Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-11-2010) 02-03-2011, n. 7999

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.A., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 4.6.2010 con la quale il Tribunale del riesame di Catania escludendo il ruolo di organizzatore, confermava nei suoi confronti il provvedimento di custodia cautelare emesso il 8.6.2009 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale della medesima città, per la violazione dell’art. 416 bis c.p..

La difesa del ricorrente richiede insta per l’annullamento del provvedimento impugnato e deduce:

1) Vizio di manifesta illogicità della motivazione e travisamento del compendio indiziario in relazione alla accusa mossa.

Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince quanto segue.

In data 8.6.2009 il GIP del Tribunale di Catania emetteva nei confronti di M.A. ordinanza di custodia cautelare in carcere per la violazione dell’art. 416 c.p. per avere fatto parte dell’associazione per delinquere di tipo mafioso denominata dei "caragnusi" (fatti commessi dal (OMISSIS)).

Il 2.7.2009 il Tribunale del riesame confermava la suddetta ordinanza cautelare, che a seguito di ricorso per Cassazione veniva annullata con rinvio al medesimo Tribunale per nuovo giudizio sul punto. In particolare il giudice di legittimità rilevava che: 1) dal corpo motivazionale del provvedimento impugnato risultava che dalle conversazioni captate era coinvolto M.S.; 2) non era dato rinvenire alcuna spiegazione per identificare il predetto M.S. in M.A. (il cui nome completo risultava essere M.A.C.); 3) in maniera del tutto apodittica tale " A.A." veniva identificato nel M.A.; 4) mancava qualsiasi spiegazione per ritenere attendibile il collaboratore di giustizia S.C. in riferimento all’odierno ricorrente; 5) mancavano riferimenti da parte di altri collaboranti in relazione all’indagato; 6) mancava ogni indicazione in ordine alla partecipazione dell’indagato alla partecipazione all’associazione mafiosa. Il Tribunale del riesame riesaminando la questione pronunciava l’ordinanza qui impugnata e, dopo avere chiarito il contenuto della precedente ordinanza annullata dalla Corte di Cassazione, in termini di differenziazione del M.S. rispetto alla diversa posizione del M. A., escludeva valenza probatoria alle dichiarazioni rese dal collaboratore S., ed individuava indizi di responsabilità a carico dell’odierno prevenuto sulla scorta della analisi della conversazione ambientale intercettata in data 24.9.2002 dalla Polizia Giudiziaria presso la toto-ricevitoria dei fratelli C., indicando da una lato gli elementi in base ai quali riteneva che il M.A. era da considerarsi come partecipante della suddetta conversazione; dall’altro gli elementi in base ai quali riteneva la conversazione intercettata come registrazione di un incontro fra esponenti di organizzazione mafiosa e il ruolo attivo dell’indagato nell’ambito dell’incontro, traendo quindi elementi di fatto per ritenere la esistenza di elementi di prova sufficienti (ex art. 273 c.p.p.) per ritenere il M.A. compartecipe di una associazione di cui all’art. 416 bis c.p..

La difesa dell’indagato censura il provvedimento impugnato rilevando la insufficienza dell’elemento di prova rappresentato dalla intercettazione della conversazione del 24.9.2009. Segnala altresì la difesa che le proposizioni estrapolate dalla suddetta conversazione, dal Tribunale del riesame per sostenere la tesi del concorso del M., appaiono inidonee a rappresentare prova univoca e sufficiente. La difesa segnala altresì che altro collaboratore di giustizia ( R.A.) non ha fornito indicazione alcuna circa la partecipazione dell’indagato alla associazione mafiosa per la quale è processo. A sostegno della propria tesi la difesa riportando la trascrizione di altra conversazione (del 30.5.2002) intercorsa tra C.A. e M.S. intende dimostrare come il M. sarebbe estraneo al clan dei carcagnusi, mostrando di neppure conoscere il capo di detta organizzazione identificabile, nel corso della conversazione, in P.A.. Aggiunge altresì la difesa che dal complesso delle intercettazioni emergerebbe che il M. sarebbe persona sottoposta ad usura. La difesa infine censura la mancanza di ogni indicazione sulla condotta dell’indagato alla associazione mafiosa.

Il ricorso è infondato.

