Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-11-2010) 02-03-2011, n. 7994 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 21 maggio 2010 il Tribunale del riesame di Catania confermava l’ordinanza emessa il 26 aprile 2010 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania con la quale era stata disposta provvisoriamente nei confronti di D.B.F., sottoposto ad indagini in ordine al reato di tentata estorsione continuata e aggravata ( art. 61 c.p., n. 5, artt. 56, 81 e 629 c.p.) commesso ai danni dello zio L.D.G. il (OMISSIS), la misura di sicurezza del ricovero presso la casa di cura e di custodia dell’ospedale psichiatrico giudiziario di (OMISSIS).

Secondo la tesi accusatoria il D.B. avrebbe aggredito lo zio, persona menomata fisicamente e in avanzata età, pretendendo la somma di Euro 4.000,00 quale risarcimento dei danni patiti a seguito di un procedimento penale originato dalla denuncia del L.D., procedimento definito con sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto e nell’ambito del quale il D.B. era stato per quasi due anni ristretto in ospedale psichiatrico giudiziario, e la somma di Euro 1.000,00 da corrispondere al suo difensore.

Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame il D.B. ha proposto, tramite il difensore, ricorso per Cassazione.

Con il ricorso si deduce:

1) l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione con riferimento agli artt. 273 e 312 c.p.p., in quanto non sarebbe stata valutata adeguatamente l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, che già una volta aveva denunciato il nipote per reati (tentata rapina e porto di un coltello) dai quali il D.B. era stato assolto per insussistenza dei fatti; non si sarebbe tenuto conto, inoltre, delle dichiarazioni di tale B. che aveva confermato la versione difensiva secondo la quale la persona offesa il 15 febbraio 2010 non aveva nemmeno aperto la porta di casa al nipote che bussava con veemenza; non si sarebbe considerato, infine, che il D.B. pretendeva dallo zio solo l’adempimento dell’accordo transattivo raggiunto nello studio del suo difensore avv. Creaco, accordo in base al quale il L.D. avrebbe dovuto corrispondergli la somma di Euro 5.000,00 come risarcimento per la precedente denuncia risultata infondata e per l’ingiusta carcerazione subita presso l’ospedale psichiatrico giudiziario di (OMISSIS);

2) l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione, con riferimento agli artt. 273 e 312 c.p.p. e artt. 629 e 393 c.p., avendo l’imputato agito per far valere un suo diritto e dovendo pertanto il fatto essere qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni;

3) l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la carenza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento agli artt. 312 e 313 c.p.p., quanto alla ritenuta sussistenza della pericolosità sociale, sulla quale il giudice per le indagini preliminari aveva omesso qualunque accertamento; in particolare il Tribunale del riesame avrebbe tenuto conto della relazione della dott.ssa F. in data (OMISSIS), svolta nell’ambito del processo definito per il D.B. con sentenza di assoluzione, e non anche della successiva relazione del dott. Z. in data 20 maggio 2008 che giungeva a conclusioni opposte; il ricorrente contesta anche la mancanza di motivazione in ordine all’adeguatezza e proporzionalità della misura di sicurezza applicata Il ricorso va rigettato.

Con il primo motivo si formulano censure di merito improponibili in sede di legittimità, prospettando il ricorrente sostanzialmente una rilettura in fatto degli elementi indiziari già presi in considerazione e analiticamente valutati dal Tribunale del riesame che ha dato adeguatamente conto delle ragioni che giustificavano la conferma della gravità del quadro indiziario, con una motivazione coerente e lineare, conforme ai principi di diritto che governano le risultanze probatorie ed esente da contraddizioni e manifeste illogicità (Cass. Sez.Un. 22 marzo 2000 n. 11, Audino). Il Tribunale del riesame ha infatti evidenziato le puntuali dichiarazioni della persona offesa, persona di età avanzata e fisicamente menomata, circa la condotta aggressiva manifestata nei suoi confronti ripetutamente (in due occasioni il (OMISSIS) e, successivamente, il (OMISSIS) allorchè il D.B. non si era limitato a minacciarlo, ma l’aveva anche strattonato più volte e ingiuriato pesantemente) dal nipote il quale, assolto dai reati di tentata rapina e porto senza giustificato motivo di coltello con sentenza del Tribunale di Catania in data 12 febbraio 2009, lo riteneva responsabile delle sue vicissitudini giudiziarie e pretendeva una sorta di risarcimento per "pagare i compensi all’avvocato". Quanto agli elementi favorevoli alla versione difensiva, la Corte osserva che nell’ordinanza genetica -la cui motivazione si integra con quella di segno conforme oggetto del presente ricorso, poichè l’ordinanza applicativa della misura cautelare e quella che decide sulla richiesta di riesame sono tra loro collegate e complementari (Cass. S.U. 17 aprile 1996 n.7, Moni;

