Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-11-2010) 02-03-2011, n. 8263 Reato continuato e concorso formale Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

-1- Con sentenza del 7 luglio 2005, il Tribunale di Voghera ha ritenuto G.M. colpevole del delitto di cui agli artt. 110, 81 c.p., al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere detenuto nella propria abitazione della sostanza stupefacente e, riconosciuta l’ipotesi lieve di cui al 5 comma dello stesso art. 73, l’ha condannata alla pena di un anno, due mesi di reclusione e 2.000,00 Euro di multa.

Era accaduto che la polizia, arrestato per spaccio di eroina tale F.A., convivente della G., nel perquisire l’abitazione di costei, aveva rinvenuto, su una sedia del soggiorno, nove dosi di eroina e, nei comodini della camera da letto, 5 flaconi di metadone.

-2- Su appello dell’imputata, la Corte d’Appello Milano, con sentenza del 13 marzo 2008, ha confermato la decisione del primo giudice, osservando che la donna: a) era a conoscenza dell’attività di spaccio, b) non aveva contrastato tale attività, c) aveva accettato di vedersi affidata l’eroina per il tempo in cui l’uomo si trovava fuori casa.

-3- Proposto ricorso per cassazione, la terza sezione di questa Corte, con sentenza del 10 dicembre 2008, ha annullato la predetta sentenza con rinvio ad altra sezione della medesima corte d’appello.

Il giudice di legittimità ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza annullata, avendo il giudice del gravame omesso di esaminare i motivi d’appello proposti dall’imputata e di motivare in merito, benchè essi non si presentassero manifestamente infondati, anche in punto di diritto, laddove era stato segnalato che la G. non aveva un obbligo di impedire l’evento e che non era ravvisabile nell’imputata una condotta diretta a contribuire all’occultamento della droga.

Gli stessi giudici hanno ricordato come la mera conoscenza dell’attività di spaccio dovesse ritenersi, sotto il profilo della responsabilità, priva di rilievo, mentre, per attribuire significato penalmente rilevante ad un comportamento passivo, di mancato contrasto, cioè, all’altrui attività delittuosa, sarebbe stato necessario indicare la sussistenza, in capo all’imputata, di un obbligo giuridico di impedire l’evento laddove, sul punto, nessuna considerazione era stata svolta dalla corte territoriale.

Quanto alla ritenuta disponibilità della donna di vedersi affidata dal convivente la droga per il tempo in cui questi usciva dall’abitazione, i giudici di legittimità hanno rilevato l’apoditticità dell’affermazione, non essendo stato specificato in che cosa sarebbe consistito l’affidamento e da che cosa si ricaverebbe l’accettazione di esso da parte dell’imputata. Gli stessi giudici hanno quindi rilevato che, per aversi concorso nel reato e non mera connivenza, non punibile, non è sufficiente un comportamento meramente passivo, bensì quanto meno di agevolazione della detenzione e occultamento della droga.

-4- Con sentenza del 16 settembre 2009, la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Voghera.

Il giudice del rinvio ha, anzitutto, precisato che nel caso dell’odierna imputata non era rilevabile un comportamento "omissivo" concorrente nel reato "commissivo" del convivente, bensì una condotta pienamente "commissiva" della donna (unica intestataria del contratto di affitto dell’appartamento che divideva con il convivente), avendo la stessa concorso nella commissione del delitto contestato.

La G., ha sostenuto la corte territoriale, non ha tollerato alcunchè della condotta illecita dell’uomo, ma ha accettato che nella propria casa costui detenesse della sostanza stupefacente, parte in evidenza, parte riposta nei comodini. La prova della consapevolezza dell’imputata dell’attività del F. la stessa corte ha ravvisato nel posizionamento di gran parte della droga a bella vista, su una sedia (suddivisa in dosi), pronta per lo spaccio al minuto nel quale l’uomo era quotidianamente impegnato.

-5- Avverso tale sentenza, ricorre ancora a questa Corte la G. che deduce: a) Violazione dell’art. 125 c.p.p., n. 3 e conseguente vizio di motivazione della sentenza impugnata. Ancora una volta, sostiene la ricorrente, la corte d’appello ha ribadito la responsabilità dell’imputata senza tuttavia indicare, con argomentazioni coerenti sul piano logico, le ragioni della sua decisione ed ha trascurato l’esame dei motivi di gravame a suo tempo posti all’attenzione del giudice di secondo grado, rifugiandosi in affermazioni generiche ed apodittiche, disattendendo le statuizioni della terza sezione di questa Corte quanto: alla sussistenza nell’imputata dell’obbligo di impedire l’evento, all’irrilevanza, ai fini del concorso nel reato, della consapevolezza della donna della detenzione a fini di spaccio della droga da parte del convivente, al presunto affidamento da parte dell’uomo all’imputata della droga custodita in casa, alla sussistenza di condotte agevolatici della detenzione.

Del tutto omesso, poi, sarebbe stato l’esame dei motivi d’appello concernenti il regime sanzionatorio.

-2- Il ricorso è fondato.

Per ribadire la responsabilità della G., la corte territoriale ha ancora inteso valorizzare la consapevolezza dell’imputata circa la presenza in casa della droga nonchè l’accettazione, da parte della stessa, di tale presenza senza opporsi alla volontà del convivente, circostanze già ritenute dalla terza sezione di questa Corte in sè irrilevanti in termini d’accusa, essendo necessario, secondo i giudici di legittimità, ai fini del concorso nel reato, accertare che quella presenza fosse accompagnata da una specifica condotta della donna, idonea a recare un sostanziale contributo all’attività illecita, e che la mancata opposizione fosse collegata alla sussistenza, in capo all’imputata, di un preciso obbligo di impedire l’evento.

In realtà, la corte territoriale non ha affrontato i temi devoluti alla sua cognizione, essendosi limitata alla semplice riproposizione di argomenti e considerazioni sempre ruotanti intorno agli stessi temi e ad indicare nella oggettiva convivenza della donna con lo spacciatore e detentore della droga un comportamento di agevolazione, idoneo ad integrare il concorso nella condotta criminosa dell’uomo, con affermazioni del tutto apodittiche, che non hanno chiarito attraverso quali passaggi logici in un semplice rapporto di convivenza possa individuarsi la condotta agevolatrice di una attività illecita altrui; nè hanno spiegato come, a quale titolo e nell’adempimento di quale specifico obbligo giuridico, la donna avrebbe dovuto impedire l’evento.

Anche l’ulteriore argomento, rappresentato dalla circostanza che la donna accettasse di vedersi affidata l’eroina dal convivente nel tempo in cui egli usciva da casa, evidenzia le stesse caratteristiche di genericità ed apoditticità, già rilevate dalla terza sezione di questa Corte ed alle quali la corte territoriale non ha posto rimedio alcuno.

La sentenza deve essere, quindi annullata e l’annullamento pronunciato senza rinvio, atteso che i vizi logici rilevati attestano la sostanziale assenza di univoci elementi di prova a carico dell’imputata e l’impossibilità di pervenire ad una soluzione diversa da quella assolutoria "per non avere commesso il fatto", e dunque l’inutilità di un ulteriore giudizio di rinvio in considerazione della già completa ed esaustiva disamina del materiale probatorio acquisito.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere, l’imputata, commesso il fatto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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