T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 28-02-2011, n. 1775 Giudicato amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con il ricorso principale e con quello recante motivi aggiunti, entrambi meglio indicati in epigrafe, la Signora G.F. ha impugnato i provvedimenti con i quali la direzione del Lazio dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha respinto l’istanza volta ad ottenere il trasferimento di sede della ricevitoria lotto n. 417 dal Comune di Gaeta presso la rivendita di tabacchi lavorati n. 40, sita nel Comune di Formia alla Via Appia Lato Napoli n. 5.

Premette la ricorrente di essere titolare della ricevitoria del lotto n. 417 sita nel Comune di Gaeta nonché titolare della rivendita di tabacchi lavorati n. 40, sita nel Comune di Formia alla Via Appia Lato Napoli n. 5, autorizzata con licenza n. 3074 del 9 dicembre 2008 da parte dell’Ufficio regionale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato.

Riferisce la Signora F. che, allo scopo di unificare la gestione della ricevitoria del lotto e della rivendita di tabacchi, ebbe a presentare al competente Ufficio regionale dell’Amministrazione oggi resistente una istanza per il trasferimento di sede della ricevitoria lotto n. 417 dal Comune di Gaeta presso la rivendita di tabacchi lavorati n. 40, sita nel Comune di Formia alla Via Appia Lato Napoli n. 5.

Lamenta la ricorrente che dapprima, con provvedimento prot. 22098 del 15 maggio 2009 dell’Ufficio del direttore regionale del Lazio dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, è stata respinta l’istanza di trasferimento di sede, di talché proponeva scritti difensivi ai sensi dell’art. 10bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, nondimeno successivamente la disposta reiezione dell’istanza veniva confermata con provvedimento prot. 56312 del 24 novembre 2009.

Sostenendo l’illegittimità, sotto distinti e numerosi profili, dei due provvedimenti impugnati – il primo con il ricorso principale ed il secondo con il ricorso contenente motivi aggiunti – nonché dell’atto ad essi presupposto, vale a dire la circolare della Direzione generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato prot. DAC/CRV/6734/07 del 10 maggio 2007, nella quale viene prescritto che il trasferimento della ricevitoria in ambito comunale diverso è consentito solo se nel Comune ricevente siano soddisfatti i limiti reddituali previsti per l’ampliamento della rete di raccolta, ne chiede ora il giudiziale annullamento.

2. – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato depositando le relazioni degli uffici competenti.

Con ordinanza n. 4152 del 3 settembre 2009 il Tribunale respingeva l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente nei confronti del primo dei due provvedimenti impugnati recta via in questa sede.

Trattenuta riservata la decisione nell’udienza di merito del 12 maggio 2010 la riserva è stata sciolta nella Camera di consiglio del 13 ottobre 2010.

3. – Preliminarmente il Collegio deve dichiarare, confermando in tal senso il tenore dell’ordinanza cautelare n. 4152 del 2009, l’inammissibilità del ricorso principale con il quale è stato chiesto l’annullamento del provvedimento prot. 22098 del 15 maggio 2009.

Detto atto infatti, che in realtà consiste in una nota dell’Amministrazione con la quale, sotto un primo profilo si rappresenta all’odierna ricorrente che, con riferimento all’istanza di trasferimento di sede presentata, non sussistono "le condizioni previste all’art. 3 del d.D. 12.12.2003 per procedere all’ampliamento della rete" secondo quanto è stabilito dalla circolare della Direzione generale dei Monopoli di Stato "prot. n° DAC/CRV/6734/07 del 10.05.2007" secondo la quale "il trasferimento della ricevitoria in ambito Comunale diverso è consentito solo se nel Comune ricevente siano soddisfatti i limiti reddituali previsti per l’ampliamento della rete di raccolta del gioco del lotto" (i passaggi virgolettati riportano i tratti salienti della nota qui impugnata con il ricorso principale); sotto altro profilo la ridetta nota, nella sua parte conclusiva, espressamente invita la destinataria della stessa a far pervenire all’Amministrazione, qualora ne avesse interesse, osservazioni e/o documenti entro dieci giorni dal ricevimento della nota ai sensi dell’art. 10bis della legge 7 agosto 1990 n. 241.

Appare evidente quindi, tenuto conto della testuale ricostruzione del contenuto della nota qui impugnata con il ricorso principale, come essa si compendi in un atto di natura affatto provvedimentale e dal tenore squisitamente endoprocedimentale nei cui confronti non può ammettersi nessun gravame in sede giudiziale per assenza di attualità dell’interesse all’impugnazione, atteso che il preavviso di diniego è, naturaliter, atto prodromico alla conclusione del procedimento con il relativo provvedimento conclusivo.

