Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-12-2010) 02-03-2011, n. 8394 richiesta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

All’udienza preliminare dell’11.7.2008, davanti al G.u.p. del Tribunale di Verbania, O.C., tramite i suoi difensori, presentava richiesta di applicazione concordata di pena ex art. 444 c.p.p. per vari episodi di corruzione, calunnia e truffa aggravata, su cui il pubblico ministero aveva dato il proprio consenso; il G.u.p., preliminarmente, emetteva sentenza ex art. 127 c.p.p. in relazione ad alcuni episodi in continuazione relativi al reato di truffa aggravata di cui al capo e), commesso dall’imputato in concorso con la moglie B.M.; alla successiva udienza del 18.7.2008, i difensori dell’imputato reiteravano la richiesta di "patteggiamento" in relazione alle residue imputazioni, proponendo la medesima pena di due anni di reclusione già oggetto della precedente richiesta, ma il pubblico ministero non prestava il consenso;

tuttavia, il G.u.p., con sentenza del 2.10.2008 applicava la pena indicata dall’imputato, ritenendo superflua, la prestazione di un nuovo consenso da parte del pubblico ministero, trattandosi sostanzialmente della stessa richiesta su cui si era originariamente formato l’accordo delle parti e su cui il pubblico ministero aveva dato il suo consenso, da considerare nella specie irrevocabile.

Contro questa decisione ricorre il procuratore delle Repubblica presso il Tribunale di Verbania e deduce la violazione della legge processuale, sostenendo che il giudice non avrebbe potuto considerare irrevocabile il consenso del pubblico ministero inizialmente prestato, in quanto la seconda richiesta era intervenuta in un contesto processuale profondamente diverso, dal momento che vi era stata una sentenza di proscioglimento per alcuni episodi di truffa aggravata e, soprattutto, la domanda di applicazione di pena concordata era stata reiterata solo da O. e non più dalla coimputata B., che invece aveva fatto istanza di giudizio abbreviato. In altri termini si assume che si sia trattato di una nuova proposta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. per la quale necessitava il consenso dell’organo di accusa.

Questo Collegio concorda con il procuratore generale che nella sua requisitoria scritta ha rilevato la carenza di interesse del pubblico ministero ricorrente all’impugnazione della sentenza in oggetto.

Infatti, la pena applicata dal giudice a seguito e per effetto del proscioglimento dell’imputato dal capo e), ha comunque riguardato una serie di imputazioni più ridotta rispetto a quella su cui il pubblico ministero aveva prestato originariamente il suo consenso. In altri termini, l’accordo iniziale è stato soltanto "consolidato" sulle residue imputazioni, situazione questa che, semmai, avrebbe potuto far sorgere nell’imputato l’interesse ad un diverso accordo sulla pena, che tenesse conto della riduzione delle imputazioni.

Peraltro, nessun rilievo può avere la circostanza che la coimputata, ricompresa nell’originario "patteggiamento", sia stata prosciolta dal giudice, in quanto si tratta di una situazione che non incide in ordine alla valutazione dell’accordo raggiunto per quanto concerne O..

Pertanto, la rilevata carenza di un concreto interesse del ricorrente, costituendo una condizione di legittimità dell’impugnazione anche quando sia proposta dal pubblico ministero, determina l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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