Il Tribunale del riesame, con motivazione adeguata, scevra da contraddizioni o manifeste illogicità e insindacabile, in questa sede, nel merito, ha indicato gli elementi di fatto dai quali ha tratto il convincimento della fondatezza della accusa.

In particolare, con procedimento analitico-descrittivo il giudice del merito ha indicato il dato fattuale in forza del quale afferma la sussistenza della prova della partecipazione del M.A. all’incontro del (OMISSIS) presso la toto-ricevitoria dei fratelli C., richiamando a tal proposito: 1) le risultanze dell’attività di osservazione svolta dai Carabinieri all’esterno del locale al momento dell’arrivo del M.A. all’incontro; 2) le risultanze dell’attività di osservazione svolta dai Carabinieri che registrano l’uscita dal locale di P.A., PI. F., M.A., G.C., nonchè la partenza del M.A. dal luogo della riunione a bordo di un motociclo tg. (OMISSIS) intestato alla moglie dell’indagato.

La motivazione sul luogo dell’incontro e della partecipazione dell’indagato a detto incontro appare immune da vizi e la ricostruzione in fatto non è oggetto di censura specifica da parte della difesa.

Il Tribunale nel proprio provvedimento indica il ruolo attivo della partecipazione del M.A. alla conversazione intercorrente fra le persone indicate, riportando le proposizioni in base alle quali ha fondato il proprio convincimento. In particolare il Tribunale riferisce come sia desumibile che il P.A., nel corso della conversazione si rivolgesse proprio al M. A. (v. pag. 4 della ordinanza impugnata) riferisce (pag. 6 dell’ordinanza) come il M. partecipasse attivamente alla conversazione assumendo posizione critica nei confronti del C. A. rimproverato per la gestione degli investimenti fatti e come, infine formulasse giudizi nei confronti di L.R.S. (detto (OMISSIS)) per iniziative espansionistiche assunte in modo autonomo (pagg. 7 ed 8 della ordinanza).

Il Tribunale pertanto, con un giudizio non manifestamente illogico da quanto sopra ritrae la prova della partecipazione "attiva" del M.A. alle iniziative del gruppo, esprimendo anche le proprie osservazioni su singoli affari posti in essere da altri partecipanti del gruppo ( C.A. e L.R.S.).

Il Tribunale infine (pag. 5 dell’ordinanza) rileva come la intercettazione riprenda in diretta una riunione alla quale partecipavano i rappresentati di diverse famiglie: P.A. per il clan carcagnusi, PI.Fr. rappresentante del clan Laudani, nonchè S.C., C.S. e C. A., il quale è stato destinatario di misura cautelare in carcere (connotata da giudicato interno), in questo stesso processo, per il delitto di cui all’art. 648 ter c.p. per avere impiegato in attività commerciali denaro proveniente dalle attività illecite sovvenienti dalle associazioni carcagnusi e Laudani. Da ultimo il tribunale individua in termini concreti l’oggetto e la ragioni della riunione riguardante la gestione di alcuni appalti spartiti all’interno del clan. Premesso che la interpretazione del contenuto e della portata delle intercettazioni di conversazioni è oggetto di valutazione che, essendo attinente al merito, come tale non è sindacabile in sede di legittimità, si deve rilevare comunque che gli elementi portati a sostegno della decisione della ordinanza impugnata appaiono sufficienti e fra loro coerenti e la motivazione ex se non presenta alcuno dei vizi segnalati riconducibili a talune delle ipotesi previste dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Nel contempo va osservato ancora quanto segue. La difesa propone a sostegno della tesi della estraneità del M.A. alla attività della associazione, il contenuto della registrazione della conversazione 30.5.2002 affermando essere intervenuta tra il M. S. e C.A.. Trattandosi di conversazione che, come afferma la stessa difesa, sarebbe intercorsa tra soggetti diversi, rispetto al M.A., risulta essere priva di rilievo ai fini del presente giudizio. La censura infine, per la quale il Tribunale sarebbe incorso in un generale travisamento del compendio probatorio appare del tutto generica ed indefinita, poichè non viene messa in specifica evidenza l’atto o il passo oggetto di travisamento e la sua rilevanza ai fini del risultato del giudizio. Per le suddette ragioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, dandosi nel contempo disposizione che il sign. C. provveda alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone che il cancelliere effettui le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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