Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-12-2010) 02-03-2011, n. 8013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ra Oliviero, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Messina, con ordinanza del 05.08.2010, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di:

S.M.;

perchè indagato del reato di tentata estorsione aggravata in concorso con altri soggetti;

Il Tribunale per il riesame di Messina, con ordinanza del 24.08.2010, respingeva il reclamo proposto dall’indagato e confermava il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione, ricorrono per Cassazione i difensori di fiducia, deducendo:

Avv. Candelora e Avv. Amendolia;

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c) e).

1)- I ricorrenti censurano, con motivi sostanzialmente coincidenti, la decisione impugnata per violazione degli artt. 178, 180, 292 e 294 c.p.p. e deducono la nullità dell’interrogatorio di garanzia atteso che in tale sede l’indagato non è stato posto in condizione di conoscere tutti gli elementi di accusa;

– si lamenta che nell’ordinanza applicativa della misura custodiale venivano citate le risultanze delle conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate quali elementi di prova a carico; tuttavia tali conversazioni non erano allegate all’ordinanza custodiale ma solo richiamate "per relationem" in quanto il Gip rinviava, quanto al loro contenuto, alla richiesta del PM;

ne derivava, a parere dei ricorrenti, che su tali determinanti elementi indiziari era venuto meno il diritto di difesa da parte dell’indagato;

nè poteva ritenersi che il diritto di difesa potesse essere adeguatamente soddisfatto dalla circostanza che il testo delle predette intercettazioni fosse depositato in cancelleria in uno alla richiesta del PM, trattandosi di deposito successivo all’esecuzione dell’ordinanza custodiale ed accessibile solo ai difensori e non anche all’indagato;

– il ricorrente censura, inoltre, l’ordinanza del Tribunale nella parte in cui ha dedotto la tardività dell’eccezione e, al riguardo, eccepisce che la stessa era stata legittimitamente proposta solo in sede di riesame e non anche durante l’interrogatorio di garanzia, perchè le doglianze riguardavano vizi genetici del provvedimento restrittivo;

2)- con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 268 c.p.p. atteso che nel decreto emesso dal PM per autorizzare le intercettazioni, si legge che, malgrado l’asserita dotazione già esistente in quel momento negli Uffici di Procura, a parere del PM "permane la necessità di noleggiare apparati di intercettazione di ditte esterne";

a parere del ricorrente, tale motivazione si porrebbe in contrasto con il disposto dell’art. 268 c.p.p., che impone l’utilizzo delle apparecchiature esistenti presso gli Uffici della Procura salvo i casi di eccezionale urgenza e di impossibilità di utilizzare tali apparecchi, circostanze non esplicitate nel provvedimento del PM il ricorrente lamenta che, pur essendo presenti degli apparecchi per la registrazione presso gli Uffici della Procura della Repubblica, nella specie si è fatto ricorso a macchine noleggiate presso ditte esterne ed inoltre, l’ascolto sarebbe stato effettuato al di fuori degli uffici di procura e precisamente presso la Stazione di carabinieri;

ne deriverebbe, a parere del ricorrente, l’inutilizzabilità delle disposte intercettazioni;

3)- l’ordinanza sarebbe affetta dal vizio di omessa motivazione riguardo all’eccezione di nullità dei verbali di sommarie informazioni rilasciate dai testi R.A. e L. M., nonchè all’ingiustificata audizione congiunta di quest’ultima e del marito P.S.;

la nullità consisterebbe nella circostanza che i contenuti delle due dichiarazioni testimoniali erano uniformi nei contenuti e, in alcuni periodi, assolutamente identici nell’espressione letterale; al riguardo la motivazione sarebbe inesistente essendosi limitato il Tribunale ad affermare che le deduzioni difensive "non trovavano alcun fondamento in atti". 4)- Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per omessa ovvero illogica motivazione riguardo alle condizioni per ritenere l’aggravante del numero delle persone;

si lamenta che il Tribunale, in violazione dell’art. 629 c.p., non avrebbe considerato che tale norma, ai fini della suddetta aggravante, fa rinvio all’art. 628 c.p., comma 2, n. 1, che richiede che la minaccia o la violenza sia commessa da più persone riunite;

nella specie, invece, la minaccia sarebbe stata effettuata da una persona sola;

l’ordinanza impugnata non si sarebbe pronunciata al riguardo e la circostanza risulta rilevante perchè incidente, a parere della difesa, sulla possibilità di procedere all’applicazione della misura della custodia cautelare;