Come è a tutti noto, l’art. 10bis della legge n. 241 del 1990, è stato introdotto dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15 al fine di consentire il contraddittorio tra privato ed amministrazione prima dell’adozione di un provvedimento negativo ed allo scopo, quindi, di far interloquire il privato sulle ragioni ritenute dall’amministrazione ostative all’accoglimento dell’istanza. Il preavviso di diniego emanato ai sensi del citato art. 10bis è, quindi, un atto di natura endoprocedimentale ed é volto a garantire, ai sensi della citata disposizione della legge n. 241 del 1990, il diritto in capo agli istanti "di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti".

D’altronde, l’indole interlocutoria di detto atto appare manifestata anche dal comma 2 dalla norma sopra richiamata, in quanto ivi viene prevista, quale effetto derivante dal preavviso di diniego, soltanto l’interruzione dei termini per concludere il procedimento (che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo) e, quindi, l’assenza della manifestazione della volontà conclusiva dell’Amministrazione, necessaria per interrompere il silenzio dalla stessa serbato.

In ragione di quanto si è fin qui osservato, il Collegio deve concludere nel senso che l’atto gravato con il ricorso oggi in esame è privo di consistenza provvedimentale, integrando invece una comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di trasferimento del punto lotto (cfr., ex multis, T.A.R Lazio, Sez. I, 10 aprile 200, n. 2553); ne deriva che il carattere endoprocedimentale dell’atto in questione determina la sua non autonoma impugnabilità, con la conseguenza che il gravame introdotto con il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.

4. – Dichiarato in via preliminare inammissibile il ricorso originario, in quanto rivolto avverso un atto di natura endoprocedimentale, la decisione deve dunque essere limitata ai motivi aggiunti che, anche in ragione del rinnovato mandato alle liti, assumono carattere autonomo e che hanno ad oggetto il provvedimento conclusivo adottato successivamente al preavviso di diniego.

La lettura del contenuto di tale provvedimento conduce ad affermare che l’Amministrazione ha motivato il diniego di trasferimento della ricevitoria (o "punto") lotto dal Comune di Gaeta al Comune di Formia, presso la rivendita di tabacchi pure gestita dall’odierna ricorrente, sul presupposto che la circolare attuativa dell’art. 3, comma 42 bis, del decretolegge n. 203 del 2005, convertito nella legge n. 248 del 2005, prot. n. DAC/CRV/6734/07 del 10 maggio 2007, prevede che il trasferimento della ricevitoria del lotto nel locale della rivendita dei generi di monopolio in ambito comunale diverso sia consentito solo se nel Comune ricevente siano soddisfatti i limiti reddituali previsti per l’ampliamento del gioco del lotto.

Tale assunto discenderebbe, si legge sempre nella parte "in premessa" del provvedimento impugnato, a parere dell’Amministrazione intimata dal combinato disposto di cui agli artt. 3 e 4 del decreto direttoriale del 12 dicembre 2003, in quanto:

A) riferendosi all’art. 3 il provvedimento impugnato precisa che "l’attribuzione di nuove concessioni del lotto è subordinata al raggiungimento di parametri reddituali da valutarsi nell’ambito del Comune di appartenenza dell’istituenda ricevitoria, tenuto conto dell’incasso medio annuo dei punti di raccolta già attivi nel Comune, ragion per cui il trasferimento di un punto lotto da un Comune all’altro, pur non implicando, sul territorio nazionale, un incremento della rete di raccolta, equivale, per ciò che concerne il Comune interessato, all’istituzione di una nuova ricevitoria;

B) riferendosi poi all’art. 4, il ridetto provvedimento aggiunge che il limite reddituale deve considerarsi "introdotto anche nell’interesse del nuovo ricevitore" atteso che, proprio l’art. 4 del decreto direttoriale "ha previsto la revoca delle ricevitorie che per due esercizi finanziari consecutivi non abbiano raggiunto una soglia minima di raccolta.

5. – Contesta la ricorrente la legittimità della surriportata ricostruzione normativa che, peraltro, soffre dell’illegittimità derivata della (pure gravata con il ricorso originale) circolare della Direzione generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato prot. DAC/CRV/6734/07 del 10 maggio 2007, nella parte in cui viene prescritto che il trasferimento della ricevitoria in ambito comunale diverso è consentito solo se nel Comune ricevente siano soddisfatti i limiti reddituali previsti per l’ampliamento della rete di raccolta, dovendosi ritenere tale prescrizione fuori dal quadro normativo di riferimento.