sez. 1, 20 gennaio 1997 n.306, Fabozzi; sez. 1, 29 maggio 1997 n.3805, Chiochia; sez. 6, 12 novembre 1998 n.3529, Sabatini; sez. 6, 17 novembre 1998 n.3678, Panebianco; sez. 2, 23 gennaio 1998 n.672, Trimboli; sez. 5, 24 marzo 2010 n. 16587, Di Lorenzo)- si faceva espresso riferimento, quale elemento di conferma alla denuncia della persona offesa, alle dichiarazioni della vicina di casa B. O. la quale aveva riferito che il nipote del L.D. si presentava spesso a casa dello zio bussando violentemente e prendendo a calci la porta d’ingresso. Nè del resto risulta dall’ordinanza custodiale che la B. avesse smentito la versione del L. D. in relazione all’episodio del (OMISSIS) o che, comunque, la donna avesse assistito per intero a quest’ultimo litigio. Quanto agli episodi precedenti il L.D. aveva riferito che la notte del (OMISSIS) non aveva aperto la porta di casa al nipote, che l’aveva minacciato ad alta voce. Deve pertanto ritenersi che le conclusioni circa la sussistenza della gravità indiziaria a carico del ricorrente siano state adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle emergenze investigative, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere l’ordinanza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione del materiale indiziario compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. il secondo motivo è manifestamente infondato non essendo stato prospettato nel ricorso l’esercizio da parte del D.B. di un diritto giudizialmente tutelabile, tanto più che – come si desume dall’ordinanza custodiale – la persona offesa, ritenuta motivatamente attendibile, aveva negato di aver avuto contatti con il professionista indicatogli dal nipote, l’avv. Creaco, e di aver quindi concordato alla presenza del legale, come sostenuto dal D. B., il versamento di una somma complessiva di Euro 5.000,00 a titolo di risarcimento.

Il terzo motivo è infondato.

Nell’ordinanza impugnata, infatti, si evidenzia che, come risultava dall’attestazione della U.S.L. in data 27 gennaio 2007, il D.B. è invalido civile al 100% perchè affetto da psicosi schizoaffettiva in soggetto alcolista ed è stato numerose volte ricoverato presso vari servizi psichiatrici di diagnosi e cura. Il Tribunale del riesame non ha inoltre trascurato di valutare, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il contenuto della relazione in data 20 maggio 2008 del dott. Z. (acquisita nell’ambito del procedimento definito per il D.B. con sentenza di assoluzione) il quale aveva evidenziato la personalità "tendenzialmente instabile" del D.B., soprattutto nel caso di mancata assunzione continuativa della terapia farmacologia prescritta, aggiungendo che l’abuso alcolico e i disordini del comportamento connessi erano "collocabili nelle fasi in cui riemergono i disagi psichici legati alla depressione dell’umore". Nell’ordinanza impugnata si è, inoltre, posto in rilievo che le valutazioni del dott. Z. circa l’insussistenza di indicatori di pericolosità sociale dovevano essere parametrate agli sviluppi del comportamento del D.B. e che lo stesso dott. Z. aveva segnalato l’opportunità che l’uomo, appena dimesso dall’ospedale psichiatrico giudiziario, fosse sottoposto ad un periodo di osservazione di almeno novanta giorni presso idonea struttura di accoglienza "onde valutare la tenuta del compenso psichico". Alla luce delle recenti manifestazioni di aggressività del D.B. che consentivano di avvalorare, in un quadro psicopatologico comunque precario, un riacutizzarsi dei disturbi psichici e un sensibile indebolimento delle capacità di autocontrollo dell’indagato (già condannato per i reati di violenza a pubblico ufficiale, maltrattamenti in famiglia, minaccia e guida in stato di ebbrezza alcolica, come puntualizzato nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari), il Tribunale ha adeguatamente giustificato il giudizio, allo stato, di pericolosità sociale dell’indagato, evidenziando l’impraticabilità di ulteriori accertamenti in sede di riesame (il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza genetica aveva espressamente comunque posto in rilievo l’utilità di un aggiornamento dell’accertamento peritale, come del resto sembrava essere intendimento del pubblico ministero, ed aveva prescritto al responsabile della casa di cura di depositare una relazione entro sei mesi dall’inizio della custodia sulle condizioni mentali e sulla pericolosità sociale dell’indagato). Del tutto generiche sono le doglianze difensive circa l’adeguatezza della misura di sicurezza provvisoriamente applicata, ai sensi dell’art. 206 c.p.p., del ricovero presso una casa di cura e di custodia (nella specie quella dell’ospedale psichiatrico di (OMISSIS)), posto che dal contesto della motivazione dell’ordinanza impugnata e di quella genetica risulta ampiamente giustificato il ricorso ad una misura di sicurezza idonea a fronteggiare le esigenze di prevenzione con riferimento alle ripetute e preoccupanti manifestazioni di aggressività nei confronti dell’anziano congiunto da parte di un soggetto in stato di infermità psichica e alcolista cronico, bisognoso anche di interventi terapeutici.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

A norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, copia del presente provvedimento va trasmesso al Direttore dell’istituto penitenziario in cui il ricorrente è ristretto.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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