T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. II, Sent., 28-02-2011, n. 229 Danno non patrimoniale riassunzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 25.9.1987, l’attuale ricorrente conveniva in giudizio l’Agenzia per la promozione dello sviluppo del mezzogiorno innanzi al Tribunale civile di Catanzaro, chiedendo il risarcimento dei danni patiti a causa di malattie professionali legate al servizio presso l’Agenzia.

Il processo era interrotto in seguito alla soppressione dell’Agenzia, dichiarata con ordinanza del giudice istruttore del 14.4.1995.

Con ricorso del 28.4.1995, il ricorrente riassumeva il giudizio nei confronti del ministero del Tesoro e del Bilancio.

Con sentenza n. 1318 del 16 ottobre 2003, il Giudice onorario aggregato della sezione stralcio del tribunale di Catanzaro condannava il Ministero del Tesoro al pagamento in favore dell’attore G. V. della somma di euro 75.531,82, oltre rivalutazione ed interessi.

La sentenza era appellata dal Ministero dell’Economia, succeduto al Ministero del Tesoro, nelle parti in cui respingeva l’eccezione di difetto di giurisdizione e accoglieva la domanda di parte attrice.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza n. 420 del 28.5.2009, accoglieva l’appello e dichiarava il difetto di giurisdizione dell’A.G.O. fissando il termine di 5 mesi per la riassunzione della causa dinanzi al Giudice Amministrativo.

Con il ricorso in epigrafe indicato, il sig. G. ha riassunto il processo innanzi a questo TAR chiedendo la condanna della PA al risarcimento dei danni nella misura già determinata dal Giudice Ordinario, sulla scorta delle C.T.U. espletate nel giudizio civile, allegando al ricorso la documentazione ritenuta rilevante.

Il Ministero dell’Economia, parte resistente, si è costituito in giudizio insieme all’interveniente Ministero dell’Interno, chiedendo il rigetto del ricorso e presentando documenti.
Motivi della decisione

Il ricorso merita parziale accoglimento.

Il ricorrente, riportandosi alla decisione del primo giudice, annullata in appello per difetto di giurisdizione, ha chiesto il risarcimento del danno subito per lesione dell’integrità fisica a causa delle condizioni di lavoro insalubri, nella misura di euro 58.101,40, a titolo di danno biologico, e di euro 17.430, 42, per danno morale.

La domanda è fondata sul fatto della continuata esposizione a sostanze chimiche nocive nel corso dell’attività lavorativa prestata alle dipendenze dell’Agenzia per la promozione e lo sviluppo del mezzogiorno, dove il ricorrente è stato addetto a macchine fotocopiatrici e stampanti in un periodo compreso tra il giugno 1965 e l’ottobre 1979.

Sulla domanda sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo perché la pretesa azionata si fonda sull’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, con riferimento al quale, all’epoca dei fatti, antecedenti la data del 30.6.1998, il giudice amministrativo possedeva giurisdizione esclusiva.

Deve condividersi, infatti, la ricostruzione della Corte d’Appello di Catanzaro, secondo la quale non rileva, al fine del riparto di giurisdizione, la qualificazione operata dal ricorrente, in termini di responsabilità extra contrattuale del fatto dannoso, dovendosi piuttosto considerare l’elemento materiale della condotta lesiva, conseguente alla violazione di obblighi di protezione nei confronti del lavoratore perpetrati in violazione dell’art. 2087 c.c. che impone all’imprenditore di adottare le misure che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica del prestatore di lavoro.

La condotta lesiva, dunque, rileva nell’ambito di uno specifico rapporto contrattuale di lavoro dipendente e rientra, quindi, nella giurisdizione esclusiva sul pubblico impiego all’epoca sussistente.

Nel merito, trattandosi di responsabilità di tipo contrattuale, deve ritenersi che il creditore sia onerato della prova del fatto oggettivo dell’inadempimento e del danno, spettando al debitore di dover provare l’assenza dell’elemento soggettivo della colpa.

Dalla documentazione allegata al ricorso risulta incontestabilmente l’adibizione del dipendente per 15 anni a macchine eliografiche, stampanti e simili, confermata da una relazione del dirigente dell’Agenzia datata 7.4.1983, dalla quale risulta, altresì, che tali macchine emanavano esalazioni.

La perizia di parte ricorrente desume da tali esalazioni l’insorgere delle patologie da cui è affetto il dipendente.

Il giudice civile di primo grado, al fine di accertare il nesso di causalità tra il lavoro di addetto alle macchine stampanti e le patologie sofferte ha disposto due consulenze tecniche d’ufficio.

Ritiene il Collegio di non dover rinnovare l’attività istruttoria già compiuta dal primo giudice civile.

