Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-12-2010) 02-03-2011, n. 8393

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igliere dott. Giorgio Fidelbo.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il provvedimento in epigrafe il G.i.p. del Tribunale di Roma ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti di C.P., indagato per i reati di cui all’art. 513 c.p., e all’art. 388 c.p., commi 1 e 2, per tardività della querela.

Ricorrono per cassazione le persone offese, S.M.G. e D.B.M., tramite il comune difensore di fiducia, censurando il provvedimento per essere stato emesso de plano, nonostante l’opposizione presentata ai sensi dell’art. 410 c.p.p. Con altro motivo i ricorrenti deducono l’abnormità del provvedimento, sostenendo che, avendo il giudice dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale, avrebbe dovuto emettere una sentenza e non un decreto.

Infine, contestano nel merito la decisione per avere ritenuto la tardività delle querela.

Il ricorso proposto dalle persone offese è inammissibile.

Innanzitutto, deve rilevarsi che il provvedimento di archiviazione è stato disposto a seguito di udienza camerale e non de plano come sostenuto dai ricorrenti. Infatti, a seguito della richiesta di archiviazione il g.i.p. ha prima disposto nuove indagini ai sensi dell’art. 409 c.p.p., comma 4 e poi, dinanzi alla nuova richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, ha fissato l’apposita udienza camerale ex art. 409 c.p.p., comma 2, tenutasi il 2.12.2009, alla quale ha partecipato il difensore delle persone offese, e solo dopo avere instaurato il contraddittorio ha provveduto all’archiviazione della notizia di reato.

Deve pertanto escludersi che vi sia stata la dedotta elusione del contraddittorio, in quanto il giudice ha correttamente proceduto, garantendo i diritti delle persone offese.

Manifestamente infondato è il motivo con cui i ricorrenti sostengono che il giudice per dichiarare l’improcedibilità per tardività della querela avrebbe dovuto emettere una sentenza: un’eventuale sentenza avrebbe potuto essere emessa soltanto in seguito all’esercizio dell’azione penale, che nella specie non c’è stato.

Infine, inammissibile è il motivo con cui si contesta la ritenuta tardività della querela, in quanto non deducibile in cassazione, non rientrando nell’ipotesi prevista dell’art. 409 c.p.p., comma 6.

All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo stabilire in Euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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