Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-12-2010) 02-03-2011, n. 8347

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.S., parte civile nel procedimento nei confronti del marito F.G., imputato del reato di maltrattamenti, ha proposto personalmente ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia, in epigrafe indicata, che ha dichiarato la nullità della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Verona, per incompetenza territoriale, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Mantova.

La ricorrente ha contestato la decisione dei giudici d’appello, sostenendo che gli episodi più gravi di maltrattamenti nei confronti del figlio minore si sarebbero verificati in località Torri del Benaco, con conseguente competenza territoriale del Tribunale di Verona.

Inoltre, con un altro motivo, ha denunciato l’abnormità della sentenza impugnata, sostenendo che sarebbe stata redatta il giorno precedente all’udienza.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, in quanto risulta sottoscritto personalmente dalla parte civile.

La giurisprudenza di questa Corte è ormai costante nel ritenere che la parte civile non possa proporre ricorso personalmente, sottoscrivendo il relativo atto, in quanto per la valida instaurazione del giudizio di legittimità trova applicazione la regola prevista dall’art. 613 c.p.p., secondo cui l’atto di impugnazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’apposito albo. L’unica deroga ammessa concerne la possibilità per l’imputato di sottoscrivere personalmente il ricorso, dovendo così interpretarsi il riferimento alla "parte" contenuto nel citato art. 613 c.p.p.: infatti, per "parte" non può intendersi la persona offesa, a cui tale qualifica non spetta, e non può riferirsi alle altre parti private diverse dall’imputato, che comunque devono stare in giudizio con il ministero di un difensore munito di procura, ai sensi degli artt. 100 e 101 c.p.p..

Invero, l’art. 613 c.p.p. deve necessariamente essere letto e interpretato alla luce di quanto prescrive l’art. 571 c.p.p., disposizione che pone la deroga in modo esplicito, riconoscendo al solo imputato la facoltà di proporre personalmente l’impugnazione (Sez. un., 27 giugno 2001, n. 34535, Petrantoni).

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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