Infatti, sostiene la ricorrente che:

1) sotto un primo profilo la disposizione contenuta nell’art. 3 del decreto direttoriale 12 dicembre 2003 trova applicazione "solamente nei casi di estensione della rete di raccolta del gioco del lotto mediante rilascio di nuove concessioni, nei Comuni che ne siano sprovvisti, ai soggetti titolari di una rivendita ordinaria di generi di monopolio, e non già nei casi di accorpamento o di trasferimento di sede di un punto lotto, già esistente, presso una rivendita di generi di monopolio, dovendo, in tal caso, essere soltanto garantita una raccolta del fioco del lotto non inferiore al limite annuo di Euro 20.658,28" (così, testualmente, a pag. 8 del ricorso recante motivi aggiunti);

2) sotto altro profilo l’art. 6 del decreto direttoriale 12 dicembre 2006 prescrive testualmente che "ai titolari delle ricevitorie di cui trattasi che abbiano ottenuto ai sensi del presente regolamento la titolarità della rivendita di generi di monopolio è consentito trasferire, nel locale di quest’ultima, la ricevitoria a prescindere dai rispettivi ambiti comunali di appartenenza" (così, testualmente, a pag. 11 del ricorso recante motivi aggiunti).

Orbene, avendo ottenuto la Signora F. l’assegnazione della rivendita di tabacchi n. 40 nel Comune di Formia ai sensi del regolamento 12 dicembre 2006, come è correttamente descritto nelle premesse dello stesso atto qui gravato, nulla le avrebbe impedito di ottenere il trasferimento presso la rivendita di tabacchi del punto lotto n. 417 a lei assegnato nel vicino Comune di Gaeta.

6. – Replica a tali contestazioni l’Amministrazione intimata (nella relazione tecnica degli Uffici del 9 febbraio 2010 prodotta dall’Avvocatura erariale) precisando che:

A) il decreto direttoriale 12 dicembre 2006 nel regolamentare l’attribuzione del beneficio dell’assegnazione di una tabaccheria ai ricevitori c.d. puri – per come stabilito dall’art. 3, comma 42bis del decreto legge n. 203 del 2005, "prevede comunque all’art. 7 che l’assegnazione, per tutto ciò che in esso non è espressamente previsto, sia disciplinata dalle norme vigenti in tema di gestione di rivendite di generi di monopolio e di ricevitorie del lotto. Pertanto, l’Amministrazione non può prescindere dal riferimento ai parametri reddituali introdotti dall’art. 3 del decreto direttoriale del 12 dicembre 2003"

B) né può ritenersi illegittima la circolare della Direzione generale dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato prot. DAC/CRV/6734/07 del 10 maggio 2007, giacché "allorquando la suddetta circolare dispone che il trasferimento della ricevitoria in ambito comunale diverso è consentito solo se nel Comune ricevente siano soddisfatti i limiti reddituali previsti per l’ampliamento della rete di raccolta del gioco del lotto, non introduce un limite nuovo ma interpreta la normativa relativa alle assegnazioni di rivendite di generi di monopolio ai ricevitori "puri" alla luce delle norme previgenti concernenti l’apertura di nuovi punti lotto sul territorio comunale, secondo quanto prescritto (…) dall’art. 7 del decreto direttoriale del 12 dicembre 2006".

7. – L’art. 3, comma 42bis, del decreto legge 30 settembre 2005 n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005 n. 248 (recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), così recita: "Con regolamento del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabiliti le condizioni ed i termini per la diretta assegnazione di una rivendita di generi di monopolio ai titolari di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio, che, per effetto di nuove attivazioni di ricevitorie del lotto presso rivendite di generi di monopolio o trasferimenti di sede delle stesse, si trovino a distanza inferiore ai 200 metri da altra ricevitoria, o comunque, quando, a seguito dell’ampliamento della rete di raccolta, sia intervenuto un significativo mutamento delle condizioni di mercato che abbia determinato una concentrazione eccessiva in relazione alla domanda. La possibilità di assegnazione e" estesa, qualora non esercitata dal titolare della ricevitoria, in subordine ai coadiutori od ai parenti entro il quarto grado od agli affini entro il terzo grado. Per l’istituzione delle rivendite di cui al presente comma devono essere rispettati i parametri vigenti di distanza e redditività".