La disciplina del processo amministrativo riassunto in seguito a declaratoria di difetto di giurisdizione, consente al giudice amministrativo di trarre argomenti di prova dalle prove raccolte nel processo davanti al giudice sprovvisto di giurisdizione (art. 11, c. 6, c.p.a.).

Ritiene il Collegio che, premessa l’estrema difficoltà di rinnovare l’istruttoria medico legale a distanza di tanti anni dai fatti, la convergenza sostanziale delle due CTU disposte, rispettivamente, nel marzo 1990 e nel novembre 2001, sia valutabile come prova del fatto che il sig. G. sia affetto da bronchite cronica asmatiforme e del fatto che il lavoro di addetto alle macchine stampanti abbia avuto un ruolo determinante nel causare l’affezione, attraverso i meccanismi patogenici riconosciuti dalla scienza medica.

Infatti, come risulta da entrambe le perizie tecniche d’ufficio disposte dal Tribunale civile, le esalazioni prodotte dalle sostanze chimiche -ammoniaca ed acidi- utilizzate nel funzionamento delle macchine eliografiche, foto riproduttrici e ciclostili, hanno un ruolo di rilievo nell’insorgenza della patologia sofferta dal ricorrente.

Devono ritenersi prive di pregio le deduzioni della difesa erariale, volte a dimostrare la breve durata dell’esposizione agli agenti nocivi, sia perché non è provata la sostituzione delle macchine più pericolose -anzi, la citata relazione dirigenziale del 1983 conferma l’uso delle macchine indicate dal ricorrente- sia perché, dalle relazioni dei CTU, condivise sul punto dal Collegio, si ricava che una limitata esposizione temporale non può escludere il nesso di causalità, trattandosi di patologie che, una volta avviate, hanno in sé i meccanismi di auto mantenimento, cronicizzazione ed evoluzione.

Neppure possono considerarsi concause determinanti, come vorrebbe la perizia di parte resistente, il fumo di sigarette e la pregressa attività di muratore del ricorrente.

Infatti, le CTU escludono tale possibilità sulla scorta delle considerazioni che l’interessato aveva smesso da tempo di fumare ed era sempre stato un modesto fumatore e che il lavoro di muratore era stato svolto in un periodo troppo antecedente l’insorgere della malattia per assumere rilievo come concausa.

Non avendo la PA provato di aver adottato le cautele necessarie a prevenire la lesione dell’integrità fisica del lavoratore, deve concludersi per la declaratoria della responsabilità contrattuale del Ministero, succeduto nel processo alla soppressa Agenzia, obbligato, pertanto a risarcire al ricorrente il danno biologico patito.

Tale danno deve essere quantificato tenendo conto dei postumi a carattere permanente incidenti sulle condizioni fisiche dell’interessato; i due, successivi, consulenti tecnici, dopo le necessarie analisi del deficit respiratorio residuo al termine dell’esposizione al lavoro insalubre, hanno quantificato tale danno, rispettivamente, nel 20 % e nel 30%.

Il collegio ritiene di dover quantificare il danno biologico nella misura del 25%, accogliendo, pertanto, il ricorso nella parte in cui si chiede la condanna della PA al risarcimento di euro 58.101,40 a titolo, appunto, di danno biologico.

Deve essere rigettata, invece, la domanda di risarcimento del danno morale, quale autonoma voce di danno non patrimoniale, liquidato dal primo giudice in euro 17.430,42.

Deve condividersi, al riguardo, l’orientamento delle Sezioni Unite (cfr. Cassazione civile, sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972) secondo cui il danno non patrimoniale anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza, che deve essere allegato e provato. Va disattesa, infatti, la tesi che identifica il danno con l’evento dannoso, il cosiddetto "’danno evento"; è del pari da respingere la variante costituita dall’affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe "in re ipsa", perché la tesi snatura la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo.

Nella fattispecie, manca l’allegazione di un autonomo danno morale sofferto dal ricorrente; ne deriva la doverosa reiezione della relativa domanda.

In conclusione, il ricorso va accolto, in parte, e, per l’effetto, deve riconoscersi al ricorrente il diritto al risarcimento del danno biologico nella misura di euro 58.101,40.

Trattandosi di debito di valore, sono dovuti interessi e rivalutazione dalla data della domanda -1.10.1987- sino ad effettivo soddisfo.

Le spese processuali e gli onorari difensivi devono essere posti a carico dell’Amministrazione soccombente, per essere liquidati in dispositivo a favore del difensore che ha chiesto la distrazione ex art. 93 c.p.c.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie in parte e, per l’effetto, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di G. V. della somma di euro 58.101,40 -cinquantottomilacentouno,40- oltre interessi legali e rivalutazione monetaria a decorrere dal 1 ottobre 1987 fino al soddisfo.

Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore del procuratore distrattario, avv. Alfredo Gualtieri, della somma di euro 1.500,00 -millecinquecento- per spese processuali anticipate ed onorari non riscossi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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