Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-11-2010) 02-03-2011, n. 7997 Aggravanti comuni aggravamento delle conseguenze del delitto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.C., tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 17.6.2010 con la quale il Tribunale di Catania, confermava la ordinanza di custodia cautelare emessa l’1.6.2010 dal Gip del Tribunale della stessa città, per i reati di cui all’art. 56 c.p., art. 628 c.p., comma 2 e 3, artt. 337 e 339 c.p..

La difesa richiede l’annullamento della ordinanza in epigrafe indicata deducendo:

1) Vizio di motivazione per illogicità nella qualificazione giuridica del fatto. Sostiene in particolare la difesa che l’episodio di violenza alle persone è intervenuta dopo un apprezzabile lasso di tempo decorso rispetto al momento della sottrazione delle cose mobili, con conseguente insussistenza del requisito della "immediatezza" della violenza così come prevista dall’art. 628 c.p. disciplinando la fattispecie della c.d. "rapina impropria". 2) Vizio di carenza di motivazione nella indicazione delle esigenze cautelari necessarie a giustificare il provvedimento restrittivo della libertà. In particolare la difesa lamenta che il Tribunale del riesame avrebbe preso in considerazione esclusivamente la gravità del fatto come elemento circostanziale della pericolosità dello imputato, senza adeguatamente prendere in considerazione gli elementi della incensuratezza e della spontanea costituzione in carcere del prevenuto.

Il ricorso è manifestamente infondato in relazione ad entrambi gli aspetti. Con il primo motivo, nella sostanza, sono riproposte, in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie contestata, le stesse ragioni già discusse ritenute infondate dal giudice del gravame, senza che peraltro siano formulate specifiche censure alla motivazione del provvedimento impugnato. Sotto questo punto di vista, va rimarcato che la mancanza di specificità del motivo (apprezzabile non solo per la sua genericità sotto il profilo della indeterminatezza), si pone anche nel caso in cui vi sia mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. Il Tribunale del riesame con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ancorata ad elementi di prova espressamente richiamati, ha indicato l’esistenza di una stretta correlazione tra il momento della sottrazione delle cose mobili e la successiva colluttazione con la polizia giudiziaria, commessa la fine di conseguire la impunità per il fatto commesso. Trattasi di valutazione attinente ad aspetti di fatto, fondata su elementi di prova dei quali neppure è stata prospettata una ipotesi di travisamento. Di qui discende la inammissibilità della doglianza perchè generica ed accedente ad aspetti e circostanze di mero fatto.

Con il secondo motivo la difesa lamenta la incompletezza della valutazione degli elementi conducenti alla affermazione della pericolosità dell’imputato, idonea a giustificare la adozione della misura cautelare della custodia in carcere a mente dell’art. 274 c.p.p., lett. c). La norma da ultimo citata prevede che la misura cautelare possa essere giustificata dal concreto pericolo che l’indagato possa commettere gravi delitti con l’uso delle armi o di altri mezzi di violenza personale o della stessa specie di quello per il quale si procede. La stessa norma prevede che il suddetto giudizio prognostico debba fondarsi su una valutazione del fatto e della personalità del prevenuto e che quest’ultima debba essere valutata sulla base di comportamenti o atti concreti o dei suoi precedenti.

Come già….. affermato in precedenti decisioni che questo Collegio ritiene di condividere, si deve ribadire che la personalità dello indagato può essere desunta dagli elementi previsti dall’art. 133 c.p. e che la condotta tenuta dal prevenuto in occasione del reato costituisce un apprezzamento specifico e significativo per valutare la personalità dell’agente, (v. Cass. Sez. 4, 19.1.2005 in Ced Cass. Rv 231583 e nello stesso senso Cass. Sez. 2, 24.9.2008 n. 38615 in Ced Cass. Rv 241465). Nel caso in esame il Tribunale ha illustrato ed esaminato la condotta del prevenuto nella fase esecutiva del delitto pervenendo alla conclusione, non illogica e insindacabile nel merito, che il ricorrente, se pur incensurato, ha dimostrato, nel corso dell’esecuzione del reato, una personalità violenta (l’imputato ha aggredito un agente di polizia cagionandogli lesioni personali certificate da referto medico) e una dimestichezza con il reato poichè l’indagato aveva la disponibilità di chiavi predisposte appositamente per la commissione della sottrazione delle cose custodite nella abitazione della parte offesa. La motivazione è pertanto adeguata e immune dalle censure prospettate.

Per le suddette ragioni il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende attesa la pretestuosità delle ragioni di doglianza.

Ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p.. Si dispone che copia del presente provvedimento sia comunicato dalla Cancelleria al direttore dell’istituto penitenziario perchè provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis della detta disposizione.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria perchè si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *