Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-11-2010) 02-03-2011, n. 8009 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 24 giugno 2010 il Tribunale di Sassari rigettava l’appello proposto dall’imputato F.A., ai sensi dell’art. 310 c.p.p., avverso l’ordinanza emessa in data 10 maggio 2010 dalla Corte di appello di Sassari, con la quale era stata rigettata l’istanza del F. di sostituzione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica "Associazione L’Arcobaleno" di (OMISSIS), struttura autorizzata per il recupero dalla tossicodipendenza, per sottoporsi ad un programma personalizzato.

Avverso la predetta ordinanza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per Cassazione.

Con il ricorso si deduce l’inosservanza del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 e l’insufficienza della motivazione ( art. 606 c.p.p., lett. c ed e) in quanto nell’ordinanza impugnata si sarebbe enfatizzata la gravità del reato commesso (tentata rapina aggravata), nonostante la pena detentiva inflitta dal giudice di primo grado fosse pari "a soli tre carni di reclusione" e l’imputato, pur potendo fruire di altri benefici penitenziari non ricorrendo l’ipotesi prevista dalla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, avesse chiesto il ricovero in una struttura residenziale. Il giudice di merito non avrebbe, inoltre, effettuato un bilanciamento tra le esigenze di tutela della collettività e quelle di recupero dalla tossicodipendenza dell’imputato, tossicodipendenza che era all’origine della sua condotta criminosa, nè avrebbe tenuto conto che i precedenti penali anche se specifici, non potevano costituire indice di eccezionale rilevanza delle esigenze cautelari come richiesto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, comma 2.

Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

La possibilità di applicare il regime di favore previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 è, infatti, subordinata all’assenza di "esigenze cautelari di eccezionale rilevanza". Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di provvedimenti restrittivi nei confronti dell’imputato tossicodipendente (Cass. sez. 4, 30 gennaio 2004 n. 13302, Padda; sez. 4, 16 giugno 2005 n.34218, Mottetti; sez. 6, 23 gennaio 2008 n. 10329, Reale), dette esigenze non coincidono con una normale situazione di pericolo, ma si identificano in una esposizione al pericolo dell’interesse di tutela della collettività di consistenza tale da non risultare compensabile rispetto al valore sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, valutato anche in termini di probabilità, della cui sussistenza il giudice deve dare congrua e logica motivazione Nell’ordinanza impugnata si è ritenuta sussistente -con articolate e razionali argomentazioni- l’eccezionalità del pericolo di reiterazione della condotta criminosa da parte dell’imputato, già condannato in primo grado dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Tempio Pausania alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 900,00 di multa per il reato di tentata rapina aggravata commesso il (OMISSIS). Il giudice di merito ha infatti posto in adeguato rilievo sia le modalità del fatto (rapina a volto scoperto, con l’uso di una pistola casualmente inceppata), che denotavano "una allarmante carenza di freni inibitori ed una preoccupante inclinazione alla commissione di delitti che pongono in serio pericolo l’incolumità delle persone, oltrechè il patrimonio", sia l’elevata pericolosità del F. il quale era un soggetto gravato da numerosi precedenti penali, anche specifici. Il Tribunale ha precisato che il F. era gravato anche da un precedente penale specifico e recente, in relazione alla rapina a mano armata commessa lo stesso giorno di quella oggetto del giudizio di appello, e risultava, inoltre, già condannato due volte per evasione e una volta per violazione delle disposizioni sulla detenzione domiciliare, cosi evidenziando da un lato la significativa contiguità temporale e l’omogeneità delle più recenti condotte criminose e, dall’altro lato, la sostanziale incapacità dell’imputato di adeguarsi alle prescrizioni inerenti a regimi cautelari attenuati, con la conseguente rilevante probabilità di reiterazione della condotta e di sottrazione al regime degli arresti domiciliari.

In tale contesto caratterizzato, al di là dello stato di tossicodipendenza, anche da manifestazioni non remote di una inclinazione radicata e intenda alla commissione di reati della stessa specie e da una spiccata insofferenza all’adempimento delle prescrizioni connesse agli arresti domiciliari, il Tribunale ha correttamente ritenuto – con motivazione logicamente coerente – che la predisposizione del programma di recupero dallo stato di tossicodipendenza non fosse sufficiente ad attenuare l’eccezionale rilevanti del pericolo di ricaduta nella condotta criminosa.

Le conclusioni del Tribunale circa l’infondatezza dell’appello proposto dal F. sono fondate su argomentazioni immuni da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere l’ordinanza impugnata incensurabile in questa sede, non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Le doglianze del ricorrente, fondate essenzialmente sull’entità della pena detentiva inflitta nel giudizio di primo grado ritenuta non elevata ("soli tre anni di reclusione") e sull’asserita rinuncia alla possibilità di fruire di benefici penitenziari, sono del resto manifestamente infondate, avendo il Tribunale preso in considerazione manifestazioni concrete di condotta delinquenziale dell’imputato anche recenti, e comunque tendono, in maniera del tutto generica, a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è ristretto.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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