responsabilità del ricorrente con riferimento ad entrambi i capi d’imputazione di furto per cui è stato condannato.

Per quanto riguarda il capo di imputazione sotto la lettera A), relativo al furto commesso in (OMISSIS), l’imputato aveva rappresentato con il gravame di merito di avere un alibi dimostrando (lettera in data 24.11.2005 del Commissariato di P.S. di Palmi) che, nel periodo dal 6/09 al 17/09 2004, aveva alloggiato presso il Camper Villaggio Internazionale Costa Viola, località (OMISSIS).

Argomenta che la motivazione sul punto della sentenza impugnata, secondo cui "non può escludersi che in quell’arco di tempo l’imputato possa essersi allontanato per recarsi in (OMISSIS) e poi fare ritorno in (OMISSIS)", si risolve in una affermazione meramente apodittica oltre che manifestamente illogica, laddove si adduce a sostegno solo l’esito positivo della ricognizione personale effettuata dalla persona offesa V.Y. nel corso dell’incidente probatorio.

Con riferimento al capo sotto la lettera b) si rappresenta che l’esito della ricognizione personale, nel corso dell’incidente probatorio, è stato negativo, tuttavia la Corte territoriale, sul rilievo che in precedenza la persona offesa, M.E., senza incertezze aveva riconosciuto in fotografia il D., riferendo anche di avere incontrato dopo il furto lo stesso individuo (che si era presentato a casa sua, in divisa di operaio dell’ENEL, insieme ad altri due complici ed approfittando dell’avanzata età gli aveva sottratto la somma di Euro 150,00) in un supermercato e di averlo riconosciuto in una fotografia apparsa su di un quotidiano a seguito dell’arresto, ha ritenuto che il risultato negativo della ricognizione non aveva influito sul convincimento di colpevolezza dell’imputato. Si sostiene che la motivazione è assolutamente incongrua rispetto ai rilievi formulati con i motivi del gravame di merito, laddove si evidenziava la diversa natura di prova tipica della ricognizione formale prevista dal codice di rito a fronte del riconoscimento fotografico che è privo di autonoma previsione nell’ambito codicistico.

Per altro, le ragioni poste a base del convincimento di colpevolezza relativamente ai reati di cui al capo a) e capo b) sono contraddittorie. Nella stessa sentenza si afferma che l’esito positivo della ricognizione personale in riferimento al furto di cui al capo a) si traduce in prova di responsabilità, mentre l’esito negativo della ricognizione personale in riferimento al furto di cui al capo b) non si traduce quale elemento favorevole all’imputato.

Il ricorso va accolto limitatamente ai motivi riguardanti il delitto di furto commesso ai danni di M.E. (capo b), mentre va rigettato con riferimento ai motivi relativi al furto commesso ai danni di V.Y. in quanto infondati.

In effetti, la Corte d’Appello, nel confermare la sentenza del Tribunale e, facendo proprio il relativo iter motivazionale, basa il convincimento di colpevolezza del D. in ordine al delitto commesso ai danni del M. sul riconoscimento dell’imputato effettuato dalla parte offesa sia de visu che sulle fotografie segnaletiche sottoposte in visione dalla P.G., ritenendo che la certezza di tale riconoscimento non è scalfito dall’esito negativo della ricognizione personale effettuata dal M. in sede di incidente probatorio.

Si osserva che la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha giustificato l’uso in funzione probatoria del riconoscimento fotografico eseguito dalla polizia giudiziaria, di propria iniziativa o su delega del p.m., ritenendo che costituisca accertamento di fatto utilizzabile in virtù dei principi della non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento (Sez. 2A, 22/5/1990 – 5/4/1991, n. 3734, Cerchi, riv. 186766; Sez. 3A, 1/2- 26/3/1991, n. 3304, De Leo, riv. 186652; Sez. 6A, 28/11/1990 – 2/5/1991, n. 4943, Spanò, riv. 187070; Sez. 1A, 22/4 – 8/6/1993, n. 1680, Novembrini, riv.

194416; Sez. 1A, 24/11/1994 – 10/2/1995, n. 1326, Archinito, riv.

200234; Sez. 4A, 5/4 – 4/5/1996, n. 4580, Perez, riv. 204661; Sez. 5A, 6/4 – 21/10/1999, n. 12027, Mandala, riv. 214872; Sez. 6A, 18/4 – 12/6/2003, n. 25721, Motta, riv. 225574, da ult. Sez. 4, n. 45496 del 14/10/2008 Ud. Rv. 242029).

Dunque, a prescindere dalle ragioni giustificatrici che legittimano tali mezzi di prova, rimane, comunque, fermo il principio della ammissibilità e utilizzabilità di riconoscimenti "a forma libera", (oltre a quello della ricognizione fotografica ci si riferisce, come già evidenziato, anche a quello del riconoscimento informale in aula effettuato dal testimone) anche se la stessa giurisprudenza non manca di precisare che il valore probatorio di tali atti non formali deve essere adeguatamente verificato con riferimento sia al suo contenuto intrinseco e alle sue modalità sia ad elementi di controllo e di riscontro che concorrano a giustificare l’affidamento sull’operato riconoscimento (Sez. 6A, 16/17/1989 – 11/4/1990, n. 5349, Almiak, riv. 184009; Sez. F, 23/8 – 6/9/1990, n. 12281, Milici, riv. 185268;

Sez. 1A, 25/3 – 23/7/1991, n. 7709, Piccolo, riv. 187807; Sez. 1A, 19/6 – 29/7/1992, n. 8510, Timpani, riv. 191505).

