Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 30-11-2010) 02-03-2011, n. 7988

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il difensore di F.V. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Napoli, in data 30 settembre 2009, con la quale veniva confermata la sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di S. Maria C. V., in data 12.11.2008, che condannava il F. alla pena come in atti per vari episodi di estorsione consumata o tentata ed altro.

Egli espone i seguenti motivi: 1) nullità della sentenza in relazione ai capi c), d) ed e) della rubrica, ex art. 606 c.p.p., lett. b) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e segnatamente per violazione dell’art. 629 c.p.; si sostiene che la Corte territoriale incorre nello stesso errore di valutazione del GUP ritenendo che i fatti di cui in contestazione siano riconducibili alla fattispecie delittuosa del delitto di estorsione; 2) nullità dell’impugnata sentenza, ex art. 606 c.p.p., lett. b) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e segnatamente per violazione dell’art. 62 c.p., n. 4; nullità dell’impugnata sentenza, ex art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza e/o contraddittorietà della motivazione, nell’assunto che sarebbe illogico il diniego della concessione dell’invocata attenuante, cosi motivato: "Invero il danno arrecato con le continue richieste di danaro e di consumazioni, che in un caso sono giunte fino alla somma di Euro 150 estorta a C.P., non può essere definito di speciale tenuità"; 3) nullità dell’impugnata sentenza, ex art. 606 c.p.p., lett. b) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e segnatamente per violazione dell’art. 133 c.p.; nullità dell’impugnata sentenza, ex art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza e/o contraddittorietà della motivazione, nell’assunto che la pena sarebbe eccessiva.

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e perchè coinvolge questioni di fatto, tendendo ad una mera rilettura delle risultanze processuali.

Esso deduce, in sostanza, vizi rapportabili alla motivazione del provvedimento impugnato. Al riguardo è noto che la mancanza o manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento stesso e l’indagine di legittimità è necessariamente circoscritta a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo svolto dal giudice di merito.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto già vagliati e posti a fondamento della decisione impugnata, non potendo integrare il vizio di legittimità soltanto una diversa ricostruzione delle risultanze processuali, magari prospettata in maniera più utile per il ricorrente.

Considerato che le sentenze di primo e secondo grado, quando conformi, vanno lette in un unico contesto, integrandosi a vicenda, si deve osservare che l’impianto argomentativo di merito è del tutto logico e coerente, privo di vizi logico-giuridici. Esso da conto di un persistente comportamento violento e minaccioso del F., volto ad ottenere consumazioni gratuite da C.P., titolare di un bar.

Poichè le doglianze ripetono quelle già vagliate in sede di appello e non apportano elementi configuranti vizi di legittimità, non è d’uopo esaminare paratamente i singoli reati addebitati al Ferrare;

il diniego dell’attenuante del danno di speciale tenuità è frutto di una valutazione in fatto, correttamente motivata, non modificabile dal giudice di legittimità; il trattamento sanzionatorie è vicino ai minimi edittali ed è ancorato a valutazioni in linea con i criteri indicati dall’art. 133 c.p..

Queste considerazioni conducono a ritenere il ricorso manifestamente infondato.

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (v. Corte Cost. sent. 186/2000) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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