Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-02-2011) 03-03-2011, n. 8461

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ona del Dott. GALATI Giovanni che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha proposto ricorso per cassazione Q.G., avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste del 3.12.2009, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Udine il 29.5.2006, per i reati di cui agli artt. 474 e 648 c.p. Deduce il difensore l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata per avere escluso la necessità della comparazione diretta tra i marchi dei prodotti in sequestro e quelli originali, al fine di accertare la grossolanità della contraffazione e aggiunge che erroneamente la Corte territoriale avrebbe escluso la rilevanza della questione. Il ricorso è manifestamente infondato.

Ed invero, la questione della presunta grossolanità dei marchi impressi sui prodotti in sequestro è anzitutto irrilevante in punto di diritto, ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 474 cod. pen., considerato che come bene rilevano i giudici di appello, la norma tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Corte di Cassazione, sez. 5^, nr. 31451 del 05/07/2006 Gningue); ma anche in punto di fatto contrasta con le valutazioni dei giudici territoriali, che hanno ritenuto un grado abbastanza elevato di imitazione dei marchi originali, sulla base delle testimonianze di soggetti legati da rapporti di lavoro o professionali alle ditte produttrici, come tali perfettamente in grado di esprimere giudizi qualificati ed ovviamente interessati solo all’accertamento di contraffazioni "plausibili".

Per i resto, il ricorso non investe direttamente la questione della responsabilità dell’imputato per il delitto di ricettazione.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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