Appare evidente, dalla lettura in particolare dell’ultimo periodo della disposizione di legge sopra riprodotta, che la possibilità di istituzione di rivendite previste dalla speciale disposizione in questione è condizionata al rispetto dei vigenti parametri di redditività e che, dunque, il regolamento di esecuzione di tale previsione, a cura del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato non avrebbe potuto non tener conto di tale elemento derivante direttamente dalla fonte primaria.

Il decreto direttoriale in questione, 12 dicembre 2006, all’art. 7 con una norma di chiusura, fa comunque salva l’applicazione delle norme vigenti "in tema di gestione di rivendite di generi di monopolio e ricevitorie del lotto".

Va segnalato, per chiarezza e per completezza con particolare riferimento al caso in esame, che il comma 42bis introdotto dalla legge di conversione n. 248 del 2005 nell’art. 3 del decreto legge n. 203 del 2005 si occupa del caso in cui venga richiesta l’assegnazione di una rivendita di generi di monopolio da parte di un concessionario di punto lotto non abbinato ad una rivendita: nel caso oggetto del contenzioso qui in scrutinio la vicenda si pone all’opposto, rispetto alla previsione normativa su emarginata, in quanto la ricorrente è già assegnataria di una rivendita nel Comune di Formia e chiede di accorpare ad essa il punto lotto a lei assegnato presso il Comune di Gaeta.

Tale particolarità, tuttavia, ad avviso del Collegio non sposta il criterio di valutazione circa la (contestata) legittimità del diniego opposto dall’Amministrazione al trasferimento (non di una rivendita, in questo caso, ma) di un punto lotto da abbinare ad una rivendita già assegnata allo stesso titolare ma in altro Comune.

Infatti, rilievo centrale assume la considerazione che, comunque, lo spostamento di una ricevitoria del lotto tra due diversi Comuni deve rispettare le regole che concernono l’impatto sul mercato settoriale preesistente. E’ sicuramente vero ciò che sostiene la ricorrente nell’affermare che, ad ogni modo, a calmierare la concorrenza vi è la disposizione di cui all’art. 4 del decreto direttoriale 12 dicembre 2003, in virtù del quale la ricevitoria che per due esercizi consecutivi abbia effettuato una raccolta del gioco del lotto inferiore al limite annuo di Euro 20.658,28 sarà destinata di un atto di revoca della concessione, ma ciò non vuol dire che l’attribuzione della facoltà di spostamento della ricevitoria tra due Comune diversi possa essere esercitata in disparte da una rigorosa verifica dei parametri di redditività, tenuto conto che tale precisazione è, per l’appunto e prima ancora che dal decreto direttoriale di esecuzione, recata da una norma di fonte primaria.

Considerato che l’Amministrazione, nel provvedimento qui impugnato, attesta di aver verificato la insussistenza dei presupposti di redditività ritenuti indispensabili per autorizzare lo spostamento del punto lotto con riguardo al Comune "ricevente" e che sullo specifico punto nulla ha dedotto la parte ricorrente, tale aspetto della controversia deve darsi per assodato in via di fatto.

8. – Fermo quanto sopra coglie nel segno, ad avviso del Collegio, il richiamo che la difesa dell’Amministrazione intimata fa, nella documentazione prodotta in atti, all’art. 3 del decreto direttoriale 12 dicembre 2003 nel quale sono fissati i parametri reddituali da valutarsi nell’ambito del Comune nel quale verrà operato il trasferimento, tenendo conto altresì che va condivisa l’affermazione secondo la quale il trasferimento di una ricevitoria presso un Comune diverso è assimilabile all’attivazione di un nuovo punto lotto nel Comune ricevente, essendo tale operazione, evidentemente, in grado di alterare presso quel Comune l’equilibrio concorrenziale.

Si ribadisce che è sicuramente vero che la disposizione contenuta nell’art. 4 del decreto direttoriale 12 dicembre 2003 costituisce uno strumento di calmierazione dei volumi di raccolta del gioco e, soprattutto, un meccanismo utile a mantenere un livello adeguato di redditività della raccolta stessa nell’ambito comunale, tuttavia esso rappresenta indubbiamente un congegno normativo che opera "a valle" rispetto all’eventuale criticità provocata dall’introduzione di una nuova rivendita oppure – come nel caso qui in esame – di un nuovo punto lotto, seppur accorpato ad una preesistente rivendita.

Ne consegue, quindi, che con riferimento all’asse principale delle censure mosse all’atto di diniego impugnato nonché alla circolare in esso richiamata, costituente la censura di spessore sostanziale mossa al provvedimento impugnato, non si apprezzano, ad avviso del Collegio, elementi di fondatezza del ricorso proposto.

