Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-12-2010) 02-03-2011, n. 8011 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito del procedimento penale a carico di:

V.D.;

V.G.;

Il GIP presso il Tribunale di Cosenza, in data 01.03.2010, emetteva il decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, sui beni degli indagati per un ammontare sino alla somma di Euro 8.357.407,50, corrispondente all’indebita erogazione di contributi pubblici ai sensi della L. n. 488 del 1992;

Gli indagati proponevano impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Cosenza, con ordinanza del 06.05.2010, respingeva il gravame e confermava il decreto di sequestro impugnato.

Ricorrono per Cassazione gli indagati, a mezzo del loro Difensore di fiducia, deducendo:

1^ MOTIVO ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

Per violazione di legge ex art. 322 ter c.p. e art. 640 quater c.p..

1) – Il ricorrente censura la decisione impugnata per non avere rilevato che, sebbene l’accusa fosse relativa ad un’indebita acquisizione di contributi pubblici per la somma di Euro 8.357.407, il sequestro aveva colpito un opificio industriale completo di macchinari nonchè: conti correnti bancari, polizze assicurative e libretti di risparmio, per un importo di gran lunga superiore; – a parere dei ricorrenti, infatti, il solo opificio industriale aveva un valore di circa Euro 25.000.000 e poteva ritenersi largamente sufficiente ai fini della futura ed eventuale confisca per equivalente;

2)- Il provvedimento di sequestro era stato, quindi, emesso in violazione di legge per evidente sproporzione tra il valore dei beni sequestrati ed il profitto conseguito;

– la contestazione riguardava l’indebita percezione di contributi pubblici per l’opificio industriale, sicchè il sequestro avrebbe dovuto riguardare solo tale bene, con esclusione dei depositi bancari, atteso che l’opificio era causalmente collegato con il reato contestato ed atteso che il medesimo era idoneo, per l’elevato valore, a soddisfare le esigenze connesse alla eventuale confisca per equivalente.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono palesemente infondati.

Il ricorrente non censura in questa fase il "fumus" nè la possibilità di procedere al sequestro preventivo finalizzato all’eventuale confisca per equivalente ma lamenta: – sia la dedotta sproporzione tra il profitto ipotizzato dall’accusa ed il valore dei beni sequestrati e – sia l’illegittimità di un sequestro non limitato al bene in diretta derivazione dal reato contestato, nonostante che l’opificio fosse idoneo a coprire l’entità del profitto in ipotesi conseguito.

Il ricorrente supporta la sua tesi mediante il richiamo alla giurisprudenza di legittimità che individua il profitto confiscabile nel vantaggio patrimoniale di diretta derivazione dal reato, ma si tratta di una giurisprudenza non contraddetta dal Tribunale per il riesame che, in realtà, non ha inteso affermare un principio diverso, ma si è limitato ad osservare che, allo stato, non vi era la prova che l’opificio industriale (oltre al centro di ricerca ed ai macchinari installati) avesse un valore corrispondente al profitto derivante dal reato (quantificato dall’accusa in Euro 8.360.000) sicchè era del tutto legittimo estendere il sequestro anche ad altri beni, come conti correnti bancari e simili.

Si tratta di una motivazione del tutto corretta, atteso che il Tribunale la sostiene osservando come dal tenore dell’accusa emergeva che il valore dell’opificio e degli altri immobili e macchinari era di gran lunga inferiore – rispetto a quanto sostenuto dalla difesa – atteso che i costi di realizzazione sarebbero stati artificiosamente "gonfiati" mediante il ricorso a false fatturazioni, così da lucrare tra il valore documentale dell’opificio da finanziare e quello effettivamente realizzato;

il Tribunale conclude osservando che, allo stato e in base all’accusa, il valore dell’opificio realizzato non era sufficiente per "coprire" l’importo dei contributi indebitamente percepiti, sicchè era del tutto legittimo il provvedimento di sequestro laddove esteso anche ad altri beni, come i depositi bancari e simili.

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè la verifica del Tribunale del riesame sulle condizioni di legittimità della misura cautelare non deve tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni altra valutazione. Cassazione penale. sez. 4. 06 novembre 2008. n. 47032.

Il ricorrente lamenta che sussisterebbero, sin da ora, gli elementi per una precisa valutazione dei valori, desumibili dalla consulenza C. e dell’elaborato D.L., ma il Tribunale, pur non ignorando tale documentazione, ha osservato che nell’attuale fase cautelare non è possibile esaminare nel dettaglio le deduzioni relative al valore dei beni in sequestro perchè ci si trova dinanzi alla "assenza di complessiva ed attualizzata valutazione".

Si tratta di osservazioni relative al merito, supportate da congrua motivazione, esenti da illogicità evidenti e pertanto incensurabili in questa sede di legittimità, atteso che in questa sede cautelare è sufficiente l’individuazione di seri elementi indiziari e non è proponibile l’accertamento completo e definitivo dei fatti contestati, senza considerare che il ricorrente risulta fare ricorso a valutazioni alternative dei valori, non recepibili in sede di legittimità.

Consegue il rigetto dei motivi di ricorso con condanna dei ricorrenti alle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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