Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-11-2010) 02-03-2011, n. 8010 Nullità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, che ha negato la restituzione in termini per appellare la sentenza del Tribunale di Napoli del 12.06.2002, la difesa di B.A. propone ricorso chiedendone l’annullamento e deducendo a motivo l’erronea applicazione dell’art. 161 c.p.p., comma 4 e la nullità ex art. 171 c.p.p., lett. d) perchè l’estratto contumaciale era stato notificato al difensore di fiducia e non al domicilio eletto dall’imputato.

1.1 In particolare il ricorrente, dopo aver ricordato che il GIP del Tribunale di Napoli, constatato che B., all’atto della scarcerazione, aveva eletto domicilio in "(OMISSIS) – case abbandonate", aveva dato disposizione di effettuare le notifiche all’imputato ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore di fiducia avvocate Pace, deduce la nullità della notifica fatta presso il difensore, perchè il giudice, diversamente da quanto dispone l’art. 164 c.p.p., comma 4 non accertò la reale inadeguatezza del domicilio eletto ma si limitò a presumerla.

1.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’erronea applicazione dell’art. 175 c.p.p., perchè il difensore di fiducia Avv. Pace, restò assente da tutte le udienze avanti al GIP, sicchè si evidenziò un’ipotesi indubbia di abbandono della difesa ai sensi dell’art. 105 c.p.p. circostanza che esclude che si possa presumere, come invece ha fatto la Corte territoriale, che il difensore si consigliò con il suo assistito decidendo di non impugnare la sentenza di condanna. A riprova della tesi dell’incuria professionale milita la memoria depositata il 18.01.2010 dalla quale emerge che il difensore sicuramente non ebbe contatti con il suo cliente, nè la Corte territoriale ha verificato l’effettiva esistenza di un valido rapporto di difesa fiduciaria idoneo a conferire alle notifiche effettuate presso il difensore reale capacità di conoscenza delle stesse. Ulteriore conferma della mancata conoscenza degli atti deriva alla circostanza che l’imputato fu ininterrottamente detenuto dal 12.07.2001 al 12.09.2002.
Motivi della decisione

2. Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.

2.1 L’elezione di domicilio presso un indirizzo, del quale si è omesso di indicare il numero civico, è sicuramente una elezione insufficiente ed inidonea allo scopo di fornire all’ufficio giudiziario procedente un recapito, scelto dall’imputato, ove indirizzare le comunicazioni relative alla scansione delle varie tappe del giudizio e tale da determinare la necessità di effettuare la notifica presso il difensore.

2.2 Quanto al secondo motivo va rilevato che la notifica al difensore di fiducia, assurta addirittura a forma ordinaria di notificazione nel sistema delineato dal D.L. n. 17 del 2005, conv. nella L. n. 60 del 2005 (che ha introdotto, fra l’altro, l’art. 157 c.p.p., comma 8 bis), costituisce certamente, in mancanza di valide indicazioni contrarie,una attendibile prova di conoscenza effettiva (rv. 236000) e che il mancato o inesatto adempimento dell’incarico defensionale da parte del difensore, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare l’ipotesi del caso fortuito o della forza maggiore, legittimanti la restituzione nel termine, dato che incombe sull’imputato l’onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferitogli (Cass. Sez. 2A, 11 novembre 2003, Sulli – Cass, Sez. 1, 24 aprile 1001, Bekhit).

2.3 In effetti sarebbe stato onere dell’imputato mantenere i contatti con il suo difensore di fiducia al fine di conoscere l’andamento del processo, ed adottare le più opportune strategie difensive, (rv.

23920). Questa Suprema Corte, con decisione che questo Collegio condivide e fa propria, ha in proposito affermato che sussiste l’obbligo per l’imputato di tenere i contatti con il suo difensore che lo rappresenta a tutti gli effetti e che l’eventuale interruzione di tali contatti deve essere interpretata come volontaria rinuncia a partecipare al processo ed a proporre impugnazione (così Cass., Sez. 1, 16 maggio 2006). Nel caso in esame, una siffatta presunzione non risulta vinta da nessuna prova contraria, apparendo di tutta evidenza la tesi dell’incuria professionale un mero espediente difensivo volto ad ottenere l’accoglimento dell’istanza.

2.4 Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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