5) 6) – l’ordinanza sarebbe viziata da erronea applicazione della legge penale, avendo ritenuto il reato di tentata estorsione, senza considerare che agli atti mancherebbe la prova dell’estremo della minaccia;

– l’ordinanza sarebbe illogica per avere contraddittoriamente ritenuto che la condotta dell’indagato S.M. sarebbe determinata, per un verso, da ragioni di rancore nei confronti dei titolari del laboratorio e, per altro verso, dalla volontà di conseguire la gestione dell’agognato laboratorio.

7) Infine l’ordinanza sarebbe priva di motivazione riguardo alle esigenze cautelari; si censura la motivazione nella parte in cui avrebbe illogicamente affermato l’esistenza del pericolo di recidiva deducendolo dalla circostanza che l’indagato era persona "tenace nel perseguire il proprio obiettivo" e mosso dalla convinzione di "essere intoccabile" senza considerare che, al contrario, la prova dell’assenza di coperture emergeva dalla circostanza che le persone indicate dall’accusa come correi erano state raggiunte da provvedimenti restrittivi;

CHIEDONO pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Riguardo al primo motivo, si è formata ampia giurisprudenza che ha stabilito come il diritto di difesa dell’indagato, relativo alla conoscenza di tutti gli elementi indiziari raccolti a suo carico, viene soddisfatto attraverso il deposito in cancelleria della richiesta del PM e degli atti allegati, deposito che deve precedere l’interrogatorio di garanzia. (Cass. Pen. 05.04.2002 n. 32347- Cass. Pen. SS.UU 28.06.2005 n. 26798).

Si è ritenuto, infatti, che la nullità dell’interrogatorio di garanzia e la conseguente inefficacia della misura cautelare (come richiesto nel presente ricorso) potrebbero derivare solo nel caso in cui "il difensore sia posto nell’assoluta impossibilità di conoscere le richieste del PM in ordine alla misura cautelari e alle ragioni si cui si fondano" (Cass. Pen. 05.02.2007 n. 17498 Sez. 6).

Appare chiaro, dunque, che la Giurisprudenza di legittimità assegna al deposito in cancelleria della richiesta del PM e degli atti allegati il presidio al completo espletamento del diritto di difesa.

In tal senso si è correttamente e congruamente espresso il Tribunale del riesame nella vicenda in oggetto, sicchè la motivazione impugnata appare ineccepibile al riguardo.

Il ricorrente ritiene di individuare una diversa questione, eccependo la nullità dell’ordinanza cautelare per avere omesso l’estrinsecazione del contenuto delle intercettazioni cui però fa riferimento solo "per relationem", rinviando alla richiesta del PM;

il ricorrente osserva che nè la richiesta del PM nè il testo delle intercettazioni erano allegate all’ordinanza cautelare sicchè, in sede di interrogatorio di garanzia restava limitato e compresso il diritto di difesa dell’indagato,che non poteva accedere ad atti depositati in cancelleria.

Si tratta di un motivo infondato, atteso che la Giurisprudenza di legittimità ha espresso il principio, anche nella sede più autorevole, per il quale il diritto di difesa viene pienamente esaudito con il deposito in cancelleria della richiesta del PM e degli atti posti a sostegno (Cass. Pen. 05.02.2007 n. 17498 Sez. 6, già citata). Si è infatti osservato che la conoscenza anticipata degli atti, in base ai quali il pubblico ministero ha proposto l’istanza ed il giudice ha adottato il provvedimento cautelare, "permette alla difesa di affrontare con adeguata preparazione l’interrogatorio" (Cass. Pen. SS.UU. 28.06.2005 n. 26798).

In particolare, le SS.UU. hanno sottolineato che la motivazione del provvedimento cautelare non esaurisce il diritto di difesa che viene compiutamente esplicato attraverso l’accesso agli atti depositati;

la Suprema Cote ha dunque già esaminato, sia pure indirettamente, la questione oggi sollevata osservando che "poichè solo il difensore può consultare gli atti depositati, chiaro come l’assistenza obbligatoria venga a compensare la mancata conoscenza da parte dell’indagato dei dati posti dal PM a fondamento della richiesta cautelare".

