Cass. civ. Sez. V, Sent., 29-04-2011, n. 9521 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Roma P. A.M. impugnava la cartella di pagamento notificata per imposta Irpef, sanzioni e interessi per l’anno 1995, a seguito di rettifica della dichiarazione dei redditi congiunta col marito, cui il relativo accertamento era stato a suo tempo notificato. Ella esponeva che l’atto esecutivo era nullo, in quanto l’avviso di accertamento non le era stato mai notificato, essendo separata giudizialmente dal coniuge; pertanto chiedeva l’annullamento di quell’atto.

Instauratosi il contraddittorio, l’agenzia delle entrate eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, di cui perciò chiedeva il rigetto.

Il giudice adito accoglieva il ricorso introduttivo.

Avverso la relativa decisione l’ufficio proponeva appello, cui la contribuente resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale del Lazio, la quale accoglieva il gravame, osservando che le questioni di carattere formale sollevate dalla contribuente si appalesano prive di rilievo, atteso che la notifica dell’accertamento in rettifica aveva efficacia anche nei confronti di lei, trattandosi di dichiarazione congiunta, senza che l’appellata avesse fornito prova alcuna della dedotta separazione giudiziale. Per il merito poi rilevava che si trattava di rettifica per gli utili derivanti dalla società, di cui ella possedeva il 90% delle quote e che era a ristretta base sociale, anche se di capitale, senza che avesse fornito prova contraria alla relativa presunzione di distribuzione ai soci.

Contro tale pronuncia P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’economia e delle finanze, cui il ricorso è stato notificato pur non essendo stato parte in secondo grado, e l’agenzia delle entrate non hanno svolto alcuna difesa.
Motivi della decisione

Preliminarmente la Corte dispone la riunione del ricorso n. 25286/06 proposto dalla stessa ricorrente avverso la medesima sentenza, e pendente tra le stesse parti, al presente. l)Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 114 del 1977, art. 17, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la commissione tributaria regionale non considerava che l’atto presupposto alla cartella, e cioè l’avviso di rettifica, non era stato notificato alla medesima, che perciò non ne aveva avuto conoscenza, vivendo ormai separata dal marito, cui esso era stato invece notificato, e quindi quell’atto esecutivo non poteva essere emesso nei suoi confronti.

Il motivo è infondato.

La CTR osservava esattamente che l’atto impositivo era stato regolarmente notificato al marito della contribuente, trattandosi di dichiarazione congiunta per l’anno d’imposta in questione, e che nessuna prova ella aveva fornito circa il suo assunto di irregolare notifica di esso. Peraltro va rilevato, "ad abundantiam", che la questione non riveste alcun rilievo ove si consideri che P. svolgeva pure la difesa nel merito ed il giudice di appello delibava anche i motivi addotti al riguardo. Inoltre va osservato che ai sensi della L. 13 aprile 1977, n. 114, art. 17, la dichiarazione dei redditi congiunta, consentita a coniugi non separati, costituisce una facoltà che, una volta esercitata per libera scelta degli interessati, produce tutte le conseguenze, vantaggiose ed eventualmente svantaggiose, che derivano dalla legge e che; ne connotano il peculiare regime, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio. Pertanto ne consegue che la responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta ed accessori, iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dal citato art. 17, u.c., non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale. Ne l’assenza di qualsiasi rilevanza ostativa è suscettibile di dar corpo ad un dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 Cost., essendo da escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dell’avviso di accertamento, come nella specie, ovvero di mora a lui notificati, renda definitiva l’obbli-gazione tributaria nei confronti della moglie eventualmente già separata, avendo costei solo in questo caso la possibilità di impugnare autonomamente i suindicati atti e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione anche alla mancata notifica diretta di quelli precedenti (e in primo luogo dell’avviso di accertamento) (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 2021 del 11/02/2003, n. 4863 del 2002). Tuttavia nella fattispecie in esame P. non aveva affatto fornito la prova di essere già separata quando l’avviso di accertamento era stato notificato al coniuge, sicchè esso era divenuto definitivo, e perciò legittimamente la cartella di pagamento poteva essere emessa nei confronti della contribuente.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, giacche il giudice di appello non poteva tenere conto dell’accertamento compiuto nei confronti della società Sageva srl., di cui P. era socia, atteso che nessuna verifica od ispezione erano state effettuate, ed inoltre il relativo atto impositivo era stato annullato dalla CTP con sentenza n. 15/09/05. 3)Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 38, poichè il giudice del gravame non considerava che si trattava di società di capitali e non di persone, e che perciò gli utili occulti non necessariamente dovevano essere distribuiti ai soci, ma era l’ufficio che doveva invece dare prova del suo assunto.

4) Col quarto motivo la ricorrente deduce contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in quanto la CTR non teneva conto del fatto che l’accertamento nei riguardi della società era stato annullato, e, pur riconoscendo che esso aveva carattere preliminare rispetto alla sussistenza di maggiori utili, tuttavia non ne traeva le dovute conseguenza sul piano del la mancata ripartizione ai soci.

Tutte e tre le suindicate censure rimangono assorbite da quanto enunciato in relazione al primo motivo.

Quanto alle spese di questo giudizio, non si fa luogo ad alcuna statuizione, stante la mancata costituzione degli intimati.
P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *