Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-04-2011, n. 9586 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12.12.2005/26.4.2006 la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza resa dal Tribunale di Roma il 16.4.2002, dichiarava la nullità del termine apposto al (primo) contratto stipulato fra P.L. e le Poste Italiane per il periodo 1.3.1999/31.5.1999, ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994, "per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane".

Osservava in sintesi la corte territoriale che, trattandosi di contratto stipulato successivamente al 30.4.1998, si doveva ritenere che gli accordi sindacali intervenuti successivamente all’accordo del 25.9.1997 non fossero meramente ricognitivi del perdurare delle esigenze legittimanti le assunzioni a tempo determinato, ma erano piuttosto volti a stabilire precisi limiti di scadenza all’autorizzazione alla stipulazione di contratti a tempo determinato, con la conseguenza che era inibito alle parti di autorizzare retroattivamente, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica, la stipulazione di contratti a termine non più legittimati per effetto della durata in precedenza stabilita.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le Poste Italiane con due motivi. Resiste con controricorso P.L., la quale ha anche proposto ricorso incidentale.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la società ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione ( art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 425 c.p.c. e dei criteri di ermeneutica contrattuale in relazione agli accordi collettivi intercorsi, nonchè vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che il potere normativamente attribuito alla contrattazione collettiva di individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, in aggiunta a quelle già stabilite dall’ordinamento, poteva essere esercitato senza limiti di tempo, non prevedendosi alcun limite temporale al riguardo, con la conseguenza che agli accordi c. d. attuativi del contratto del 25.9.1997 non poteva che riconoscersi una funzione meramente ricognitiva della permanenza delle esigenze sottese alla necessità di stipulare ulteriori contratti a termine.

Con il secondo motivo, prospettando violazione di norme di diritto ( art 360 c.p.c., n. 3 in relazione agli artt. 1217 e 1233 c.c.), si duole che la corte territoriale avesse omesso qualsiasi verifica in ordine alla rituale costituzione in mora del datore di lavoro (che non potrebbe, in ogni caso, desumersi dalla mera istanza per il tentativo di conciliazione), nonchè qualsiasi decisione in merito alla richiesta formulata ai fini dell’esibizione di documentazione utile a consentire una corretta determinazione dei corrispettivi percepiti dal dipendente per attività di lavoro svolta a favore di terzi, e ciò sebbene l’eccezione non potesse che essere genericamente dedotta dal datore di lavoro, incombendo il relativo onere, in realtà, sul lavoratore.

Con il ricorso incidentale, infine, l’intimata, prospettando violazione degli artt. 1217 e 1233 c.c., contesta i criteri di determinazione del risarcimento, erroneamente limitato dalla corte territoriale al triennio decorrente dalla cessazione del rapporto.

2. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

3. Il ricorso principale è inammissibile per mancanza dei quesiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c..

La sentenza impugnata è stata pubblicata, infatti, successivamente al 2 marzo 2006, e, quindi, risulta soggetta ratione temporis alla disposizione in esame, introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 la quale, come noto, è stata successivamente abrogata dalla Legge di Riforma 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi, tuttavia, dell’art. 58, comma 5 della medesima legge tale ultima disposizione si applica solo "alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, sia stato depositato successivamente all’entrata in vigore della legge" stessa.

Ne deriva che nel periodo ricompreso fra l’introduzione dell’art. 366 bis c.p.c. e la sua abrogazione, risulta rilevante, ai fini della permanenza, in via transitoria, del precetto, la data di pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso per cassazione, che, ove anteriore al 4 luglio 2009, comporta l’obbligo per la parte ricorrente della formulazione del quesito di diritto, a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio.

4. Il ricorso incidentale va dichiarato inefficace, ai sensi dell’art. 334 c.p.c. dovendosi rilevare come l’inammissibilità del ricorso principale determini l’inefficacia del ricorso incidentale proposto tardivamente, cioè oltre il termine (breve o lungo) d’impugnazione della sentenza, per assumere in questo caso l’impugnazione (in conseguenza dell’inammissibilità del ricorso principale, che priva di autonoma tutela l’impugnazione incidentale tardiva, suscettibile di essere esaminata solo ove sia validamente proposta quella principale) natura e funzione di ricorso principale, sicchè diviene privo di rilievo il termine proprio (ai sensi degli art. 370 e 371 c.p.c.) del ricorso incidentale (v. ad es. Cass. n. 881/1996; Cass. n. 3862/2004). Nel caso il ricorso è stato notificato il 30.5.2007, e, quindi, oltre il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza.

5. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale, condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 25,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari di avvocato, oltre ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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