Ne deriva che nessuna lesione del contraddittorio può ravvisarsi allorchè, come nella specie, l’ordinanza cautelare rinvii "per relationem" alla richiesta del PM ed agli atti allegati, stante la possibilità per il Difensore di estrarre copia degli atti e di partecipare adeguatamente al l’interrogatorio di garanzia; invero, la citata decisione delle SS.UU ha rilevato che, nel caso in cui il difensore non fosse in grado di informare preliminarmente il proprio assistito, egli potrebbe nondimeno formulare richieste, osservazioni e riserve, suggerite proprio dall’esame a lui consentito degli elementi presentati dall’accusa".

Tale interpretazione è fondata anche sulla giurisprudenza della Corte Costituzionale che ha sanzionato di illegittimità costituzionale l’art. 293 c.p.p., comma 3, nella parte i cui prevede la facoltà del difensore di estrarre copia dell’ordinanza cautelare, della richiesta del PM e degli altri atti presentati con la stessa e depositati nella cancelleria del giudice (Corte Costit. 24.06.97 n. 192).

Consegue l’infondatezza del motivo in esame, atteso che trascura di considerare che il diritto di difesa era pienamente garantito dalla presenza e dalle facoltà di accesso agli atti conferite al difensore.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 268 c.p.p. che impone l’utilizzo delle apparecchiature esistenti presso gli Uffici della Procura salvi i casi di eccezionale urgenza e di impossibilità di utilizzare tali apparecchi, circostanze che non sarebbero state esplicitate nel provvedimento del PM; si tratta però di un motivo infondato atteso che il Tribunale ha correttamente rilevato che la procedura è stata rispettata, dal momento che le registrazioni sono avvenute nell’apposita sala della Procura, come previsto dalla legge, mentre solo l’ascolto era avvenuto presso la stazione CC, in piena conformità a quanto stabilito dalla Giurisprudenza di legittimità;

si infatti affermato, anche nella sede più autorevole, che la condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che l’attività di registrazione avvenga dei locali della Procura della Repubblica mediante l’utilizzo degli impianti ivi esistenti, mentre non è necessario che negli stessi locali vengano successivamente svolte anche le ulteriori attività di ascolto, verbalizzazione ed eventuale riproduzione dei dati così registrati che, dunque, possono essere eseguite "in remoto" presso gli uffici della polizia giudiziaria (Cass.pen. SS.UU. 26.06.2008 n. 36359).

Conforme alla Giurisprudenza di legittimità è anche l’affermazione dello stesso Tribunale riguardo alla legittimità del noleggio dei dispositivi di intercettazione, atteso che oggetto di noleggio non sono stati i dispositivi di registrazione siti in Procura ma quelli di captazione utilizzati nei luoghi ove è avvenuta l’intercettazione ambientale.

Il ricorrente censura tale passaggio dell’ordinanza ma non coglie nel segno, atteso che la legge disciplina l’uso dei dispositivi di registrazione e non di quelli di captazione;

Innanzi tutto, la Giurisprudenza ammette l’utilizzo di impianti noleggiati presso privati (Cass. Pen. sez. fer. 19.0.2008, n. 3510);

inoltre, come già osservato, la disciplina dell’art. 268 c.p.p. riguarda solo l’attività di intercettazione e di registrazione e non si estende agli apparecchi di captazione che, per motivi suddetti, possono essere anche noleggiati presso privati, purchè restino in uso alla PG durante le operazioni;

al riguardo si è ritenuto che, a prescindere dallo strumento contrattuale utilizzato per conseguire la disponibilità delle apparecchiature, le medesime, ancorchè fornite da privati, ove utilizzate dalla PG, devono essere considerate "in dotazione" alla medesima. (Cass. pen. SS.UU. 29.11.2005 n. 2737) ne deriva che il PM non aveva necessità di motivare riguardo alle ragioni di eccezionale urgenza, perchè l’intercettazione avveniva presso la sala predisposta in Procura, e on aveva nemmeno l’obbligo di indicare, di volta in volta, la tipologia delle macchine noleggiate ed utilizzate dalla PG per la sola captazione ambientale.

