Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-11-2010) 02-03-2011, n. 7998 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E.C., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso l’ ordinanza 13.7.2010 con la quale il Tribunale del riesame di Ancona, respingendo il relativo reclamo, ha confermato l’ordinanza emessa dalla Corte d’Appello di Ancona con la quale è stata respinta la istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica.

La difesa richiede l’annullamento del provvedimento impugnato e deduce:

1) Erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), perchè il Tribunale del riesame avrebbe illogicamente disatteso il contenuto della documentazione medica comprovante lo stato di tossicodipendenza del prevenuto e la possibilità, per quest’ultimo, di accedere a trattamento terapeutico.

2) Erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c), perchè la ordinanza sarebbe carente sotto il profilo della motivazione riguardante gli aspetti ostativi alla modificazione della misura cautelare in atto.

Il ricorso è manifestamente infondato apparendo necessaria una breve illustrazione della vicenda come desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato. Il E.C. si trova in stato di custodia cautelare dal 18.10.2008 per i reati di tentata estorsione aggravata, incendio e lesioni volontarie, in ordine ai quali in data 29.4.2009, in esito a giudizio abbreviato è intervenuta condanna alla pena di anni quattro, mesi sei di reclusione (oltre alla pena pecuniaria) tenuto conto della recidiva, reiterata, specifica, infraquinquiennale. La suddetta pena è stata confermata con sentenza dell’8.3.2010 della Corte d’Appello. La condizione di restrizione carceraria è stata confermata dal Tribunale del riesame in data 4.11.2008 e, a seguito di varie impugnazioni ex art. 310 c.p.p., con ordinanze 13.3.2009, 27.10.2009, 30.3.2010. In data 27.5.2010 la difesa dell’imputato ha proposto nuova richiesta di sostituzione della misura cautelare in atto con quella degli arresti domiciliari, sul presupposto della intenzione del E.C. di sottoporsi a programma residenziale di recupero dello stato di tossicodipendenza concordato con la Comunità (OMISSIS).

Quest’ultima istanza è stata disattesa dalla Corte d’Appello di Ancona e il Tribunale del riesame investito della questione ex art. 310 c.p.p. ha rigettato il reclamo rilevando la assoluta inidoneità della documentazione prodotta ad attestare lo stato di tossicodipendenza del richiedente rilevando che: a) la attestazione della Comunità si base sulle sole dichiarazioni rese dall’imputato;

b) la certificazione della Comunità, in riferimento alla condizione di tossicodipendenza dell’imputato, si fonda su un esame delle urine dello imputato effettuato nell’ottobre del 2008 al momento del suo ingresso in carcere; c) la certificazione della ASUR di Ascoli Piceno del 21.4.2010 attesta che l’imputato non assume terapie sostitutive per dipendenza da sostanze stupefacenti. Sulla base di questi elementi il Tribunale del riesame è pervenuto alla conclusione di non disporre di elementi idonei e sufficienti per ritenere che il E.C..

Il ricorrente lamenta la erroneità della applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 e formula un diverso giudizio di merito sulla significanza e la portata della documentazione prodotta. Il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 detta un complesso di regole particolari in merito alla disciplina dei provvedimenti cautelari di natura restrittiva emessi nei confronti di tossicodipendenti e di alcoodipendenti che abbiano in corso programmi terapeutici. La disposizione detta regole attraverso le quali viene favorito il trattamento sanitario di chi versi in condizione di tossicodipendenza, sia nell’ipotesi in cui l’interessato è già in cura al momento della emissione della misura cautelare (comma 1) sia nell’ipotesi in cui l’interessato (come nel caso di specie) si trovi già in stato di detenzione ed intenda sottoporsi a cura (comma 2).

La disciplina prevede che il provvedimento del giudice sia subordinato a due condizioni: a) esistenza di una documentazione idonea ad attestare lo stato di tossicodipendenza del detenuto con indicazione del metodo seguito per accertare l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche; b) la dichiarazione di disponibilità all’accoglimento rilasciata da una struttura idonea. A queste due condizioni positive si deve accompagnare un giudizio di insussistenza di esigenze cautelari di "eccezionale rilevanza".

Il Tribunale del riesame, nella ordinanza impugnata ha condotto un esame sul primo dei presupposti: esistenza di una documentazione idonea ad attestare la esistenza dello stato di tossicodipendenza nel E.C.. Sul punto il Tribunale ha dato una risposta negativa, adeguata, articolata, immune da vizi di motivazione, non condizionata da "travisamento" (vizio peraltro neppure denunciato dal ricorrente). La censura sollevata dalla difesa è manifestamente infondata, perchè non esplicita uno specifico errore nella applicazione della norma, ma formula una censura sul merito della decisione. Nel contempo il ricorrente non deduce in modo specifico un vizio della motivazione del provvedimento impugnato. Non è manifestamente illogica la decisione di ritenere non provata la condizione di attualità della condizione di tossicodipendente, perchè comprovata da un certificato di esame delle urine effettuato due anni prima della richiesta (al momento dello ingresso in carcere) e sulla base di dichiarazioni rese dal diretto interessato. La certificazione cui fa riferimento il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, attesa la sua funzione derogatrice dalle regole di applicazione delle misure cautelari, nel perseguimento del più rilevante fine della cura di una persona tossicodipendente, deve essere in concreto idonea a comprovare l’attualità della condizione di tossicodipendente, condizione che trova una sua oggettiva attestazione attraverso la indicazione della procedura attraverso la quale il suddetto presupposto di attualità di una condizione di tossicodipendenza è stato accertato. La valutazione di idoneità della documentazione e di detta certificazione attiene al merito della decisione, come tale non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata come nel caso in esame. La verifica della correttezza della decisione del Tribunale in ordine alla insussistenza del primo dei presupposti per dare luogo al procedimento di revoca o modifica della misura cautelare in atto, rende superfluo ogni ulteriore considerazione sugli altri elementi oggetto del giudizio, che sono coessenziali solo nel momento e nella misura in cui sia certo che vi sia una condizione di tossicodipendenza da curare.

Pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali ed ex art. 616 c.p.p., della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame.

Si dispone che la cancelleria provveda alle comunicazioni di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende;

Manda alla Cancelleria perchè si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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