Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 25-11-2010) 02-03-2011, n. 8344 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza in data 22 dicembre 2004 del Tribunale di Cosenza, con la quale venivano condannati L.P.E. alla pena di anni due di reclusione ed Euro 1.500 di multa, M. A. e D.R.V. a quella di anni uno, mesi due di reclusione ed Euro 1.200 di multa per i reati di detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina ed eroina) loro rispettivamente ascritti, con il riconoscimento a tutti dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 (T.U. stup.).

2. Da detta sentenza si ricava che i fatti che avevano determinato l’inizio del procedimento penale erano stati accertati attraverso servizi di intercettazione ambientale e da dichiarazioni testimoniali o di un collaboratore di giustizia ( D.N.O.).

Tali fonti di prova avevano permesso di individuare l’identità dei responsabili dell’attività materiale di spaccio svolta a favore di vari consumatori (a seconda dei casi, A.A., Ma.

P. e D.M.A.).

3. Ricorrono per cassazione i predetti imputati.

4. L.P.E., a mezzo dell’avv. Antonio Ingrosso, denuncia con un unico motivo il vizio di motivazione e la violazione di legge in punto di affermazione della responsabilità penale, evidenziando che i giudici di merito avevano posto a fondamento di essa esclusivamente le dichiarazioni del tossicodipendente A.A., che erano in realtà incoerenti, contraddittorie e lacunose, avendo in particolare il medesimo collocato le forniture di eroina che gli sarebbero state fatte dal L.P. in epoca ((OMISSIS)) nella quale il medesimo si trovava ristretto in carcere, solo successivamente modificando l’epoca delle cessioni alla fine dell’anno (OMISSIS).

Quanto alle dichiarazioni del collaboratore D.N., elemento di spicco della criminalità cosentina e quindi certamente al corrente delle persone che in tale area territoriale si occupavano di spaccio di droga, esse contrastavano con quanto riferito dall’ A., avendo egli escluso che il L.P. avesse trafficato in stupefacenti negli anni (OMISSIS).

Infine, il m.llo E.E. aveva affermato di non avere elementi per ritenere che il L.P. fosse coinvolto nelle conversazioni intercettate.

5. M.A., con atto personalmente sottoscritto, denuncia il vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità penale, deducendo che apoditticamente egli viene identificato in quel tale " A.", di etnia rom, residente in Cosenza, cui fanno riferimento i colloqui intercettati.

6. Infine, anche D.R.V., a mezzo dell’avv. Vincenzo Adamo, denuncia il vizio di motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità penale, deducendo essenzialmente che non emergevano dati o argomenti risolutivi per identificare in lui il soggetto indicato con l’appellativo " V." nelle conversazioni intercettate; e comunque che la sentenza impugnata non aveva dato risposta esaustiva alla ipotesi del consumo di gruppo profilata nell’atto di appello.
Motivi della decisione

1. I ricorsi appaiono manifestamente infondati.

2. Contrariamente a quanto dedotto, non vi è alcuna discrasia tra le dichiarazioni rese in giudizio dal tossicodipendente A.A. e quelle dallo stesso rese nel corso delle indagini (peraltro non contestate da alcuna parte al teste nel corso dell’esame dibattimentale), dato che egli, in sede di indagini preliminari, aveva affermato di avere acquistato droga da vari spacciatori, tra cui il L.P., a partire dal (OMISSIS) (in precedenza avendola acquistata solo da tale D.L.E.). Il teste, dunque, non aveva dichiarato che l’imputato gli aveva fornito droga nel (OMISSIS), ma solo in un periodo successivo a tale data, tra vari altri spacciatori; e in dibattimento ha precisato, con specifico riferimento al L.P., che questo gli aveva venduto droga in due o tre occasioni, davanti al bar di via (OMISSIS), tra il (OMISSIS), e cioè proprio nei pressi dell’abitazione dell’imputato, sita in tale via.

D’altro canto, il collaboratore D.N. non ha affatto escluso che il L.P. fosse dedito all’attività di spaccio, avendo al contrario riferito che detto imputato aveva iniziato la sua attività di spacciatore a partire degli anni (OMISSIS).

3. Quanto al M., la sua identificazione nello spacciatore di nome A. cui fanno riferimenti i colloqui intercorsi tra i tossicodipendenti D.M.A. e Ma.Pa. è stata giustamente ritenuta dai giudici di merito sulla base della considerazione non solo della coincidenza del nome, ma anche del fatto che esso veniva indicato come "lo zingaro" (essendo egli effettivamente di etnia rom), che abitava nel "Secondo Lotto" (tratto di via (OMISSIS) ove effettivamente era ubicata la casa dell’imputato) e che possedeva un’autovettura 126 (veicolo su cui il M. era stato poco tempo prima controllato dalle forze dell’ordine); e, come attestato dalla p.g., nessun altro individuo di tal nome e di tale etnia, abitante nel "Secondo Lotto", possedeva un’autovettura di tale tipo.

4. L’identificazione del D.R. nello spacciatore " V." cui si riferiscono le conversazioni intercettate, infine, è resa ineccepibile dal riconoscimento fonico della voce dell’imputato, effettuato non solo dagli operanti m.llo P. e m.llo Pr. ma anche dal perito prof. R., nonchè dalle dichiarazioni del collaboratore D.N., che ha riferito dell’attività di spacciatore dell’imputato.

3, Alla inammissibilità dei ricorsi consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro mille ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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