Cass. civ. Sez. V, Sent., 29-04-2011, n. 9551 avviso di accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ituto Procuratore Generale Dott. GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo

L’agenzia delle entrate ricorre per cassazione nei confronti di R.A. e avverso la sentenza del 29 settembre 2005, con la quale, in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento relativo all’anno 1994 (IRPEF, SSN), la commissione tributaria regionale di Milano confermava la sentenza di primo grado (che aveva accolto il ricorso del contribuente), rilevando che i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili, se non effettivamente percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della morosità del conduttore.

L’amministrazione affida il ricorso a due motivi (dei quali il secondo contiene due censure); il contribuente non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione

01. Con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi e del D.P.R. 917 del 1986 (art. 23 originario), nonchè della L. n. 431 del 1998 (artt. 8 e 14), la ricorrente rileva che solo con la L. n. 431 del 1998, art. 8, comma 5 (non retroattivo), è stato previsto che i redditi derivanti da contratti di locazione d’immobili, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento di convalida di sfratto per morosità del conduttore, mentre nella fattispecie risulta applicabile il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 23, secondo il quale i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo, dovendo pertanto ritenersi che i redditi dominicali e quelli dei fabbricati vengono imputati al possessore in quanto tale, senza tenere conto della percezione effettiva. Il motivo non è fondato.

02. Sin dal 2003 nella giurisprudenza di legittimità si è affermato che, nel caso d’immobile concesso in locazione, deve essere assoggettata a tassazione agli effetti delle imposte sui redditi la relativa rendita catastale – e non il canone previsto dal contratto – qualora il contribuente provi (documentando la procedura di sfratto per morosità) la mancata percezione del canone stesso (Cassazione civile sez. trib., 07 maggio 2003, n. 6911 – Foro it. 2003, 1^, 1683).

03. Infatti, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 35 (nel testo applicabile ratione temporis), laddove stabilisce che "il reddito lordo effettivo è costituito dai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti", deve essere interpretato in conformità al principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost., il quale impone all’amministrazione di far riferimento a dati di ricchezza reali; ne consegue che, nel caso in cui non si debba far ricorso alla rendita catastale, i dati risultanti dal contratto di locazione forniscono solo un’indicazione presuntiva (poichè, normalmente, i proprietari percepiscono i canoni indicati nel contratto), rispetto alla quale deve ritenersi consentita la prova contraria (sent. cit.).

04. Di contro, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 23 (nel testo invocato dall’amministrazione) lega – con previsione insuscettibile d’interpretazione estensiva – il concetto di reddito fondiario alla titolarità di un diritto reale sul bene immobile censito in catasto, al quale, per effetto di tale censimento, sono attribuiti redditi presuntivi soggetti all’imposizione diretta, indipendentemente dalla loro effettiva percezione (Cassazione civile sez. trib., 15 dicembre 2003, n. 19166 – Dir. e giust. 2004, 4, 108).

05. Più di recente si è chiarito come l’irretroattività dalla L. n. 431, art. 8, comma 5, (che esclude dal reddito imponibile, dal momento della conclusione del procedimento di convalida dello sfratto per morosità del conduttore, i redditi derivanti da contratti di locazione d’immobili, se non percepiti) non comporti l’assoggettamento a imposta dei canoni di locazione non percepiti in epoca anteriore all’entrata in vigore della predetta disposizione, non potendo trovare applicazione, al riguardo, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 23, il quale, nel ricollegare alla titolarità di un diritto reale sul bene immobile censito in catasto redditi presuntivi soggetti a imposizione diretta, indipendentemente dalla loro effettiva percezione, si riferisce al reddito fondiario, con previsione insuscettibile d’interpretazione estensiva (Cassazione civile sez. trib., 26 giugno 2009, n. 15171 – Giust. civ. Mass. 2009, 6, 996).

06. Tale orientamento va condiviso, in relazione ai principi di diritto coerentemente espressi nelle precitate decisioni di questa Sezione, e ad esso va data continuità; dunque il contrario motivo di ricorso va disatteso.

07. Con il secondo motivo, la ricorrente, denunciando sia violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998 (art. 8, comma 5) sia vizio motivazionale su punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5), rileva che i giudici d’appello si limitano ad affermare che l’inquilino aveva smesso di pagare il canone dal 4 marzo del 1994 senza nulla indagare, neppure circa l’addotta procedura di sfratto per morosità. 08. La seconda censura del 2 motivo è fondata: la motivazione della decisione d’appello è, in effetti, palesemente insufficiente e incorre nel vizio denunciato ex art. 360 c.p.c., n. 5. 09. Infatti, come si è detto in relazione al primo motivo, è necessario che il contribuente provi la mancata percezione del fitto, e ciò perchè normalmente i proprietari percepiscono i canoni pattuiti nel contratto (Cass. 03/6911 cit.). Ciò comporta, inoltre, che il giudice di merito debba sottoporre ad attenta verifica critica quanto il contribuente riesca concretamente a documentare.

10. In mancanza, la decisione fiscalmente favorevole al locatore incorre in vizio motivazionale riguardo alla specifica indagine fattuale che richiede l’applicazione di quei principi di diritto meglio enunciati in relazione al primo motivo.

11. Nella specie, invece, i giudici d’appello si sono limitati a recepire acriticamente che "il contribuente ha contestato l’accertamento in relazione a canoni di locazione deducendo di non avere dichiarato quel reddito in quanto mai effettivamente fruito, atteso che il conduttore dell’immobile al quale si riferiva l’accertamento aveva omesso di pagare il canone dovuto fin da 4/3/1994, tanto che era stato sfrattato il 4/10 successivo". 12. L’indagine compiuta dai giudici d’appello è evidentemente insufficiente ed è sostanzialmente omessa, essendo il dato motivazionale affidato a una proposizione del tutto apodittica e tautologica.

13. L’altra censura (la prima del 2 motivo), formulata ex art. 360 c.p.c., n. 3 è, invece, assorbita dagli stessi principi di diritto enunciati per il primo motivo, attesa la sancita inapplicabilità ratione temporis della norma indicata (art. 8, comma 5, cit.).

14. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta (la seconda del 2 motivo), con rinvio ad altra sezione della commissione tributaria regionale competente per nuovo esame; la regolamentazione delle spese resta riservata al giudice di rinvio.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il primo motivo e, assorbita la prima censura del secondo motivo, accoglie la seconda censura; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della commissione tributaria regionale di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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