Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 29-04-2011, n. 9577 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte:

Considerato che:

1. la Corte d’appello di Firenze, in riforma della sentenza di prime cure, ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro con decorrenza 18 luglio 1997 stipulato da Poste Italiane s.p.a. con B.M.;

2. per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso illustrato da memoria; il lavoratore è rimasto intimato;

3. come si evince dalla sentenza impugnata B.M. è stato assunto con due successivi contratti a termine protrattisi rispettivamente dal 18 luglio 1997 al 30 settembre 1997 (il primo) e dal 5 novembre 1999 al 30 novembre 1999 (il secondo); il primo dei suddetti contratti è stato stipulato a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 nella parte in cui prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre;

3. la Corte territoriale, sul presupposto che anche nelle ipotesi di contratto a termine individuate dalla contrattazione collettiva ai sensi della L. n. 56 del 1987, art 23 occorre far riferimento alla disciplina generale di tale tipologia di contratti stabilita dalla L. n. 230 del 1962, attribuiva valore decisivo al fatto che non era stato specificamente indicato il nominativo dei lavoratore sostituito, le mansioni dallo stesso svolte e la durata della sostituzione, e che non era stata provata la correlazione tra l’esigenza posta a fondamento de contratto e quella dell’assunzione dello specifico lavoratore; in relazione alla ritenuta illegittimità del termine apposto al suddetto contratto dichiarava l’instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza dalla data di inizio del primo contratto e riteneva implicitamente assorbita ogni questione relativa all’illegittimità del termine apposto al secondo dei contratti sopra indicati;

4. col primo motivo di ricorso Poste Italiane s.p.a. denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1 della L. n. 56 del 1987, art 23 e dell’art. 1362 c.c. e segg., nonchè vizio di motivazione con riferimento alla statuizione di illegittimità del termine apposto al contratto stipulato fra le parti con decorrenza 18 luglio 1997; in particolare contesta la riconducibilità della fattispecie in esame alle ipotesi disciplinate dalla L. n. 230 del 1962;

la censura è fondata;

questa Corte Suprema (cfr., ex plurimis, Cass. 2 marzo 2007 n. 4933), decidendo su una fattispecie sostanzialmente simile a quella in esame (contratto a termine stipulato ex art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, in relazione alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre) ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di provare il collegamento tra l’esigenza posta a fondamento del contratto e quella dell’assunzione del singolo lavoratore (anche nel caso di specie la sentenza impugnata aveva ritenuto la sussistenza di un onere per il datore di lavoro di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito) avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva;

la violazione di norme di diritto è stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito ha negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie; tale statuizione del giudice di merito si pone in contrasto col principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588) secondo cui la configurabilità della delega in bianco ai sensi del citato L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 consente ai sindacati la possibilità di individuare figure di contratto a termine non omologhe a quelle previste per legge;

per quanto concerne il vizio di interpretazione della normativa collettiva è stato osservato che la statuizione del giudice del merito, nell’escludere che l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo potesse contemplare, quale unico presupposto per la sua operatività, l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie, ha dimostrato una carenza di indagine sull’intenzione espressa dagli stipulanti; ed infatti il quadro legislativo di riferimento avrebbe imposto l’esame del significato delle espressioni usate dalle parti stipulanti, ed in particolare un’indagine sulle ragioni dell’uso di una formula diversa da quella della legge, priva di riferimenti alla sostituzione di dipendenti assenti, sostituiti dalla precisazione del periodo per il quale l’autorizzazione è concessa (pur potendo le ferie essere fruite in periodi diversi), onde verificare se la necessità di espletamento del servizio facesse riferimento a circostanze oggettive, o esprimesse solo le ragioni che avevano indotto a prevedere questa ipotesi di assunzione a termine, nell’intento di considerarla sempre sussistente nel periodo stabilito, in correlazione dell’uso dell’espressione in concomitanza;

inoltre altre decisioni di questa Suprema Corte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie;

5. in relazione all’accoglimento della suddetta censura deve ritenersi assorbito l’ultimo motivo di ricorso concernente le conseguenze economiche derivanti dalla declaratoria di illegittimità del termine;

6. il ricorso deve essere in definitiva accolto e pertanto la sentenza deve essere cassata con rinvio ad altro giudice, designato in dispositivo, il quale provvederà tenendo conto dei principi sopra affermati; il giudice del rinvio provvederà altresì, ex art. 385 cod. proc. civ., sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie parzialmente il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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