Il problema si pone quando il riconoscimento fotografico viene smentito dalla successiva ricognizione personale, ovviamente, operata dalla stessa persona. L’atto ricognitivo formale, mezzo di prova tipico, è regolato, all’art. 213 c.p.p., e segg., dal legislatore, il quale lo ha circondato di precisi elementi di garanzia che valgono proprio ad assicurarne l’attendibilità, elementi di cui il riconoscimento fotografico risulta sprovvisto, come per altro anche il riconoscimento in dibattimento. Tanto è vero che il legislatore del 1988 si è mostrato ben consapevole della estrema delicatezza e delle possibili insidie dell’atto ricognitivo, così che "la marcata diffidenza verso l’attendibilità dei risultati di questo mezzo di prova e l’esigenza di assicurare nella maggior misura possibile il rispetto di regole dirette ad evitare esiti influenzati e precostituiti" lo hanno indotto "ad accentuare una regolamentazione minuziosa delle attività preliminari alla ricognizione vera e propria e dello svolgimento di questa" (Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale). Ebbene, ciò precisato, non si può attribuire alla individuazione fotografica una attendibilità e una efficacia probatoria superiore alla ricognizione di persone. D’altro canto, neppure può con assolutezza affermarsi che l’esito negativo della ricognizione debba in ogni caso costituire prova piena "resistente" a qualsiasi smentita, potendo risultare da precisi elementi processualmente emersi che esso sia effetto di "violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità" ( art. 500 c.p.p., comma 4), posto che il regime delle contestazioni di cui all’art. 500 c.p.p. è applicabile anche alla ricognizione (Sez. 2A, 25/9 – 18/10/1995, n. 10388, Casula, riv.

202768; Sez. 1^, 15/6 – 7/9/1994, n. 9676, Sannino, riv. 199256).

Solo in tal caso riprenderebbero vigore il valore indiziario del riconoscimento fotografico e l’efficacia probatoria dell’esame testimoniale.

Per il caso che ci occupa non si ritiene che la Corte del merito, nel valutare i risultati positivi del riconoscimento informale e quelli negativi della ricognizione di persona, abbia fornito congrua motivazione nell’attribuire maggiore valenza probatoria al primo. Va rimarcato che le cautele cui si è fatto riferimento sono state poste dal legislatore per la ricognizione di persona al fine di garantirne il risultato, proprio perchè molteplici sono i fattori, oggettivi e soggettivi, che possono influenzarla nell’uno e nell’altro senso. E, quindi, non basta affermare che il riconoscimento fotografico, al fine di attribuirgli valenza esclusiva, è stato certo non essendo state evidenziate cause specifiche di condizionamento (minaccia, violenza, promessa di danaro etc.) sull’atto ricognitivo formale della persona del D.. D’altronde, se si è ritenuto di procedere, con lo strumento dell’incidente probatorio (compiuto non a distanza di tempo dal riconoscimento fotografico), alla ricognizione formale di persona era perchè gli inquirenti volevano acquisire proprio la certezza di quel riconoscimento informale. E se, dunque, l’atto ricognitivo formale è stato negativo, era necessario evidenziare i fattori (ad esempio, la diversità della fisionomia rispetto a quella effigiata nelle foto segnaletiche determinata da un malizioso accorgimento dell’imputato: diverso colore e/o taglio dei capelli, abbronzatura del viso etc.) che lo avessero potuto, eventualmente, condizionare, se si è deciso di ritenerlo superato dal riconoscimento informale. Va, per altro, osservato che il M. aveva avuto modo di ben vedere dal vivo il ladro, sia a casa sua che qualche giorno dopo in un supermercato, e, pertanto, la ricognizione di persona essendo effettuata, per forza di cose, sulla persona e non su di un’immagine, è da ritenersi più attendibile.

Non va, per altro, trascurato il giusto rilievo di contraddittorietà della sentenza per avere la Corte territoriale dato alla ricognizione dì persona, effettuata nelle stesse condizioni di tempo e di luogo, in riferimento a due distinte vicende penali, una valutazione processuale non uguale.

Infatti, la ricognizione personale operata dall’altra parte offesa V.Y. in ordine al delitto di furto contestato al capo a) ha dato esito positivo e su di essa si è basato il convincimento di colpevolezza del D.. Ed è da ritenersi logica ed esaustiva la motivazione relativa all’analisi dell’alibi offerto dall’imputato, ritenuto inidoneo a contrastare gli esiti positivi dell’atto ricognitivo formale, non avendo esso valenza dirimente. In realtà, come correttamente osservato dal giudice del gravame, nulla impediva al ricorrente di spostarsi dalla (OMISSIS), anche per un sol giorno, e farvi poi ritorno, considerando che egli non era sottoposto a controllo dell’autorità di Pubblica Sicurezza, con la conseguenza che la attestazione di questa esibita dall’imputato (secondo cui effettivamente egli in quel periodo alloggiava presso il Camper Villaggio Internazionale Costa Viola, località (OMISSIS)), a conferma del suo alibi, non assume valore determinante.

Ed è in ragione di tale osservazione che il motivo addotto a sostegno del ricorso in ordine al delitto di cui al capo a) va ritenuto infondato.

La sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio potendo questa Corte, in assenza di altri elementi probatori di senso contrario al risultato negativo della ricognizione di persona evincibili dagli atti, ritenere che il furto ai danni di M.E. non sia stato commesso dal ricorrente, e rideterminare anche la pena, per il reato residuo, in anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa, già fissata dal Tribunale quale pena base in riferimento al furto di cui al capo a) ritenuto più grave.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo B (furto commesso ai danni di M.E.) per non avere, l’imputato, commesso il fatto ed elimina l’aumento di pena a titolo di continuazione per tale reato, rideterminando la pena per il capo A) in anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa.

Rigetta il ricorso nel resto.

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