9. – Scolora, infine ed alla luce delle considerazioni sopra svolte, anche la censura di tipo formale riferita alla prospettata violazione del disposto di cui all’art. 10bis della legge n. 241 del 1990.

Parte ricorrente sostiene che il provvedimento impugnato deve dichiararsi illegittimo in quanto non ha tenuto conto delle osservazioni dalla stessa svolte in conseguenza della comunicazione del preavviso di diniego.

Sul punto va rammentato che la giurisprudenza è incline a ritenere che:

A) anche se non deve sussistere un rapporto di identità, tra il preavviso di rigetto e la determinazione conclusiva del procedimento, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio tra il contenuto dei due atti (a proposito delle ragioni ostative ivi indicate), ben potendo la Pubblica amministrazione ritenere, nel provvedimento finale, di dover meglio precisare le proprie posizioni giuridiche (in relazione alle osservazioni del privato o autonomamente), occorre però che il contenuto sostanziale del provvedimento conclusivo di diniego si inscriva nello schema delineato dalla comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, esclusa ogni possibilità di fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale, dato che altrimenti l’interessato non potrebbe interloquire con l’amministrazione anche su detti profili differenziali né presentare le proprie controdeduzioni prima della determinazione conclusiva dell’ufficio (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 27 novembre 2009 n. 11946 e T.A.R. EmiliaRomagna, Bologna, Sez. I, 3 agosto 2007 n. 1783);

B) ove nel preavviso di provvedimento negativo non siano contenuti tutti i motivi del diniego va rilevato che, ai sensi dell’art. 21octies della legge n. 241 del 1990, comunque non è annullabile un provvedimento per omessa comunicazione di avvio del procedimento, cui vanno assimilati l’omesso preavviso di provvedimento negativo e l’omissione di uno dei motivi su cui il provvedimento negativo si fonda, quando la p.a. abbia dimostrato in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe comunque potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. III, 4 giugno 2007 n. 1752 e T.A.R. Piemonte, Sez. I, 14 giugno 2006 n. 2487).

Orbene, ad avviso del Collegio e tenuto conto che la ricostruzione sopra riproposta delle disposizioni di fonte primaria e di fonte esecutiva (s’intende la circolare qui impugnata), quest’ultima ritenuta legittima perché non in contrasto ma in applicazione del disposto della fonte primaria, conduce a considerare di natura dovuta e quindi vincolata la decisione assunta dall’Ufficio regionale del Lazio dell’Amministrazione resistente in ordine alla richiesta inoltrata dalla Signora F., la mancata considerazione delle osservazioni da quest’ultima prodotte in seguito alla comunicazione del preavviso di diniego, ritenuta dalla ricorrente idonea a concretare un vizio di legittimità dell’atto, non può che iscriversi nella categoria dei vizi formali dell’atto, tenuto presente che nelle premesse dell’atto diniego qui impugnato l’Amministrazione ha dato conto della circostanza di aver ricevuto le osservazioni ("prodotte in data 05/06/2003", si legge testualmente nella prima pagina del ridetto atto di diniego), lasciando intendere di averle lette e di non aver ritenuto che contenessero elementi per modificare il segno dell’adottando provvedimento conclusivo del procedimento.

Tutto ciò, per un verso derubrica la portata sostanziale del paventato vizio relegandolo, come già riferito, nella categoria dei vizi formali e permette al Collegio in sede di scrutinio sulla legittimità dell’atto ai fini del suo eventuale annullamento, sussistendone i presupposti perché pianamente discendenti dalla produzione documentale acquisita al processo, di fare applicazione della disposizione di cui all’art. 21octies, secondo comma, primo periodo, della legge n. 241 del 1990, escludendo così la possibilità di disporre l’annullamento dell’atto impugnato sol perché l’Amministrazione non ha puntualmente replicato alle osservazioni prodotte dalla parte interessata nell’atto conclusivo del procedimento, visto che "in presenza di atti vincolati, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2, l. n. 241 del 1990, i vizi procedimentali non comportano l’annullamento dell’atto impugnato se non sono in grado di incidere sulla sostanza del medesimo" (così, testualmente, T.A.R. Lazio, Sez. I, 1 aprile 2010 n. 5380).

10. – In ragione di quanto sopra osservato, dunque, il ricorso va in parte dichiarato inammissibile ed in parte va respinto.

La peculiarità e novità delle questioni trattate consentono al Collegio, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. novellato, di disporre la integrale compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo dichiara in parte inammissibile e, in parte, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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