Invero, l’ordinanza del Tribunale sottolinea, per un verso, che il noleggio riguardava solo gli strumenti per la captazione "da collocare negli ambienti oggetto di intercettazione ambientale" e, per altro verso, che il PM aveva precisato nel provvedimento di autorizzazione che le operazioni di intercettazione sarebbero avvenute per mezzo di idonee apparecchiature tecniche che consentivano la registrazione dei dati "direttamente presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina" con il solo "ascolto remoto" presso la Stazione dei carabinieri, il tutto in piena adesione alla Giurisprudenza sopra richiamata.

Ugualmente infondato è il motivo relativo all’aggravante del numero delle persone atteso che, per giurisprudenza costante in materia di estorsione, l’aggravante ricorre ugualmente anche se la minaccia sia stata esercitata da un solo soggetto, in quanto non è necessaria la presenza contestuale di più correi nel luogo di esecuzione del reato, ma è sufficiente che il soggetto passivo percepisca che la violenza o la minaccia provengono da più persone, avendo tale fatto, per se stesso, maggiore effetto intimidatorio. (Cassazione penale. sez. 5, 19 giugno 2009, n. 35054) Nè può censurarsi in questa sede l’accertamento, in concreto, di tale circostanza, attenendo il medesimo al campo della valutazione del fatto e della prova che, ove ben motivata dal giudice di merito, come nella specie, (il Tribunale ha richiamato: – il numero degli atti intimidatori e; – il contenuto di alcune telefonate in cui si faceva uso di sostantivi e verbi al plurale), non è censurabile in sede di legittimità. (Cassazione penale, sez. 4, 06/07/2007, n. 37878) Ugualmente infondata è la censura relativa alla dedotta assenza dell’elemento della minaccia, atteso che il Tribunale rinviene, al contrario, tale elemento negli atti intimidatori, incendi e danneggiamenti di autovetture, abitazioni e studi professionali (pag.5) compiuti in danno delle parti offese, per concludere che tali condotte, gravemente minatorie, erano riconducibili all’odierno indagato stante il chiaro significato delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ove lo S.M. esplicita le sue intenzioni conversando con altri coindagati, come:

V.G., D.S.N. e M.G., ovvero con sua moglie D.C.; (pag.6 e segg.) Si tratta di una motivazione congrua perchè aderente alle emergenze processuali e perchè conforme alle massime di comune esperienza, sicchè risulta incensurabile in questa sede di legittimità.

Cassazione penale. sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

Sulla scorta di tale principio, emerge evidente l’infondatezza anche del motivo relativo alla dedotta illogicità, atteso che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi" senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali.

Mentre, con riferimento al sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti. Cassazione penale. sez. 4, 12 giugno 2008. n. 35318.

Anche il motivo relativo alla dedotta nullità dei verbali di esame dei testi R. e L. risulta infondato perchè generico;

invero il ricorrente non esplicita in qual modo i verbali sarebbero uguali e per quale motivo tale eventualità sarebbe indice di nullità; è noto che il motivo di impugnazione con il quale non si esaminano specificamente – per confutarle – le considerazioni svolte dal provvedimento impugnato deve ritenersi aspecifico e quindi infondato. (Cassazione penale. sez. 2, 13 ottobre 2009, n. 44038).

L’aspecificità del motivo risulta ancora più evidente, sol che si consideri che il tribunale ha osservato come la dedotta nullità per conformità dei due verbali, non trova alcun fondamento "in atti".

Del pari infondato risulta il motivo di censura sulla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha evidenziato il concreto rischio di recidiva tratto, sia dall’elevata pericolosità dell’indagato, "insofferente nei confronti della legge " e, sia dalla capacità a delinquere dimostrata dal prevenuto, che ha agito con "accanimento nei confronti delle vittime designate" pur di portare a termine l’intento criminoso;

il Tribunale ne ricava la deduzione che non può ritenersi la dedotta occasionante e sporadicità della condotta criminosa, mentre emerge, al contrario, la necessità di sottoporre l’indagato alla misura cautelare più severa, compiendo così una valutazione di puro fatto, in ordine al pericolo di recidiva, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

Consegue il rigetto del ricorso.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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