Cass. civ. Sez. V, Sent., 29-04-2011, n. 9536 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’agenzia delle entrate impugna, con tre motivi, la sentenza n. 21 depositata il 4.4.2005, con cui la CTR della Toscana rigettava il suo appello proposto avverso quella della commissione tributaria provinciale, che, in accoglimento del ricorso di D.P.D., aveva annullato l’avviso di accertamento per maggiori imposte Irpef ed Ilor per il 1996, emesso sul presupposto che consistenti poste di rendite da conti correnti e finanziari erano state omesse, mentre invece la contribuente non si è costituita.
Motivi della decisione

1) Col primo e secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente, stante la loro stretta connessione, la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 117 c.p.c., nonchè omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto il giudice del gravame riproduceva pedissequamente la motivazione di quello del primo grado, omettendo di delibare la questione attinente alla sussistenza di maggiori poste di reddito costituiti dai maggiori depositi nei conti correnti e in quelli finanziari, e ciò a prescindere da soli mandati fiduciari alle società Siref e Cordusio, puntualmente prospettata con l’appello.

La censura è fondata. La CTR osservava che D.P. aveva provato il conferimento del mandato a tali enti per la gestione dei fondi e delle rendite che ne derivavano, e ciò per un determinato ammontare, assolvendo in tal modo l’onere probatorio gravante su di lei, con la conseguenza che le eccezioni sollevate dall’agenzia rimanevano superate.

L’assunto non è esatto, dal momento che l’accertamento si basava sul metodo induttivo scaturito dalla non fedeltà della dichiarazione del reddito, come verificato dalla polizia tributaria in base al notevole incremento di flusso di denaro nei conti bancari, non conciliabile con il normale rendimento dei titoli del mercato finanziario e le variazioni di borsa, atteso che semmai quei mandati dimostravano la sussistenza di un rapporto fiduciario ad amministrare, ma non anche la totalità dei titoli e delle somme posseduti da D.P., con la conseguenza che quel dato, e cioè il possesso di maggior imponibile, faceva scattare la presunzione di reddito più elevato, con la derivante inversione dell’onere probatorio del proprio assunto a carico dell’appellata, che tuttavia non l’aveva assolto.

2) Col terzo motivo la ricorrente denunzia violazione e o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, giacchè la CTR non considerava che l’accertamento era scaturito dal rilevante scostamento riscontrato nei conti bancari rispetto alle donazioni iniziali affluite in essi e registrate, sicchè la contribuente non aveva mai fornito la prova che le somme maggiori e i titoli finanziari avessero già scontato l’imposta o comunque fossero esenti. La doglianza va condivisa.

Va premesso che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 consente all’Amministrazione finanziaria la rettifica analitico-induttiva della dichiarazione presentata dalla contribuente, sulla base dei dati e degli elementi desumibili dai conti bancari o altre fonti, posto che l’ufficio aveva riscontrato l’investimento di capitali cospicui con ricavi decisamente superiori rispetto alle donazioni già registrate da parte dello zio T.G.. Quindi sulla scorta di tali elementi ben poteva applicare il metodo induttivo, atteso che il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 non impedisce, pure in presenza di dichiarazione formalmente regolare, l’accertamento in rettifica in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, come nella specie.

Infatti nel processo tributario, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, era onere della contribuente, e cioè D.P., a carico della quale si determinava una inversione dell’onere della prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non fossero riferibili ad operazioni imponibili, ovvero che avessero già scontato l’imposta, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione era soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cfr. anche Cass. Sentenze nn. 4589 del 26/02/2009, n. 1739 del 2007).

Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

Ne deriva che il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della decisione impugnata senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2. Discende perciò che l’appello avverso la sentenza della commissione provinciale proposto dall’agenzia andava accolto.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti motivi per compensare quelle relative al doppio grado, mentre quelle successive seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; compensa le spese del doppio grado, e condanna l’intimata al rimborso delle altre di questo giudizio a favore della ricorrente, e che liquida in complessivi Euro 2.700,00 (duemilasettecento/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito; alle generali ed agli accessori di legge.

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